18 NOVEMBRE 2007
Dalle
17 di questo pomeriggio l’occupazione di una palazzina sita in via
Bologna cerca di costruire una risposta dal basso alla condizione
drammatica in cui versano un’ottantina di profughi provenienti dai
territori martoriati di un Africa lontana quanto profondamente percorsa
dai conflitti di una globalizzazione capitalista che – lì – si gioca
all’ultimo sangue.
17 di questo pomeriggio l’occupazione di una palazzina sita in via
Bologna cerca di costruire una risposta dal basso alla condizione
drammatica in cui versano un’ottantina di profughi provenienti dai
territori martoriati di un Africa lontana quanto profondamente percorsa
dai conflitti di una globalizzazione capitalista che – lì – si gioca
all’ultimo sangue.
Generale
80 profughi di diversa provenienza etnica,
religiosa e linguistica cercano da qualche settimana, di costruire
insieme, tra 1000 difficoltà, un pezzo di battaglia comune per la
propria dignità di essseri umani. Da oggi escono allo scoperto e
lanciano la sfida di una convivenza possibile, aspettando una risposta
dal Comune che poterbbe farsi attendere ancora per qualche tempo;
spostando la propria condizione di invisibili nello spazio pubblico
della visibilità sociale, e quindi politica.La
palazzina, un ex-caserma di vigili urbani, è già stata in passato
teatro di precedenti occupazioni, sempre sgomberate dall’efficiente
giunta Chiamparino. Oggi il sindaco di questa città, si trova di fronte
a un’azione di lotta costruita collettivamente da un gruppo di profughi
e migranti, quella che si configura come una risposta all’altezza delle
politiche securitarie con cui, da un po’ di anni, la politica
istituzionale pensa di gestire e risolvere le profonde contraddizioni
delle nostre metropoli.
L’occupazione è stata resa possibile
grazie al sostegno attivo dei centri sociali Askatasuna e Gabrio, già
costituitisi lo scorso anno in comitato di solidarietà con profughi e migranti assieme al Gruppo migranti e a molte individualità che hanno fatto propria questa battaglia.
Lo
scorso autunno, una mobilitazione collettiva costruita da questi
soggetti con 50 profughi del Darfur con l’allestimento di una tendopoli
per una settimana davanti al Comune di Torino, aveva portato
al’ottenimento di sistemazioni temporanee presso enti e associazioni
del famigerato “terzo settore”; quest’anno centri sociali, profughi e
migranti hanno pensato bene di fare da sé…EMERGENZA
scorso autunno, una mobilitazione collettiva costruita da questi
soggetti con 50 profughi del Darfur con l’allestimento di una tendopoli
per una settimana davanti al Comune di Torino, aveva portato
al’ottenimento di sistemazioni temporanee presso enti e associazioni
del famigerato “terzo settore”; quest’anno centri sociali, profughi e
migranti hanno pensato bene di fare da sé…
lunedì 19 novembre
una conferenza stampa per illustrare le finalità della lotta avrà luogo
alle ore 12.30 (di fronte alla palazzina occupata di via Bologna).
una conferenza stampa per illustrare le finalità della lotta avrà luogo
alle ore 12.30 (di fronte alla palazzina occupata di via Bologna).
Qui di seguito, il comunicato del comitato di solidarietà con profughi e migranti:
EMERGENZA
PROFUGHI
Darfur,
Etiopia, Eritrea, Somalia: zone di guerra. Territori contesi dalle
multinazionali e dalle grandi potenze che finanziano e armano le parti
in conflitto.
Etiopia, Eritrea, Somalia: zone di guerra. Territori contesi dalle
multinazionali e dalle grandi potenze che finanziano e armano le parti
in conflitto.
Il
Darfur è una regione africana posta tra il Sudan, il Ciad ed il Congo.
L’Eritrea e l’Etiopia si trovano invece a sud del Sudan, la prima
affacciata sul Mar Rosso, l’Etiopia confinante a est con l’Eritrea.
La maledizione del Darfur è la presenza di grosse quantità di petrolio
nel sottosuolo che arricchisce le multinazionali ed affama la
popolazione. Dal 2003 è in atto un sanguinoso conflitto tra le etnie
del Darfur, armate dai mercanti europei ed americani. Le organizzazioni
internazionali parlano di genocidio: 450 mila morti, 2 milioni di
profughi, che provano a fuggire da un orrore indicibile.
Darfur è una regione africana posta tra il Sudan, il Ciad ed il Congo.
L’Eritrea e l’Etiopia si trovano invece a sud del Sudan, la prima
affacciata sul Mar Rosso, l’Etiopia confinante a est con l’Eritrea.
La maledizione del Darfur è la presenza di grosse quantità di petrolio
nel sottosuolo che arricchisce le multinazionali ed affama la
popolazione. Dal 2003 è in atto un sanguinoso conflitto tra le etnie
del Darfur, armate dai mercanti europei ed americani. Le organizzazioni
internazionali parlano di genocidio: 450 mila morti, 2 milioni di
profughi, che provano a fuggire da un orrore indicibile.
