Contestazione a Giuliano Ferrara durante un comizio in piazza Castello x la lista “Aborto? No, grazie!”

Il coordinamento di donne “Sommosse-Torino” oggi pomeriggio, 27 marzo,
ha dato vita a un presidio spontaneo in piazza Castello, ultima tappa
in ordine di
tempo della presentazione della lista elettorare di
Ferrara “Aborto? No, grazie!”.
 In una piazza blindata per garantire lo svolgersi di un comizio che si
è in realtà configurato come una conferenza stampa di poco più di 15
minuti data la totale assenza di pubblico (per evitare il confronto con
la piazza vuota e ostile Ferrara ha evitato il palco già allestito e si
è rintanato sotto i portici con i soli giornalisti e la scorta) abbiamo
rivendicato ancora una volta, così come già avvenuto in altre città,
che le uniche ad avere diritto di parlare e decidere sul corpo
femminile sono le donne e che non tolleriamo campagne elettorali
giocate sulle nostre vite.
Il tentativo di Ferrara di acquisire consensi si è rivelato vano se non
fosse per l’attenzione che gli viene tributata dai media sempre pronti
a prestare attenzione persino ad un comizio inesistente.
Al
palco vuoto di Ferrara e alla “sua” piazza deserta, noi contrapponiamo
i percorsi di autodeterminazione che molte femministe e lesbiche stanno
costruendo e che hanno portato negli ultimi mesi a grandi
mobilitazioni, dal 24 novembre agli 8 marzo in tutte le città: a Torino
le nostre strade si sono riempite di 10.000 corpi e voci che non
possono essere messi a tacere dagli strepiti di ingombranti personaggi
che cercano di invadere le nostre vite.
Oggi, nonostante la pioggia e nonostante l’atteggiamento arrogante
della polizia, in tante abbiamo gridato a Ferrara che  su maternità,
contraccezione, aborto la scelta è solo nostra e non tolleriamo dictat
e strumentalizzazioni elettorali da nessuno!

Di seguito il volantino distribuito

“SUL NOSTRO CORPO DECIDIAMO NOI!”

Nel
1978, in seguito ad anni di lotte per l’autodeterminazione femminile,
viene approvata la legge 194 per regolamentare le interruzioni di
gravidanza. La 194 è una vittoria per le donne che vedono finalmente
riconosciuta la possibilità di decidere autonomamente sul loro corpo
senza dover mettere in gioco la propria vita sui tavolacci di un
ambulatorio clandestino; ma più in generale è una vittoria per tutt*
coloro che ritengono che a decidere sulla sessualità e sugli aspetti
più intimi dell’esistenza non dovrebbero essere le gerarchie
ecclesiastiche.
Questa legge è un
primo e minimo passo (a cui nella realtà ben pochi ne sono seguiti) per
riconoscere alla donna un ruolo diverso nella società, svincolandola
dall’unico ruolo in cui per anni è stata relegata: quello di generare
figli indipendentemente dai suoi desideri.
In tutti questi anni
gli attacchi alla libertà delle donne di decidere sul proprio corpo non
sono venuti meno. Ci hanno pensato le gerarchie ecclesiastiche, i
gruppi di “estremisti per la vita”, come i clerico-fascisti del
“movimento per la vita”, che si sono subdolamente intromessi negli
ospedali e nei consultori e, con farseschi strumenti di disinformazione
hanno da sempre attuato un lavoro di intimidazione e colpevolizzazione
contro quelle donne che, dovendo ricorrere ad un’interruzione di
gravidanza, si sono trovate in una situazione ancor più difficile e
dolorosa.Negli ultimi anni tuttavia lo scenario politico ha
svoltato a loro favore, trovando appoggio in una trasversale presenza
fondamentalista-cattolica all’interno di ogni schieramento politico;
dalle dame in cilicio del centro-sinistra al buon vecchio Bondi, si è
innescata una corsa al compiacere le sempre più retrograde volontà
vaticane: passando da una legge del tutto insensata sulla fecondazione
assistita, attraverso l’impossibilità di riconoscere le coppie la cui
sessualità non è conforme ai canoni cattolici, si è giunti alla
sferzata finale sull’onda della provocatoria, quanto opportunistica,
“moratoria sulla pena d’aborto” proposta da Giuliano Ferrara.
Nella
sua proposta Ferrara definisce la pratica dell’interruzione volontaria
di gravidanza “un fenomeno mostruoso per quantità e genocidi, un
fenomeno aberrante per qualità sessista ed eugenetica a sfondo
razzista, una pulizia etnica sistematica, soppressione violenta degli
esseri umani concepita come strumento di pianificazione familiare e di
utilitarismo eugenetico transumano”. E sempre secondo Ferrara la
moratoria si configurerebbe quindi come “la scelta di rendere chiaro,
di formalizzare filosoficamente e giuridicamente, e anche eticamente”,
questa risposta di rifiuto e opposizione alla pratica dell’aborto.
Nel
testo di Ferrara è sottolineata l’inesistenza di un reale soggetto
decisionale femminile, condannando la donna a scomparire dietro la
retorica mediatica di una “vita” virtuale e divina, svincolata dai
desideri e dalle priorità terrene. L’autodeterminazione viene definita
“nichilista e autolesionista” come ad indicare il vuoto che le
gerarchie ecclesiastiche associano alla donna (un vuoto da colmare
unicamente con i figli) e, come per esplicitare che le donne,
autodeterminandosi, vanno a ledere un presunto ordine naturale delle
cose, sfidando la natura stessa della vita umana.

