MANIFESTO

INTRODUZIONE 
1) PERCHE’ E’ NATA QUESTA DISCUSSIONE?
LA COMUNITA’ TERRIBILE

a. Distanza tra assemblea e percorsi
b. Dinamiche di potere e relazioni personali
2) PROPOSTA
a. Abbattiamo l’assemblea del Gabrio per liberare
le assemblee
b. Un nuovo modello sociale dentro e fuori il Gabrio: il confederalismo democratico
3) STRUMENTI PER LA RIORGANIZZAZIONE
a. Assemblea delle autonomie / coordinamento dei gruppi e ridistribuzione di potere
b. Autoformazione
c. Laboratorio politico
d. Commissioni
4) CONCLUSIONI

INTRODUZIONE

Il centro sociale Gabrio nasce come occupazione di una scuola in disuso nel 1994. Il collettivo si è orientato da subito verso la costruzione di percorsi partecipati e solidaristici, con ideali mutuati anche dai movimenti internazionali (es. zapatismo) di mutuo aiuto e scambio reciproco.
L’idea alla base del centro sociale Gabrio è l’autorganizzazione, ovvero l’idea che gruppi di persone pari, a partire dalle proprie conoscenze, dal proprio impegno, dalle proprie capacità, possano, organizzandosi insieme, dare voce ai propri pensieri e risposte appropriate ai propri bisogni, ai quali invece la società capitalista risponde in maniera alienante, monetizzata, insoddisfacente.
L’altra idea fondante del centro sociale è la consapevolezza che per praticare l’obiettivo dell’autorganizzazione è necessario rompere con la società capitalista in cui si vive, a partire da un gesto conflittuale, dal valore materiale ma anche simbolico, ovvero l’occupazione abusiva di uno stabile.
Occupare è stato necessario per non dover dipendere da un affittuario o da una concessione che ci avrebbe messo in una condizione di ricattabilità continua. Negli anni abbiamo preferito rischiare uno sgombero e gestircela grazie ai nostri rapporti di forza, ovvero alla nostra capacità di coinvolgimento e penetrazione della società, piuttosto che dover pagare (ed ubbidire a) qualche autorità cittadina: le istanze che da subito hanno preso vita nel centro sociale, (il no alla guerra, l’impegno per la libera circolazione delle persone, l’antiproibizionismo, l’antisessismo, l’antifascismo, per citarne alcune) non sono per noi negoziabili.

PERCHE’ E’ NATA QUESTA DISCUSSIONE
LA COMUNITA’ TERRIBILE

a. Distanza tra assemblea e percorsi
Sono passati oltre 20 anni dalla nascita del Gabrio e se oggi ci troviamo a proporvi questo documento è perché abbiamo continuato ad interrogarci nel tempo su cosa volesse dire fare “centro sociale”.
Da Luglio 2015, stufi di scontrarci con dinamiche di funzionamento che ci piacevano poco, ma che stavamo riproducendo, abbiamo deciso di dedicare la consueta riunione del martedì ad analizzare il nostro modo di funzionare partendo dalle considerazioni e dai vissuti di ognuno. In particolare modo sentivamo carente la relazione tra l’assemblea, i collettivi, gli sportelli e le diverse attività del centro.
Per capirci in questa riflessione è necessario ripercorrere un po’ la storia.
Come centro sociale abbiamo fatto la scelta di strutturare il nostro intervento attraverso la creazione di gruppi che si occupano di temi specifici, a partire dai nostri ambiti d’intervento (per esempio, la microclinica o lo sportello casa).
Abbiamo però fatto anche la scelta politica di aprire lo spazio alla creazione di gruppi su proposta di chi non faceva già parte del Gabrio, ma “entrava in sintonia”, cercava spazio per scambiarsi esperienze, sperimentarsi, autorganizzarsi (orto, palestra, G-lab…).
Sin da subito, il Gabrio si è dato come forma organizzativa e di coordinamento l’assemblea orizzontale, una volta alla settimana. L’assemblea del martedì nasce come luogo di confronto e di gestione del centro sociale e della sua vita materiale e politica: si decidono i concerti, le iniziative, la partecipazione a cortei e manifestazioni, etc. Nelle intenzioni iniziali, l’assemblea del martedì avrebbe dovuto comprendere tutte le persone che attraversavano il Gabrio, coordinare i vari percorsi e costruire iniziative; oltreché mantenere in vita il centro sociale.
In questi 20 anni via via la complessità del centro sociale è accresciuta, e anche la nostra consapevolezza e capacità di autocritica. Il trasloco da via Revello in via Millio ci ha offerto uno spazio più grande e con maggiori possibilità e questo ha portato -per fortuna!- a far crescere il numero di persone e di iniziative che ci attraversano.
Ci siamo resi conto che .parallelamente stanno crescendo le difficoltà di scambio tra i vari pezzi che hanno preso o prendono vita nel Gabrio e l’assemblea storica.
L’assemblea ha perso pian piano la sua capacità di sintesi dei molteplici percorsi nati nel Gabrio, anzi abbiamo sentito il limite politico di condizionare in maniera verticistica questi stessi percorsi. Ci siamo resi conto che erano sempre meno chiari i processi decisionali e poco partecipati rispetto al numero complessivo di persone che attraversano e contribuiscono al Gabrio.
Abbiamo ritenuto che stavamo perdendo una prospettiva progettuale più ampia e nella frammentazione rischiavamo di restare immobili. Stavamo perdendo il senso di stare e fare un centro sociale.

