Domenica 20 Dicembre 2020
Piazza Castello
H 15
Come migranti, seconde generazioni, attivist*, solidali abbiamo deciso di scendere in piazza per chiedere giustizia in un paese razzista, che non ci considera al pari degli altri cittadini, che ci nega documenti e diritti e ci reclude quando non facciamo più comodo o quando proviamo a far sentire la nostra voce e la nostra rabbia.
A causa del Covid e di come le istituzioni hanno gestito l’emergenza sanitaria, moltissime persone quest’anno si sono ritrovate ad avere problemi con la casa, il reddito e il lavoro.
Noi, come molte e molti migranti, nostri genitori, amici e amiche, vicini di casa, compagne e compagni di lavoro e di scuola, abbiamo dovuto affrontare, oltre a questi problemi, le difficoltà legate ai documenti.
Quest’ estate a Torino l’Ufficio Immigrazione e la Questura hanno volutamente causato ritardi e disorganizzazione: ci ricordiamo le centinaia di persone, bambine e bambini compresi, in coda sotto il sole per le pratiche dei permessi, tra gli insulti e le minacce dalla polizia.
Ci ricordiamo la stanchezza e la rabbia di stare ore a farsi maltrattare senza nemmeno poter ottenere i documenti e senza la possibilità di rispondere a questi soprusi, perché rispondere vuol dire essere ricattati e probabilmente perdere il proprio posto in coda se non i documenti.
Sempre quest’estate, mentre nei campi migliaia di braccianti hanno ricevuto paghe da fame, costretti a dormire in baracche di fortuna, il Governo ha utilizzato la sanatoria come un provvedimento emergenziale, di facciata, per continuare a giustificare lo sfruttamento razzista.
Una sanatoria che ha dato documenti solo a chi serviva come forza lavoro da sfruttare. Una sanatoria che ancora una volta ci ricorda in che sistema razzista viviamo e come veniamo considerati in quanto non-italiani.
La situazione continua ad essere difficile anche per chi non ha i documenti oppure non li può rinnovare.
Il pericolo per chi viene considerato “illegale” è quello di finire al CPR e poi essere deportati, senza preavviso.
Con la riapertura delle frontiere è aumentato il numero di persone detenute all’interno dei CPR e con esso anche le violenze che la polizia infligge ai detenuti che vivono in condizioni pessime, cibo terribile, pieno di sonniferi, e quasi inesistente assistenza medica.
Lo Stato non ha fatto un passo indietro durante la pandemia rispetto la detenzione amministrativa.
Non ci sono state liberazioni collettive e i detenuti hanno continuato a vivere dentro il CPR senza alcuna tutela sanitaria. Chiudere i Cpr e liberare tutte e tutti, oggi come ieri, è l’unica soluzione percorribile.
L’attenzione al tema aumenta solo quando accade l’ennesima tragedia in mare o tra le montagne, ai confini del Paese.
Migliaia sono i migranti che cercano di attraversare i confini, che si vedono respinti da navi militari in mare o dalla polizia sui sentieri.
La pandemia ha permesso allo stato italiano di adottare misure sempre più degradanti come le navi quarantena dove centinaia di migranti vengono trattenuti e trattati come se non fossero esseri umani, sotto l’indifferente sguardo di protezione civile e croce rossa, complici di queste procedure denigranti e razziste.
In questo panorama di violenza e discriminazione diffusa e costante, le donne migranti e immigrate in Italia e nel mondo subiscono oltre il peso del razzismo anche quello del sessismo.
Patriarcato e frontiere sono ostacoli da abbattere per cambiare radicalmente la società in cui viviamo.
Garantire a tutt* il permesso di soggiorno, per liberare tutt* dal ricatto dei documenti e dalla paura.
Abbattere le frontiere militarizzate.
Chiudere i CPR e bloccare le deportazioni.
Basta con la violenza razzista della polizia