Su questa
scia altri ignobili attacchi sono giunti per esempio dalle
amministrazioni regionali, come in Lombardia dove, dopo aver negato il
diritto all’assistenza a chi non pratica una sessualità conforme alle
norme morali, la Regione ha approvato una gravissima regolamentazione
riguardo l’aborto terapeutico: da ora in poi non sarà più praticato
oltre le 22 settimane e tre giorni dal concepimento del feto, invece
delle 24 settimane generalmente accettate dai medici e previste dalla
legge. Giusto a ribadire la minore valenza della vita della donna
rispetto a quella del concepito.

E’ davvero incredibile e
davvero poco tollerabile che ancora qualcuno tenti di mettere in
discussione la legalizzazione dell’aborto e che si parli delle donne
come di menomate mentali non in grado di intendere e di volere,
incapaci di gestire le proprie scelte responsabilmente o addirittura
come delle mostruose omicide che senza scrupoli premeditano
l’assassinio di ciò che potrebbe/dovrebbe diventare un nuovo essere
umano. Se non bastasse, il concetto di autodeterminazione della donna,
un’idea (nonché una pratica) che parrebbe assodata e condivisa dopo
decenni di faticose lotte, viene ora riletta e interpretata in chiave
ideologica, come fosse una pretesa abusiva o un’invenzione e non un
diritto.
E’ chiaro inoltre che qui non è in gioco solo l’aborto ma
anche il controllo della fertilità e il diritto alla sessualità scissa
dalla procreazione. Tre cose che evidentemente ancora oggi, agli uomini
e alla Chiesa, non piace che vengano gestite dalle donne. Eppure, che
piaccia o no agli atei devoti e alle dame in cilicio, la decisione
spetta solo alle donne e a nessun altro. Per millenni alle donne non è
stato concesso di decidere se e quando procreare. Da quando sono stati
inventati i metodi di controllo delle nascite o i metodi
contraccettivi, le donne hanno invece scoperto come evitare di fare
figli contro la loro volontà, ma soprattutto hanno riscoperto il gusto
di volere dei figli, di desiderarli veramente. Il fatto che i metodi
anticoncezionali siano tanto invisi al Potere clericale e non solo,
dimostra che ciò che dà fastidio è proprio il fatto che a controllare
la procreazione sia la donna.

Coloro che parlano di difesa
della Vita e si flagellano con il cilicio per difendere l’embrione sono
quelli che poi sostengono le guerre di religione (spesso nella presunta
difesa delle donne islamiche) e segretamente vorrebbero abortire gli
immigrati, le lesbiche, gli omosessuali, forse anche i comunisti.
Questi filoembrionisti difendono a tal punto la Vita, quella con la V
maiuscola, che non chiedono nemmeno la moratoria sulla guerra, che di
vite ne falcia a milioni. Non propongono una moratoria sulle armi
convenzionali e non convenzionali, sulle mine antiuomo, sul fosforo
bianco. Morti necessarie si dice, incidenti, effetti collaterali: il
prezzo da pagare per difendere la tranquillità e il benessere delle
nostre metropoli occidentali da temibili terroristi. Figuriamoci poi se
in queste coscienze illustri crea qualche preoccupazione
filosofica-etico-giuridica, il fatto che migliaia di persone all’anno
muoiano sul posto di lavoro. Morti bianche si dice, morti legalizzate
in nome di un profitto produttivo che ha la meglio sulla vita di noi
tutti.
Dobbiamo opporci con forza a questo clima e
mobilitarci tutte insieme per difendere il nostro diritto
all’autodeterminazione. Contro l’ipocrisia di chi nasconde dietro una
Vita virtuale la propria velleità egemonica sui corpi e sulla
sessualità.

Sommosse-Torino