Il 18 agosto la squadra mobile ha fatto irruzione nei locali del centro sociale Gabrio sequestrando 80 piante, la strumentazione per la coltivazione (vasi, lampade e ventilatori) e denunciando i due compagni presenti.
Il giorno seguente i media riportano la notizia come di una “scoperta”, parlando di “spaccio” e di “traffico” ignorando completamente la storia, ormai ventennale, della lotta del centro sociale Gabrio per il riconoscimento dei diritti dei consumatori di sostanze in Italia.
Infatti, in coerenza con quanto dichiarato nella prima manifestazione antiproibizionista di Torino il 16 novembre 1996, noi iniziammo ad autoprodurre marijuana per condividerla attraverso feste e iniziative antiproibizioniste. Già nel 1999 abbiamo subito perquisizioni e processi finiti con la piena assoluzione dei compagni coinvolti.
Il ripetersi oggi di una inchiesta sulle lotte antiproibizioniste non è casuale dato che, proprio in questi mesi, è in discussione in parlamento una proposta di legge che in apparenza sembrerebbe mettere fine alle fallimentari politiche proibizioniste, riconoscendo il diritto al consumo e alla produzione della canapa, ma che invece, di fatto, è finalizzata ad instaurare un monopolio sulla cannabis, senza per altro l’intenzione di modificare il codice della strada e la normativa sul lavoro. Ancora una volta è stato disatteso un cambio di passo sulle leggi proibizioniste richiesto dalla commissione europea: diversi stati dell’unione hanno infatti già legiferato in tal senso mentre, ancora una volta, il nostro paese è il fanalino di coda nella garanzia dei diritti personali come di recente successo nel dibattito sulle unioni civili.
La pianta della cannabis ha peraltro molteplici usi anche nel campo medico e industriale. Il proibizionismo ha impedito per decenni (e continua ad ostacolare) la ricerca scientifica sui notevoli benefici terapeutici dei suoi principi attivi nel trattamento di molte patologie anche gravi, costringendo i medici a prescrivere farmaci di sintesi meno efficaci e che spesso inducono pesanti effetti collaterali. Il proibizionismo ha inoltre sradicato dalle nostre campagne la tradizionale coltivazione a scopo industriale, e la canapa è stata sostituita da fibre sintetiche caratterizzate da produzioni e smaltimenti ad elevato impatto ambientale.
La proposta di legge ha provocato scetticismo tra molti parlamentari e l’opinione pubblica è ancora condizionata dalla retorica proibizionista dei principali media che spesso sfocia in autentico terrorismo psicologico impedendo un dibattito libero e basato sui fatti.
Pertanto come libere persone affermiamo che:
• la pratica dell’autoproduzione è una scelta sana e naturale per contrastare e sconfiggere le mafie e il narcotraffico;
• le politiche proibizioniste, che hanno provocato le persecuzioni dei consumatori (carcere e misure restrittive), la disinformazione e la crescita del mercato clandestino gestito dalle mafie, devono essere abbandonate;
• la pianta della canapa per i suoi molteplici usi (terapeutici, ricreativi e industriali) non può continuare ad essere bandita, ne diventare un monopolio di stato: la sua coltivazione deve essere libera;
e chiediamo:
• Libertà per gli antiproibizionisti perché l’erba prodotta dal Gabrio è sempre stata condivisa, quindi