Ieri mattina la notizia della morte di 5 operai sulla tratta ferroviaria Torino – Milano, all’ altezza della stazione di Brandizzo, ha rimpallato dai notiziari locali a quelli nazionali.
I lavoratori, intenti a svolgere una manutenzione sulle rotaie, sono stati travolti da un treno.
I 5 erano dipendenti dell’azienda Si.Gi.Fer di Borgo Vercelli, ditta specializzata nell’armamento ferroviario, che vanta un fatturato di oltre 13 milioni solo nel 2022 e appalti in tutta Italia e nel mondo.
Sappiamo poco delle dinamiche dell’accaduto, ma qual che sappiamo è che Michael Zanera, 34 anni; Giuseppe Sorvillo, 43 anni; Saverio Giuseppe Lombardo, 52 anni; Giuseppe Aversa, 49 anni; Kevin Laganà, 22 anni, vanno ad aggiungersi ai 450 morti sul lavoro del 2023.
Turni e ritmi di lavoro massacranti, carenti controlli sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, uniti all’assenza di democrazia nell’organizzazione dello stesso, sono alcune delle cause dell’ecatombe a cui assistiamo da anni.
Nello specifico dell’accaduto va evidenziato quanto le tragedie ferroviarie abbiano segnato e segnino le storia di questo paese e nonostante ciò la manutenzione e l’efficientamento delle reti ferroviarie, soprattutto nelle tratte locali, resta una questione di cui ci si ricorda solo all’indomani delle morti.
Compito di riqualificazione e ammodernamento della rete che potrebbe competere al ministro delle infrastrutture Salvini, se non fosse troppo occupato a favoleggiare sulla costruzione di un ponte sullo stretto di Messina al costo preventivato di 13 miliardi, o a precettare proprio i lavoratori delle ferrovie impedendogli lo sciopero, come lo scorso 13 luglio .
I dati su morti e infortuni nel contesto lavorativo (ogni anno muoiono circa 1000 persone nei luoghi di lavoro) sembrano destinati ad aumentare, complice la decisione dell’attuale governo, presa su spinta padronale, di togliere il reddito di cittadinanza.
Misura che riporterà migliaia di persone all’interno dell’esercito di lavoratrici e lavoratori di riserva, obbligandolə a cedere al ricatto e ad accettare quei lavori a basso valore aggiunto che garantiscono un profitto ai padroni solo grazie al taglio di salari, diritti e sicurezza.
La sicurezza sul lavoro, infatti ,per i capitalisti è solo un costo da tagliare per massimizzare ancora di più i profitti e il risultato è sotto gli occhi di tuttə: chi lavora muore, chi è responsabile resta a piede libero come ci insegna la vicenda estiva del manager Thyssen Eppendirf, riconosciuto responsabile della morte di 6 operai, ha patteggiato una condanna di un anno di comodi domiciliari.
Non restiamo più in silenzio, non vogliamo più essere complici di una strage quotidiana: è l’ora di uno sciopero generale!
Basta morti sul lavoro!
Basta precarietà e sfruttamento!
Basta lavori nocivi per la collettività e l’ambiente!