Lunedì 11 dicembre ci siamo trovatə di fronte all’ennesima operazione repressiva nei confronti degli spazi occupati e liberati di Torino.
Sono ormai diversi anni che la questura tenta con ogni mezzo di cancellare l’esperienza di Askatasuna.
Questura, Procura e compagnia varia, non accontentandosi delle fantasiose accuse processuali che vedono alcunə attivistə accusatə di associazione per delinquere, hanno pensato di indossare divise diverse: un giorno vestendosi da operatore ASL, un giorno da vigile, un giorno da pompiere.
Ciò che abbiamo davanti ai nostri occhi è l’atteggiamento paradossale di istituzioni e polizia. Queste sono tanto impegnate nel tentativo di silenziare le realtà autogestite, cercando di depoliticizzare ciò che è dissenso e autorganizzazione, quanto disinteressate nei confronti di ospedali che prendono fuoco, della sicurezza sui luoghi di lavoro, di scuole che crollano e di tutti i problemi reali che le persone si trovano a dover affrontare giorno dopo giorno.
Da Torino alla Sicilia, questo governo ha dichiarato guerra a chi ogni giorno alza la testa, a chi ha deciso di non arrendersi ad un mondo dominato da un sistema economico mortifero e oppressivo, a coloro che in maniera decisa si pongono sulle traiettorie della giustizia sociale, dell’equità e della libertà ben consapevoli che quest’ultime non sono traguardi raggiunti dalla contemporaneità ma orizzonti da conquistare ogni giorno con le idee e con la lotta.
Il momento storico vede il potere decisionale in mano a forze economiche e politiche che ci vorrebbero sempre più silenti di fronte a guerre, genocidi, crisi e devastazioni ambientali.
L’attuale repressione poliziesca e militarizzata del dissenso e le recenti azioni governative volte a impedire l’attività sindacale dimostrano come anche in questo paese siano sempre più scoraggiate e addirittura criminalizzate le forme di ritrovo e attività collettiva.
Quotidianamente viene ostacolato ogni tentativo di discussione collettiva e criminalizzata ogni forma di azione ed organizzazione dal basso.
La “pacificazione sociale”, intorno all’idea fittizia di uno Stato non contestabile garante dell’ordine democratico, che tanto avrebbe migliorato le vite delle persone, oggi fa vedere tutte le sue più dure conseguenze.
Ci troviamo ad abitare un mondo senza idee, dove si alternano governi le cui politiche in ambito economico e geopolitico sono sostanzialmente sovrapponibili. Il copione è sempre lo stesso: prima i teatrini delle campagne elettorali, poi le strette di mano quando si tratta di dare supporto ad un governo genocida o di bucare le montagne devastando i territori, e quindi il manganello per reprimere chi osa contestare.
Ci pare quindi necessario trovare terreni comuni di azione tra tutte le soggettività e le persone che non si arrendono all’accettazione di uno stato violento e oppressore.
Bisogna ritrovarsi e riconoscersi tra coloro i quali mettono in campo idee e prospettive nuove, tra chi aspira ad una libertà collettiva e orizzontale e non alla libertà di sfruttare ed estrarre valore dalle persone e dai territori, tra chi sogna le fiamme e poi tanta cenere su cui costruire rapporti sociali nuovi
Solidarietà allə compagnə di Aska