Alla fine sapevamo tuttə che il 1 maggio sarebbe finito così: CGIL-CISL-UIL chiusi in un palazzo con la Sindaca e il Presidente di Regione a tener discorsi di circostanza proiettati da un maxischermo nel centro città, davanti a cui burocrati e funzionari sindacali prezzolati fanno le comparse di una democrazia sindacale da anni morta e sepolta sotto tonnellate di concertazioni, di contratti nazionali e di accordi sottoscritti a ribasso sulla pelle di lavoratrici e lavoratori.
D’altronde era stato lo stesso leader di CGIL, Maurizio Landini, a definire di “alto profilo” il discorso di insediamento del Presidente del Consiglio Mario Draghi e a dichiarare in un’intervista al quotidiano ‘la Repubblica’ che “con Draghi possiamo far uscire l’Italia dalla precarietà del lavoro”. I sindacati confederali lontani anni luce dai bisogni di chi lavora (o non lavora) e complici assertivi di questo o quel governo non sono certo una novità di oggi.
La misura è però veramente colma. Il Governa Draghi è la massima espressione politica della difesa di privilegi, del favoreggiamento di grandi imprenditori e dell’ingiustizia sociale su cui si basa la supposta democrazia nel nostro Paese. Un governo che mette insieme tutti, dalla Lega al Partito Democratico a Forza Italia passando per il Movimento 5Stelle, tutti alla corte del banchiere Draghi, con una spartizione certosina dei fondi (290 miliardi di euro) del Piano Nazionale di Ricostruzione e Resilienza e dei ministeri: i tecnici dove si spende, i politici dove si chiacchiera.
Un governo della crisi, un governo prodotto perfetto della fase in cui viviamo. La fase della ‘sindemia’, dove la nostra salute e le nostre vite non sono attaccate solo da un virus, ma sono messe a rischio da un intreccio di fattori biologici e sociali sfavorevoli, dati da decenni di politiche classiste che penalizzano la vita dei settori popolari della società. Da solo questo virus non sarebbe stato in grado di produrre tanti danni alla salute umana se non avesse attaccato popolazioni alle prese con un ambiente inquinato e nocivo, cattiva alimentazione, elevata incidenza di malattie croniche e condizioni sociali di povertà generalizzata e diffusa.
Ecco perché anche quest’anno, ancora una volta e una volta in più il nostro 1 maggio non può che essere nelle strade, lontano e contro i palazzi del potere, per prenderci reddito, diritto alla salute, dignità, per prenderci quanto è nostro di diritto e che ci viene sottratto sempre più.
PER UN REDDITO D’ESISTENZA
Nel corso dell’ultimo anno abbiamo assistito ad uno scenario globale tragico: la pandemia ha esacerbato la precarietà della condizione lavorativa e quindi esistenziale a cui da decenni il sistema capitalistico ci costringe. La disoccupazione in Italia nella fase pre Covid era al 9.9%, con una disoccupazione giovanile del 29.4%, a gennaio 2021 i tassi assoluti sono arrivati a 10.2%, con una perdita di 456 000 posti di lavoro, di cui il 98% sono donne. Sempre per le donne è stata sensibilmente più bassa la reintroduzione nel mercato del lavoro e il numero di riassunzioni. Nel corso del 2020 1 milione di persone in Italia è scesa sotto la soglia di povertà assoluta. Le persone disoccupate riconosciute sono attualmente 4 milioni, con lo sblocco dei licenziamenti previsto per il 30 giugno i posti di lavoro a rischio sono 6,3 milioni. Arriveremo quindi a 10 possibili milioni di persone disoccupate.
Nello stesso anno, sempre nel corso della pandemia globale, i patrimoni dei miliardari sono cresciuti esponenzialmente con tassi di crescita arrivati fino al +273,8%: meno dell’1 % della popolazione del mondo detiene il 70% della ricchezza globale.
