Da più di un anno Maja è rinchius* nelle carceri ungheresi, estradat* e poi torturat* nel paese liberticida di cui Orban è dittatore, per il solo “crimine” di essere antifascista — crimine del quale siamo tutte, tutt* e tutti colpevol*!
Negli ultimi mesi, Maja, ha subito abusi non troppo dissimili da quelli inflitti a Ilaria Salis: catene ai piedi e alle mani, collare e guinzaglio, un processo giuridico opaco e infiltrato da un chiaro messaggio politico fascista e autoritario contro chi lotta per la libertà.
Come ultimo atto di autodeterminazione, Maja ha iniziato uno sciopero della fame, dapprima in cella d’isolamento e ora nell’ospedale carcerario ungherese al confine con la Romania.
Un mese di lotta, attraverso il proprio corpo, che ha portato le sue attuali condizioni di salute ad essere a dir poco allarmanti: drastica perdita di peso, deterioramento degli organi vitali, danni al cuore.
Riconosciamo e rimarchiamo la necessità del sostegno internazionale a tutt* l* compas e, in questo momento tragico, a Maja.
Nel nostro piccolo, vogliamo mandare un messaggio di solidarietà e rilanciamo le richieste avanzate dal padre di Maja, Wolfram Jarosch, come possibile via d’uscita dal supplizio che l* compas sta subendo:
- «In nessun caso si deve impiantare un pacemaker contro la volontà di Maja. Non sarebbe utile dal punto di vista medico, poiché la bassa frequenza cardiaca è una conseguenza diretta dello sciopero della fame.»
- «Maja non deve essere legat* al letto. Una misura del genere sarebbe crudele e priva di giustificazione medica.»
- «Il Ministero degli Esteri tedesco deve urgentemente porre fine all’isolamento carcerario e ottenere il rientro di Maja in Germania.»
- «Non devono avvenire altre estradizioni verso l’Ungheria!»
[Estratto da: Comunicato stampa congiunto di Wolfram Jarosch e del Comitato di solidarietà per lo sciopero della fame di Maja]
Pretendiamo la liberazione immediata di Maja!
Urge un fronte comune di lotta contro questa ondata fascista che, come un olezzo di roba rancida e putrefatta, si è riversata sul nostro mondo e nelle nostre città.
Non possiamo aspettarci niente da uno stato fascista – ungherese o italiano che sia – e sicuramente non ci aspettiamo una narrazione istituzionale che definisca i nazisti come un problema di libertà.
Cosa possiamo aspettarci, allora, da un tribunale in cui l’unico giudice fa anche parte dell’accusa, se non un teatrino della peggior specie?
Possiamo però essere e restare solidal*, possiamo fare tutto ciò che pensiamo sia giusto per aumentare la solidarietà in maniera esponenziale, immaginando anche nuove forme di lotta.
A Torino gridiamo da oltre trent’anni che “si parte e si torna insieme”: non è solo un coro, è una sfida vitale!
Maja non è sol*
#FreeAllAntifas
#FreeMaja