b. Dinamiche di potere e relazioni personali
Nel momento in cui ci facevamo queste valutazioni, sono emersi i limiti riguardanti la dimensione relazionale che si era creata nell’assemblea del martedì: sono emerse dinamiche di delega e potere, com’è normale nei gruppi umani, che se non elaborate rendono la nostra comunità un luogo dispotico e non democratico, incapace di rompere veramente con le dinamiche della società capitalista.
La sensazione di non sentirsi ascoltati, non sentirsi parte della presa di decisioni, le resistenze a parlare e a portare il proprio punto di vista per paura di sentirsi giudicati e non compresi sono sentimenti che albergano anche nella nostra assemblea.
Nelle nostre modalità di funzionamento abbiamo rilevato alcuni “dispositivi” come le voci di corridoio, atteggiamenti relazionali verbali e non verbali prepotenti, opinioni più “importanti” di altre. C’è chi ha fatto presente a questo proposito una dinamica di genere non elaborata (poche le voci di donna in assemblea!), che tanti e tante hanno riscontrato e mostrato l’intenzione di approfondire.
Abbiamo rilevato che per destrutturare queste dinamiche sono importanti 2 condizioni:
– l’atteggiamento da parte di ciascuno/a non difensivo ma di accoglienza e di accettazione delle posizioni dell’altro;
– darsi delle modalità organizzative che ci aiutino collettivamente a gestire la complessità del centro sociale, che rendano veramente partecipi tutti/e coloro che stanno attraversando il centro, perché solo attraverso l’espressione della pluralità delle voci, la messa in comune di idee e saperi, è possibile tenere in piedi un centro sociale che sia anche un modello per la società che vorremmo costruire.
Tra di noi, non deve più darsi quella dinamica per cui alcuni/e si lamentano di non comprendere, di non riuscire ad esprimersi, di sentirsi “inadeguat*”,  dall’altra c’è chi si lamenta del carico eccessivo di responsabilità e senso di solitudine.
L’autoformazione, ovvero lo scambio orizzontale di saperi, pratiche, esperienze, è uno degli strumenti di cui dobbiamo dotarci per consentire a tutti/e di sentirsi attrezzati per affrontare la sfida, che non è semplicemente “prendere la parola” in assemblea, ma avere la cassetta degli attrezzi per capire e smontare l’impianto della società capitalista.
L’autocritica, cioè la capacità costante di interrogarsi, come gruppo e come singoli, sul proprio operato, è un altro strumento fondamentale. Riguarda la capacità di mettere in discussione le proprie strutture mentali e costruzioni collettive, la consapevolezza di quanto il sistema ci influenzi profondamente nonostante il nostro sentirci “ribelli”. Praticare l’autocritica ci permette di migliorarci, con l’umiltà di chi si sente parte di un piccolo esperimento nel percorso verso la liberazione dell’umanità.
Alla luce di questa prima fase di analisi ed autocritica, ci siamo immaginati alcuni scenari possibili di cambiamento, facendo tesoro della nostra storia e di recenti esperienze significative che compagni e compagne hanno fatto in Rojava, e che in parte sembrano darci spunti di riflessione e di azione.