L’accumulazione di questa ricchezza si fonda sullo sfruttamento della manodopera sotto pagata, garantita dalla connivenza degli Stati in cui la legislazione nazionale non tutela lavoratori e lavoratrici e permette gli appalti di contratti fuffa ad agenzie interinali.
L’insorgenza di Covid-19 è il mostro che questo sistema di sfruttamento di lavoro e risorse ha generato attraverso la devastazione di territori per l’estrazione di risorse senza limiti, la sua diffusione così devastante, permessa da scambi di merci, denaro e persone ai quattro angoli del mondo, ha garantito l’arricchimento di pochi permettendo uno sfruttamento di massa senza alcuna tutela sanitaria per chi sostiene il sistema lavorando.
Nel corso della pandemia abbiamo assistito ad una silenziosa e inarrestabile divisione tra lavoratori e lavoratrici “essenziali”, costrettə a lavorare a ritmi di lavoro sempre più serrati senza tutele sanitarie: rider del food delivery, personale sanitario, lavoratorə della logistica di Amazon, operaiə di fabbrica, lavoratrici nell’ambito della cura, e chi ritenutə non essenziale e lasciatə senza tutele, sussidi e forme di reddito: lavoratorə dello spettacolo, dei beni culturali, di tutte quelle mansioni che non creano profitti diretti per Confindustria e grandi multinazionali.
Guardando ai prossimi decenni questa crisi sociale, sanitaria ed economica ci costerà lo scarto tra vivere e sopravvivere, tra lavorare sfruttatə o non lavorare e morire in stato di povertà, per questo vogliamo l’istituzione di un reddito d’esistenza, strumento essenziale per garantire una vita dignitosa a tutte e tutti. Un reddito di esistenza finanziato con una tassa patrimoniale sui patrimoni dei miliardari e con i fondi del PNRR.
Un reddito d’esistenza per liberarci dal ricatto dello sfruttamento lavorativo, per garantire a tutte e a tutti possibilità di sostentamento e di autodeterminazione sulla propria vita, sul proprio corpo, in particolare a quelle fasce della popolazione maggiormente esposte a rischi e meno tutelate tra cui donne, migranti e giovani, un reddito per smettere di essere costrettə a produrre per vivere, per fermare la crisi climatica che questo sistema biocida ha generato in nome del profitto di pochi, portando al collasso gli ecosistemi terrestri.
PER UNA SALUTE UNIVERSALE E UNA SALUTE PUBBLICA INCLUSIVA
La realtà del disastro sanitario è certamente un dato incontrovertibile.
Sono 120.000 ad oggi le morti in Italia per Covid-19. Ma i problemi non si limitano alla tragicità delle morti: l’ingolfamento della macchina sanitaria, del sistema di tracciamento e prevenzione come quello delle terapie intensive, è stato ciò che ha determinato l’imposizione di restrizioni sociali simili a quelle dei tempi di guerra, di trasformazioni radicali degli stili di vita.
Le ripercussioni hanno una gravità incalcolabile sulle vite di tutti e tutte, in particolare su quella di chi appartiene alle classi sociali più fragili: di chi vive la disoccupazione, il ricatto lavorativo, una situazione domestica difficile o violenta. La crisi sta facendo emergere con maggior evidenza processi sommersi di esclusione e marginalizzazione già in atto precedentemente ad essa, dai quali non si può prescindere per valutare lo stato di salute dell’intera comunità.
Questa crisi sanitaria va compresa nello smantellamento del Sistema Sanitario Nazionale che va avanti da quasi trent’anni, i cui cardini principali sono i tagli, dati dalla sempre maggiore importanza del privato e del profitto sulla cura, e l’investimento sui grandi poli ospedalieri a discapito della capillarità dei presidi sanitari territoriali e di prossimità.
