Il 6 settembre saremo a Milano in appoggio e sostegno complice e solidale alle realtà sociali milanesi che si sono date appuntamento alle 12 nel piazzale della stazione Centrale.
Lo sfratto del Leoncavallo, di per sé una bega come se ne vedono tante tra affittuari e padroni di casa, ha avuto l’innegabile pregio di mostrare l’ennesimo atto di forza tra istituzioni centrali che scavalcano quelle territoriali, ma soprattutto di riaprire il dibattito a livello nazionale sugli spazi sociali e fare emergere un’opposizione sociale cittadina al modello di città imposto dalle élite.
Sono ormai passati 10 anni dall’ultima volta che una enorme voce critica si è sollevata a Milano contro questo modello: era infatti il 1 maggio 2015 quando un grande corteo attraversò la città attaccando frontalmente l’evento dell’esposizione mondiale che rappresentava la cesura tra l’amministrazione di centro destra della Moratti e il primo sindaco di centro sinistra Pisapia. La grande kermesse voluta dal centro destra e portata a conclusione dal centro sinistra dimostrò in modo inequivocabile che non c’erano differenze sostanziali sulla visione del futuro della città tra i due presunti schieramenti politici avversari. Nessun@, a parte il movimento milanese, osò bloccare o mettere in discusione l’edificazione dell’enorme area di Milano fiera, oggi in gran parte capannoni abbandonati, che lanciò anche la città nell’Empireo dei fondi immobiliari mondiali. Probabilmente chi contestò allora l’expo mondiale difficilmente immaginava che 10 anni dopo avrebbe ritrovato la sua città completamente abbandonata e regalata ai peggiori speculatori immobiliari del pianeta Terra: secondo il Global Property Handbook 2025 il capoluogo lombardo si conferma il più attrattivo in Italia per il mercato internazionale, con prezzi che superano i 20.000 €/mq nelle zone più esclusive e al quinto posto nella classifica internazionale delle città più attrattive per gli acquirenti di fascia alta, dopo Madrid, Dubai, Miami e Monaco. Inoltre secondo il rapporto redatto da Scenari Immobiliari, in collaborazione con l’agenzia Abitare Co. Milano è diventata la città con gli affitti più costosi d’Europa con una media che si aggira sui 2.090 euro al mese, una cifra molto alta considerando il livello medio degli stipendi italiani, che rimane tra i più bassi d’Europa.
Una città che è diventata invivibile anche per la classe media, dove prosegue l’espulsione delle persone indesiderate (anche con la violenza più estrema, come il caso di Rahmi ci ha mostrato), la dismissione di servizi (non esiste più una piscina pubblica) e la corsa alla cementificazione. Una città che in questi anni ha vissuto di finanziamenti pubblici, prima grazie all’expo ora grazie alle olimpiadi, fondi sottrati al resto del paese per alimentare il mito della capitale globale, sempre in movimento e in trasformazione.
Oggi questo modello è finito sotto inchiesta da parte della magistratura per svariati reati provocando uno scandalo che in parte ha già travolto l’amministrazione del sindaco Sala sempre più traballante.
Sul Leoncavallo e i suoi intrallazzi con la corrotta amministrazione Sala possiamo solo affermare che il loro modello di “spazio sociale” non ci ha mai convinto, non solo perché mira a spegnere una conflittualità sociale quanto mai necessaria, creando buon* e cattiv* spazi, ma anche per come ha funzionato, ricreando lo sfruttamento capitalistico ai danni di chi ci lavorava o favorendo con “iniziative culturali” lo sdoganamento dei fascisti meloniani.
Certo, la solidarietà ad una realtà che ha dato tanta linfa al movimento milanese e nazionale è doverosa (nonostante abbiano già uno spazio assegnato), ma ci uniamo alle critiche espresse da altri spazi su come questa operazione (oltre a ribadire l’infamia di governanti e FFOO) non possa che essere un’altra arma nelle mani di chi vuole cancellare le realtà che ancora resistono in spazi occupati e autogestiti.
In tutta Italia questi spazi sono sotto attacco, tra sgomberi, beni comuni e mille sfumature di speculazioni urbane, ma rimangono un punto di partenza, un presidio, una comunità ribelle a cui non siamo dispostɜ a rinunciare e a cui non rinunceremo.