PROPOSTA


a. Abbattiamo l’assemblea del Gabrio per liberare le

assemblee
Hai letto bene non è uno scherzo né una provocazione: durante questi mesi di dibattito abbiamo fatto anche una critica sul funzionamento e sulle pratiche dell’attuale assemblea generale del centro sociale che si tiene storicamente ogni martedì sera.
Abbiamo riscontrato un frequente limite: ci siamo accorti che chi partecipa dai vari spazzi/collettivi si riferisce all’assemblea del martedì con un “voi del Gabrio” e non come un noi collettivo dove tutti/e hanno una parte. Di conseguenza l’assemblea e le decisioni che vi vengono prese vengono più subite che partecipate.
Abbiamo capito come sia limitante avere un’assemblea in cui si discute di tutto (dall’organizzazione delle serate musicali alla partecipazione ad iniziative politiche fino a comprendere anche discussioni di autodisciplina tra di noi) saltando letteralmente di palo in frasca con modalità che non favoriscono la partecipazione.
L’odierna assemblea del Gabrio ha delle difficoltà ad accogliere i molteplici contributi d’immaginazione all’interno delle discussioni in corso tanto che l’informalità, che l’ha sempre contraddistinta, ci sembra essere oggi il fondamento di spietate gerarchie tra di noi basate sull’anzianità di appartenenza all’organizzazione e/o sulla disponibilità al sacrificio dei singoli. Meccanismi che certo non favoriscono né l’autostima né la crescita collettiva e personale dei
partecipanti.
Il modello che abbiamo fino ad ora adottato ci è parso criticabile anche dal punto di vista pratico/gestionale: alcuni spazi come la cucina, il bar e le sale da ballo/concerti sono oggi solo a parole messi a disposizioni di tutti.
Nel corso della discussione siamo giunti alla conclusione che abbiamo bisogno di rifondare l’assemblea del centro sociale sulla base di due semplici principi:
– l’informalità della partecipazione deve essere sempre garantita, ma non deve nascondere il fatto che nella comunità informali le persone tendono a creare delle dinamiche di potere e delega: dobbiamo essere in grado di superare i limiti ed equilibrare le dinamiche assembleari
– l’usufrutto della struttura che abbiamo liberato deve essere garantita ovvero coloro che usufruiscono degli spazi del Gabrio, come collettivi gruppi o singoli, devono rappresentarsi all’interno dell’assemblea;

La nostra proposta si concretizza nell’avviare il percorso fondante di una nuova assemblea generale e delle commissioni destinate alla pratica autogestionale degli spazi del centro.
Abbiamo voluto chiamare questo nuovo strumento l’Assemblea delle autonomie, dove per autonomie intendiamo i percorsi collettivi e personali che hanno e danno vita al centro.
L’assemblea delle autonomie avrà al suo interno la rappresentanza di tutte le realtà del Gabrio che eviti le dinamiche di esclusione esistenti (genere o orientamento sessuale, provenienza geografica e culturale, classe), ma sarà basata sull’alternanza delle persone nei ruoli che ci daremo.