Le istituzioni sono del tutto disinteressate ad invertire la rotta: la recente presentazione del PNRR, che non elabora una ristrutturazione significativa del Sistema Sanitario a livello nazionale, ne è la dimostrazione. Il PNRR propone a livello regionale un vero e proprio scempio, non prevedendo alcun investimento sulla città di Torino in ambito sanitario.
La campagna vaccinale ha vergognosamente mostrato la faccia di un sistema che, tramite il brevetto, rende la salute e la ricerca una merce di scambio tra Stati e multinazionali, senza alcuna redistribuzione della ricchezza, fondandosi sul lavoro gratuito di numerosissimi volontari e volontarie.
Il SSN e le istituzioni operano secondo una concezione della salute che rimuove il nesso tra salute psichica e fisica, ignorando le profonde conseguenze psicologiche della pandemia.
L’impatto del covid-19 sul mondo del lavoro è stato devastante, si è osservata un’accentuazione dei gap di genere, di classe e tra Nord e Sud Italia. L’impatto della precarietà lavorativa sul piano psicologico è altissimo. Secondo dati ISTAT la popolazione generale dal 2019 al 2020 ha visto aumentare i propri indici di disturbi mentali quali depressione, ansia e stress di più del doppio. Chi ha un reddito basso ha un rischio di 2 volte maggiore di soffrire di depressione rispetto al resto della popolazione, per chi è disoccupato il rischio è triplo.
Manca una spinta all’integrazione socio-sanitaria: i piani sociali e sanitari devono camminare necessariamente in parallelo per cercare di dare vita ad un welfare più inclusivo ed efficace nella prevenzione e nell’intervento dei disagi e delle malattie psichiche e psicologiche.
Di fronte alla necessità di resistere a questa situazione disastrosa in diversi territori italiani sono nate e si sono sviluppate esperienze di lotta per l’accesso alle cure e per la trasformazione della sanità. Esperienze che iniziano ad intersecare discorsi, pratiche e rivendicazioni, a costruire una diversa concezione e organizzazione della cura, quanto mai necessarie oggi per le classi lavoratrici. A Torino è nata l’assemblea permanente “Riapriamo il Maria Adelaide”, che si batte per la riapertura dell’ex ospedale sul lungo Dora come presidio di prossimità e che sta facendo rete con altre esperienze e organizzazioni che ampliano il discorso politico sulla salute: da Non Una di Meno ai sindacati di base, passando per le microcliniche cittadine che promuovono l’autogestione della cura o le associazioni che lavorano per allargare l’accesso alle cure. Ciò che si muove a Torino fa eco alle mobilitazioni che stanno sorgendo in tutta Italia intorno ai temi del potenziamento delle cure territoriali, dell’investimento pubblico in ambito sanitario, del contrasto al profitto sui vaccini e sulla salute, della gestione della cura in base alle esigenze dei territori, dell’autogestione della cura.
Dobbiamo ripensare la salute a partire dai suoi tratti sociali e psicologici, sottrarla alla logica del profitto, costruire un fronte di lotta con i lavoratori e le lavoratrici del settore, organizzare i bisogni sociali diversificati e complessi che il Sistema Sanitario come lo conosciamo oggi non può soddisfare, dimostrare le connessioni che sussistono tra salute umana e cura dei territori e dell’ambiente per una vita più giusta e finalizzata al benessere.
SANATORIA 2020: UN FALLIMENTO ANNUNCIATO,
ORA DOCUMENTI PER TUTTƏ SUBITO!
E’ ancora impossibile parlare di lavoro senza considerare le migliaia di persone per cui continua il ricatto dei documenti. Quest’estate, in piena pandemia, è stata rispolverata un’ambigua Sanatoria, utile ai produttori agricoli per non perdere i grandi profitti, che ha portato migliaia di persone a cercare di “comprare” un documento. Molte persone hanno immolato cifre non indifferenti a datori di lavoro senza scrupoli o CAF poco trasparenti per poter fare richiesta di un documento che finalmente permettesse loro di accedere a diritti, sostegni e welfare da cui vengono sistematicamente esclusə. L’ennesima presa in giro ai e alle migranti.