La
sfortuna elle popolazioni abitanti l’Etiopia e l’Eritrea consiste
invece nell’essere ostaggio di governi dittatoriali impiegati da anni
in un reciproco e sanguinoso conflitto, armato e finanziato dalle
grosse potenze occidentali, un confitto che ha finora portato alle
popolazioni di quei territori soltanto morte e distruzione. Non molto
diversa la guerra civile che da più di un decennio insanguina la
Somalia.
sfortuna elle popolazioni abitanti l’Etiopia e l’Eritrea consiste
invece nell’essere ostaggio di governi dittatoriali impiegati da anni
in un reciproco e sanguinoso conflitto, armato e finanziato dalle
grosse potenze occidentali, un confitto che ha finora portato alle
popolazioni di quei territori soltanto morte e distruzione. Non molto
diversa la guerra civile che da più di un decennio insanguina la
Somalia.
Donne,
uomini e famiglie intere scappano da queste terre per sottrarsi ad un
triste destino di mutilazioni e morte e spesso arrivano in Europa per
cercare riparo. Qui gli viene accordato uno dei pochi diritti dei
migranti che resiste: lo status di rifugiati politici. E vengono “accolti” nella nostra terra.
uomini e famiglie intere scappano da queste terre per sottrarsi ad un
triste destino di mutilazioni e morte e spesso arrivano in Europa per
cercare riparo. Qui gli viene accordato uno dei pochi diritti dei
migranti che resiste: lo status di rifugiati politici. E vengono “accolti” nella nostra terra.
In
questi ultimi mesi sono arrivati a Torino una cinquantina di profughi
di Sudan e Darfur, scampati alla guerra e alla miseria più totale. E
sono stati “accolti”: da settimane cercano riparo – vivendo
in condizioni a dir poco disumane – in un capannone abbandonato alla
periferia di Torino, senza porte né finestre, completamente immersi
nell’immondizia. Vivendo senza generi di prima necessità, senza scarpe,
senza coperte, raccogliendo l’acqua da una bialera poco distante dal
loro accampamento. La situazione si aggrava di giorno in giorno, ed
alcuni di loro si stanno ammalando per il freddo e per le condizioni
igieniche.
questi ultimi mesi sono arrivati a Torino una cinquantina di profughi
di Sudan e Darfur, scampati alla guerra e alla miseria più totale. E
sono stati “accolti”: da settimane cercano riparo – vivendo
in condizioni a dir poco disumane – in un capannone abbandonato alla
periferia di Torino, senza porte né finestre, completamente immersi
nell’immondizia. Vivendo senza generi di prima necessità, senza scarpe,
senza coperte, raccogliendo l’acqua da una bialera poco distante dal
loro accampamento. La situazione si aggrava di giorno in giorno, ed
alcuni di loro si stanno ammalando per il freddo e per le condizioni
igieniche.
La maggior parte di questo gruppo di profughi ha ottenuto l’asilo politico e quindi ci si sarebbe aspettato che le
istituzioni si facessero carico della loro situazione, che li sostenessero nel trovare una casa e un lavoro, ma invece anche questa volta i politici locali hanno preferito far finta di non vedere, abbandonando queste persone al loro destino.
istituzioni si facessero carico della loro situazione, che li sostenessero nel trovare una casa e un lavoro, ma invece anche questa volta i politici locali hanno preferito far finta di non vedere, abbandonando queste persone al loro destino.
A
fronte di un disinteresse totale delle istituzioni, abbiamo deciso di
sostenere e supportare questa battaglia per i diritti dei profughi non
solo aprendo una vertenza profonda circa la situazione drammatica dei
richiedenti asilo; ma affrontando direttamente il problema,
conquistando ciò che dovrebbe essere un diritto costituzionale, dando
un sostegno reale a chi è costretto a vivere condizioni disumane.
fronte di un disinteresse totale delle istituzioni, abbiamo deciso di
sostenere e supportare questa battaglia per i diritti dei profughi non
solo aprendo una vertenza profonda circa la situazione drammatica dei
richiedenti asilo; ma affrontando direttamente il problema,
conquistando ciò che dovrebbe essere un diritto costituzionale, dando
un sostegno reale a chi è costretto a vivere condizioni disumane.
Per
queste ragioni abbiamo deciso di sostenere la scelta dei profughi a
mobilitarsi per richiamare l’attenzione dei media e della popolazione
locale. Per queste ragioni ancora abbiamo con loro deciso di
riappropriarci di uno spazio non utilizzato per ribadire una volta in
più che la casa non è un lusso ma un diritto di ognuno.
queste ragioni abbiamo deciso di sostenere la scelta dei profughi a
mobilitarsi per richiamare l’attenzione dei media e della popolazione
locale. Per queste ragioni ancora abbiamo con loro deciso di
riappropriarci di uno spazio non utilizzato per ribadire una volta in
più che la casa non è un lusso ma un diritto di ognuno.
Chiediamo
la solidarietà di tutta la cittadinanza per sostenere questa battaglia,
dal fondamentale apporto di beni di prima necessità (coperte, alimenti,
vestiti…) alla partecipazione attiva in questa lotta per i diritti.
la solidarietà di tutta la cittadinanza per sostenere questa battaglia,
dal fondamentale apporto di beni di prima necessità (coperte, alimenti,
vestiti…) alla partecipazione attiva in questa lotta per i diritti.
COMITATO DI SOLIDARIETA’ CON PROFUGHI E MIGRANTI
info anche su:
La rasseegna stampa di oggi, lunedì 19 novembre:La Stampa – La Repubblica