b. Un nuovo modello sociale dentro e fuori il Gabrio: il
confederalismo democratico
Nel corso di questi mesi di discussione abbiamo avuto la fortuna di incontrare e conoscere la rivoluzione in corso nei 3 cantoni del Kurdistan siriano. Le compagne e i compagni, che in più viaggi hanno portato la nostra solidarietà alla lotta in corso, hanno riportato tra di noi le idee che con passione motivano e muovono le donne e gli uomini in quella rivoluzione.
Confrontandoci con queste esperienze abbiamo potuto riflettere con più attenzione rispetto agli ideali che ci muovono nella costruzione di un percorso rivoluzionario all’interno del centro sociale: in particolare ci siamo riconosciuti sul concetto di comunità che è alla base della rivoluzione in Kurdistan così come è la base dell’esperienza del Gabrio.
È la comunità infatti la chiave di volta della proposta politica dei curdi: il Confedaralismo democratico in contrapposizione al capitale, che si esprime con gli attuali stati nazione, i curdi propongono una rivoluzione basata su una confederazione di comunità che si autoregolano e autogovernano sulla base di 3 semplici principi: l’usufrutto (uso delle risorse in base alle esigenze), la complementarietà (mutualismo) ed il “minimo irriducibile” (il diritto di tutti al cibo, al riparo ed al vestiario).
Secondo il paradigma del confederalismo democratico, lo Stato-Nazione, così come si è configurato in termini di sviluppo storico, rappresenta la massima espressione della forma di potere monopolistico e di oppressione. Esso serve i processi capitalisti di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dell’uomo sulla donna e dell’uomo sulla natura. Il principio base del confederalismo è quella di una democrazia senza Stato, un sistema aperto a tutte e tutti e che fa delle diversità e delle differenze un elemento di arricchimento.
Lo stato nazione e la presa del potere vengono sostituti con l’idea di autonomia, che non riconosce i confini geografici.
Autonomia significa autogovernare. Inventare una forma di governo propria, cambiare le relazioni sociali esistenti, costruire un’alternativa concreta. Dal basso e in maniera collettiva. Governare senza bisogno di confini e stati.
Il modello organizzativo è quello di una federazione di autonomie in cui le comunità si autoregolano già oggi tramite la democrazia diretta, ovvero con assemblee aperte, libere e di base e non come la democrazia rappresentativa degli stati nazione, basata invece sulla gerarchia e un potere centrale.
La liberazione della donna è un pilastro del Confederalismo Democratco, con cui si cerca di creare una società libera dal sessismo, sia quello che proviene dalla tradizionale società patriarcale o dalle interpretazioni storiche, religiose sessiste, sia quello che dalla mercifcazione della donna per la modernità capitalista. Öcalan ha indicato nel sessismo uno dei pilastri ideologici dello Stato-nazione e tutte le ideologie del potere e dello stato derivano da attitudini e comportamenti sessisti.
Pertanto la libertà ed i diritti della donna sono una questione
chiave nella lotta per la democrazia e per la libertà. “Formazione, educazione, interpretazione, critica e autocritica, la presa di coscienza della propria forza sono metodi e presupposti fondamentali per la liberazione delle donne e strumenti per lo smantellamento della mentalità patriarcale. La libertà delle donne per diventare reale deve partire dall’interno di ciascuna perché senza percezione dell’importanza dell’identità interiore, non è possibile cambiare le condizioni materiali e sovvertirle. Le assemblee tra donne per confrontarsi e crescere insieme; la partecipazione a tutti gli ambiti della vita politica, sociale, amministrativa, con ruoli organizzativi è la traduzione in pratica di una vita libera dalla schiavitù maschilista.
Noi del centro sociale non possiamo non riconoscerci in questi principi, ed è proprio partendo dall’esperienze diretta, dall’analisi e dello studio (seppur parziale) di questo sistema, ci siamo resi conto di come anche all’interno di noi stessi riproponevamo quello stesso potere centralista e maschilista che in realtà vogliamo abbattere. Per questo vorremmo spingerci oltre, e costruire insieme alla comunità tutta nuovi spazi di autonomia.
La nostra intenzione non è quella di riproporre le proposte che arrivano da Kurdistan per trapiantarle nel nostro territorio, quanto piuttosto di farne una base di realtà su cui centrare la riflessione sulle nostre pratiche. Perché è proprio questo che ci ha colpito: vedere come donne e uomini kurdi praticando delle idee di libertà stanno conducendo una rivoluzione con successo.