Le mobilitazioni di questi giorni davanti alle prefetture di tutta Italia, unite ai dati sulla Sanatoria 2020 pubblicati qualche settimana fa e alle dichiarazioni vergognose della Coldiretti e della Confederazione Italiana Agricoltori sulla mancanza di 200.000 lavoratori e lavoratrici stagionali per la stagione 2021, dipingono un quadro che non può lasciar indifferenti.
A Febbraio 2021 delle 207.708 domande presentate dai datori di lavoro solo 10.701 sono arrivate alla fase finale del procedimento, appena 13.244 sono state le convocazioni in prefettura per la firma del contratto tra datore lavoro e lavorante .
Sono soltanto 12.986 le richieste di permesso di soggiorno temporaneo effettuate direttamente dai lavoratori e le lavoratrici tramite Kit postale, di cui circa 8000 si sono trasformate in permesso di soggiorno temporaneo.
Numeri molto bassi, che risultano ancora più esigui se inseriti in un contesto nazionale che vede circa 600.000 persone abbandonate nell’irregolarità.
I pessimi dati sull’adesione alla Sanatoria 2020 e gli imbarazzanti ritardi della macchina di valutazione delle domande, lasciano ben poco spazio all’interpretazione.
I numeri confermano l’inutilità di un provvedimento nato per soddisfare le esigenze del padronato del settore Agroalimentare e per “legalizzare” temporaneamente tutte quelle lavoratrici e lavoratori stranierə a cui lo stato delega quasi interamente il comparto delle cure sanitario-assistenziali domiciliari, senza che vengano loro riconosciuti diritti e compensi adeguati.
La rabbia di chi attende cresce pensando agli ingenti fondi dedicati al funzionamento della macchina organizzativa della Sanatoria 2020, indicati nel Comma 25, Art. 103 del Decreto Rilancio che prevede euro 30.000.000 per prestazioni lavorative a tempo determinato, euro 4.480.980 per fornitura di servizi di mediazione culturale, euro 200.000 per l’adeguamento della piattaforma informatica del Ministeri dell’Interno, a cui si aggiunge quanto incassato dallo Stato con le domande presentate (500€ per domanda).
Dati sicuramente in contrasto con le polemiche mosse dal SIULP, il sindacato poliziesco, che si è apertamente schierato contro il provvedimento, arrivando a bollarlo come l’ennesima promozione all’ingresso “illegale” in Italia, un favore ai “clandestini”. Le dichiarazioni ridicole del SIULP ci danno conferma ancora una volta di quanto sia più che mai necessario ed urgente svincolare da Questure e Prefetture gli uffici immigrazione e tutto l’iter di richiesta del permesso di soggiorno.
Si punta il dito verso chi chiede diritti e non si ricordano i numerosi tagli al personale civile degli Uffici Immigrazione che il Ministero dell’Interno ha attuato negli ultimi anni, scelta che già ben prima della Sanatoria 2020 provocava code interminabili agli sportelli, ritardi nel rilascio dei documenti e dei rinnovi.
A rendere il quadro ancora più squallido si aggiunge la circolare emanata in questi giorni dal Ministero dell’Interno, nota che dichiara inammissibili le domande di emersione di rapporti di lavoro, ove il contratto sia attualmente scaduto o il datore di lavoro non sia intenzionato a proseguire il rapporto, negando a queste persone anche il permesso di soggiorno per attesa occupazione. Una Modifica non da poco, che cambia le regole in corsa ed il cui unico fine è quello di sfoltire ulteriormente la rosa già striminzita delle domande ammissibili. L’ennesima manovra politica razzista che esplicita maggiormente come questo decreto fosse utile solo ai padroni e come la classe lavoratrice straniera sia considerata “usa e getta”.
