L’Italia:
– paese firmatario della Convenzione di Ginevra del 1951 sui
rifugiati, la pietra miliare del diritto internazionale dei rifugiati
– continua ad essere l’unico paese dell’Unione Europea sprovvisto di una legge organica sull’asilo, con gravi conseguenze sulla condizione di rifugiati, titolari di protezione umanitaria e richiedenti asilo.
Intanto nel 2008 sono state presentate circa 30mila domande di asilo politico (circa il 50% ha avuto riconosciuta una forma di protezione), un numero che ha portato l’Italia ad essere il quarto paese al mondo per numero di richieste, a fronte di un sistema SPRAR(il programma di assistenza decentrato per i richiedenti asilo) che garantisce 6000 posti ogni anno (3000 circa ogni 6 mesi, che è l’effettiva durata di un progetto).
Basterebbero questi dati a mettere in luce un sistema assolutamente inefficiente a livello nazionale, influenzato anche da alcune normative internazionali come la convenzione di Dublino, che legano il rifugiato al Paese nel quale ha presentato la domanda: per molti e molte rifugiat* l’Italia sarebbe semplicemente un passaggio verso altri paesi europei.
Unitamente a tutto questo ci sono poi le grandissime responsabilità dei livelli di governance locale, incapaci di garantire i diritti minimi di cittadinanza: a Milano la risposta è stata la repressione e la marginalizzazione dei bisogni espressi con l’occupazione di Bruzzano;
a Torino prima i giochi da politicanti di palazzo della giunta
(Assessore alle politiche Sociali -Marco Borgione- in testa) e della Prefettura tutti volti a schivare le proprie responsabilità reali e poi la violenza e le intimidazioni delle forze dell’ordine.
E così ogni volta che l’esasperazione, la stanchezza, le speranze deluse e soprattutto la rabbia porta giovani rifugiat* ad alzare la testa, rompendo quell’aura di compatibilità in cui il senso politico comune li vorrebbe confinati, i media parlano del "caso", scoprono che per stare in mezzo ad una strada senza alcun diritto riconosciuto un immigrato non deve per forza essere un clandestino e le istituzioni nazionali e locali dimostrano tutta la loro ipocrisia condita da un misto di non-volontà ed incapacità di dare risposte concrete ai bisogni essenziali che questi uomini e queste donne pongono.
Non ci interessa distinguere tra chi ha un documento e chi invece no, consapevoli che la crisi e il razzismo delle istituzioni colpiscono tutti e tutte allo stesso modo, e il permesso di soggiorno o l’asilo politico rappresentano esclusivamente dei diritti di carta.
Vediamo nel momento di piazza del 23/5 a Milano un primo possibile passaggio di ricomposizione delle istanze di lotta e liberazione dal razzismo e dallo sfruttamento verso i migranti. Dentro questo corteo, vogliamo però provare a costruire uno spezzone che provi a tenere insieme, a far parlare nelle diverse lingue d’origine uomini e donne rifugiati, protagonisti di diverse lotte sui territori che però parlano tutte lo stesso linguaggio, che è quello di una dignità negata che vuole emergere con tutta la sua forza.
CASA LAVORO RESIDENZA
CONTRO IL PACCHETTO SICUREZZA
CONTRO LA NUOVA POLITICA GOVERNATIVA DEI RESPINGIMENTI IN MARE
CONTRO IL RAZZISMO
PER I DIRITTI DI CITTADINANZA
PER LA SOLIDARIETÀ ATTIVA CON LE LOTTE DI MIGRANTI E RIFUGIAT*