STRUMENTI DELLA RIORGANIZZAZIONE


a. Assemblea delle autonomie / Coordinamento dei gruppi

e ridistribuzione del potere
L’assemblea delle autonomie è l’organo decisionale massimo che il centro sociale si da come strumento orizzontale di autogestioni.
L’assemblea delle autonomie è un assemblea a cadenza settimanale, ha lo scopo di condividere oneri e onori che l’autogestione del centro sociale prevede.
Ci piacerebbe che fosse composta da almeno 2 persone (possibilmente rappresentando tutte le differenze ad iniziare da quella di genere) espressi dai vari collettivi che compongono la galassia Gabrio. Le persone che partecipano all’assemblea ruoteranno con tempi prestabiliti (a descrizione e in base alle esigenze dei singoli collettivi).
Tutto ciò perché siamo consapevoli delle difficoltà che possono sorgere nell’esprimersi, nel portare avanti le proprie istanze nelle assemblee decisionali. L’alternanza facilita il protagonismo dei singoli ed evitiamo così l’incancrenirsi dei ruoli (“quello che parla” “quello che decide”).

Cosa fa l’assemblea?

L’assemblea è il luogo di coordinamento, condivisione e discussione collettiva (politico e sociale), è luogo decisionale per eccellenza rispetto ai processi che partono dalle singole autonomie. Non è espressione di potere, ma è dispiegamento della potenza del centro. Decide l’agire politico del centro, la gestione dello spazio (bilancio, autodisciplina sociale) e delle varie iniziative.
Consideriamo la partecipazione fondamentale per superare il principio di delega e per esercitare realmente autogestione: le varie ricchezze del centro verranno così valorizzate all’interno di un progetto condiviso.

b. Formazione ed autoformazione

Crediamo che la formazione e l’autoformazione possano essere lo strumento per la comprensione dell’esistente, per costruire il modello alternativo partendo dal passato e dal presente.
Se prendiamo come principio quello dell’autodeterminazione, allora dobbiamo far si che tutti possano avere possibilità di conoscere, comprendere, criticare. Una società fra pari si costruisce innanzitutto sulla condivisione della conoscenza, creando un terreno comune in cui interrogarsi e partire collettivamente per modificare la realtà. Come centro sociale abbiamo la ricchezza di essere diversi in termini di conoscenze, competenze e agire politico.
Se queste diversità vengono messe a disposizione della comunità ci si rafforza come individui e come collettività. Tutto può essere formazione ed autoformazione: leggere un libro, partecipare alle assemblee, costruire un iniziativa, vivere la socialità e molto altro. La produzione di conoscenza slegata dal potere e che viene dal basso è un contributo reale che possiamo dare dentro la comunità e la società in cui viviamo.
Per la costruzione di questi percorsi è necessaria un’organizzazione seria e approfondita delle occasioni collettive di formazione/autoformazione, anche per dargli continuità nelle riflessioni e nei temi ed uno sforzo collettivo della neonata assemblea delle autonomie che sarebbe il fulcro propositivo e contaminante nel quale comprendere quali, quante e declinate come dovranno essere le formazioni che andremo collettivamente a costruire.