Siamo al fianco dei e delle migranti che in questi giorni, in tutta Italia, hanno scelto di mobilitarsi con presidi, scioperi e flash mob, portando i propri corpi e le proprie rivendicazioni nelle strade e nelle piazze delle nostre città.
Crediamo fermamente che la farsa della Sanatoria 2020 metta in luce la necessità immediata di estendere il Permesso di Soggiorno a tutti e tutte , slegandolo dal lavoro e dalla situazione familiare ed economica , perchè un diritto tolto a qualcunə è un diritto tolto a tuttə . Documenti per tuttə SUBITO!
COSA VOGLIAMO DAL PNRR
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, i cui fondi per l’Italia ammontano a 248 miliardi di euro, intende essere un piano di rilancio per l’economia del paese che si sviluppa in sei missioni, dalla transizione ecologica alla salute, da istruzione e ricerca ad inclusione sociale. Le sei missioni sembrano apparentemente cogliere i problemi sociali ed economici strutturali del paese, ma se si scende nel particolare andando ad osservare laddove i fondi vengono investiti è presto chiaro che si tratta dell’ennesimo strumento per aumentare le differenze sociali e garantire guadagni per imprenditoria ed industria fossile, bellica, del cemento e tecnologica. Il PNRR assume la forma di strumento finanziario: si presenta come un insieme di investimenti, la cui larga parte sono prestiti da restituire negli anni a venire, inquadrandosi quindi in un’ottica di “ottenere per poi tagliare”, in linea con le politiche di Austerity dell’Unione Europea.
Partendo dal tema della TRANSIZIONE ECOLOGICA: una larga parte dei fondi è indirizzata al rafforzamento delle grandi opere e ad aziende, come Eni, che operano in termini opposti al disinvestimento dal fossile, necessario per una transizione ecologica radicale. Ad ormai pochi anni dal 2030, punto di non ritorno previsto per il superamento di 1.5 gradi della temperatura globale, urge un intervento radicale nei metodi di produzione di energia, dobbiamo dismettere l’energia fossile, convertire la produzione in ENERGIE RINNOVABILI e sostenibili, cambiare il sistema di mobilità, ampliando e rendendo efficienti le reti di TRASPORTO PUBBLICO, anziché investire in grandi opere utili solo a chi le costruisce.
La CRISI CLIMATICA è il frutto di questo sistema ecobiocida, a causa di essa saranno sempre più frequenti pandemie globali, instabilità geopolitiche e conflitti bellici per le risorse, che causeranno migrazioni climatiche di massa, ad essere maggiormente colpite saranno soprattutto le fasce meno abbienti della popolazione, ed in particolare modo, come è dimostrato dai dati tecnici, le donne. Per far fronte a quanto è già in atto e a quanto verrà è necessario l’ampliamento del Sistema Sanitario Nazionale, la riapertura di PRESIDI SANITARI TERRITORIALI e di prossimità per una cura universale, inclusiva e di comunità. Non vogliamo ennesimi investimenti nell’industria bellica, dev’essere anzi finanziato il sistema burocratico per accelerare i tempi per l’ottenimento del PERMESSO DI SOGGIORNO e garantire pari diritti a tuttə. Su un pianeta sull’orlo del collasso va rallentata e convertita la produzione e cambiato completamente il sistema lavorativo. Vanno dati supporto reale al reddito e garantite tutele sociali, è necessario è un REDDITO D’ESISTENZA universale che possa essere di autodeterminazione per tuttə che non ponga, in ogni occasione, la scelta tra salute o lavoro, lavoro o formazione, lavoro o dipendenza economica dal partner.
CI VOGLIAMO LIBERƏ, TUTELATƏ E AUTODETERMINATƏ!
CSOA GABRIO
MANITUANA . LABORATORIO CULTURALE AUTOGESTITO
LaSt – Laboratorio Studentesco
SI – STUDENTI INDIPENDENTI