c. Laboratorio politico
Negli anni abbiamo visto come dentro le assemblee troppe volte la discussione e l’analisi politica sia rimasta schiacciata dalla gestione dell’ordinario (iniziative, concerti, corteo x, ecc.), per questo proponiamo la creazione di uno spazio dedicato in cui parlare di attualità, politica, modelli sociali, cambiamenti e molto altro, provando ad uscire dai tempi ristretti imposti dalla politica delle scadenze.
Il laboratorio politico nasce come luogo di sperimentazione e ricerca che, muovendosi tra l’analisi e la proposta di scenari e prospettive possibili, rappresenta uno spazio dove istanze e motivazioni degli attivisti e delle attiviste prendono forma in una riflessione collettiva. Lungi dal voler essere un luogo decisionale (i luoghi delle decisioni sono dati dalle assemblee dei collettivi e dall’assemblea delle autonomie) è stato pensato proprio per condividere idee rispetto al miglioramento dell’azione della nostra comunità sul territorio. Analizzare le dinamiche di potere, la leadership, il sessismo, la mentalità patriarcale sia in un ottica relazionale sia in termini di politiche agite nel mondo dal capitale utilizzando la perenne ricerca di critica, migliorerà e porrà costantemente in discussione il modello di comunità che intendiamo praticare. Il laboratorio politico è il luogo che pone domande, come strumenti possibili per meglio agire le lotte e comprendere i contesti in cui viviamo e non che vuole dare risposte preconfezionate. Il laboratorio politico ha l’obiettivo di essere fortemente interconnesso con tutte le autonomie che fanno parte della comunità cercando di cogliere gli stimoli che da essa arrivano.
Non vuole essere l’ennesimo luogo di delega, anzi si crede che sia necessario il contributo di tutti e tutte, per questo la partecipazione alle sue attività vuole essere aperta in termini di partecipazione, differenze e capacità. La creazione di uno spazio come quello del laboratorio politico non presuppone che esso sia “l’unico luogo in cui si parla di politica”, in quanto da esso non prescinde la discussione all’interno sia dei vari spazi e sia dell’assemblea delle autonomie. Per come l’abbiamo immaginato in questi mesi di discussione, il laboratorio politico si pone sullo stesso piano di tutti gli altri spazi/collettivi all’interno del centro sociale; ha uguale dignità, “peso”, ed importanza. Come strumento per relazionarsi con il resto della comunità si da quello della partecipazione all’assemblea delle autonomie.

d. Commissioni
Le commissioni sono organi autogestionali di cui si dota l’assemblea delle autonomie per favorire l’usufrutto dei luoghi della socialità (cucina, bar, sala concerti etc.) all’interno del Gabrio con una logica volta sia ad una socialità altra fuori dalle logiche del mercato sia all’autofinanziamento e al sostentamento del centro stesso e/o delle iniziative.
Sono un luogo dove conoscenze e competenze verranno condivise ed elaborate. Avranno ovviamente degli aspetti tecnici da affrontare e risolvere, ma anche lo scopo di liberare creatività sperimentando autogestione.
Le commissioni con i loro rappresentanti faranno parte dell’assemblea delle autonomie del Gabrio dove le proposte saranno condivise e decise.
Ci piacerebbe una prima fase propositiva e costruttiva trasversale in cui dar spazio all’immaginazione dei collettivi e delle individualità che frequentano il Gabrio allo scopo di trovare delle forme autogestionali complementari all’organizzazione e alla vita del centro per ciò che riguarda i temi oggetto delle commissioni.

CONCLUSIONI!!!

La nostra conclusione vuol essere in realtà un punto di partenza: mettendoci in discussione, come abbiamo fatto in questi 6 mesi, abbiamo capito che vogliamo cambiare il nostro approccio per rendere la nostra organizzazione, ma anche il nostro quotidiano più orizzontale, accogliente e coinvolgente.
Ci rendiamo conto di quanto sia difficile modificare schemi, situazioni e atteggiamenti consolidati che creano gerarchie, prevaricazioni, prepotenze, deleghe di responsabilità; così come ci rendiamo conto che a volte quando lo si tenta, culturalmente si pretende che siano gli altri a cambiare.
Con queste consapevolezze e qualche perplessità abbiamo intrapreso questo lavoro non sapendo dove ci avrebbe portato; il tempo ci ha poi restituito la percezione che le nostre aspettative stessero convergendo verso un terreno comune, facendo in modo che ci fosse da parte di ognuno e ognuna di noi una reale messa in gioco e presa di responsabilità in direzione di un incontro reciproco. Questo ci ha dato la fiducia e la spinta a voler allargare questo percorso a tutti i frequentatori e le frequentatrici del centro perché vorremmo che il Gabrio diventi un luogo dove ci si possa realizzare collettivamente e come individui in base alle necessità e risorse disponibili.