Questo è stato il periodo delle scadenze e dei rinnovi degli appalti di gestione dei Centri di Permaneza e Rimpatrio, in più parti d’Italia.
Da qualche giorno abbiamo la conferma di chi sarà l’ennesimo complice della violenza razzista di stato nel CPR di Torino,la multinazionale Ors tramite l’appendice italiana ORS Italia srl .
Cambio di guardia che detta una continuità con quanto accaduto fin ora, le grandi aziende continuano il loro Monopoly giocato sulla vite dei e delle migranti, si scambiano i lotti, ma i protagonisti sono sempre gli stessi.
A Macomer, ORS Lascia il posto a Ekene Cooperativa Sociale Onlus, già gestore del CPR di Gradisca d’Isonzo (GO), e già nota per la mala gestione del centro. Ors Italia ha deciso di lasciare il “poco appetitoso” bando di Macomer (NU) da 50 posti per dirigersi in due deportation camp decisamente più ricchi: Ponte Galeria (Roma), vinto a dicembre 2021 per un importo di circa 9 milioni di euro, e Torino, la cui proposta è stata giudicata la migliore e ancora da convalidare.
Chi è ORS? ORS Italia srl è una società affiliata al Gruppo ORS con sede a Zurigo e attiva in Svizzera, Germania e Austria. Il gruppo, fondato nel 1992 dall’ex general manager di Adecco, dopo una serie di operazioni finanziarie speculative volte a rivalutare la società e liquidarla, è stato acquisito nel 2013 da un fondo di private equity controllato dalla londinese Equistone Partners, costola della banca Barclays.
Pochi anni dopo, ORS Italia SRL viene registrata con un capitale sociale di soli 10 mila euro e 13 dipendenti (1 impiegato e 12 operai). Appena costituita, si accaparra la gestione del CPR di Macomer con una procedura di assegnazione tutt’altro che limpida. L’affidamento per 12 mesi vale poco più di mezzo milione di euro per 50 ospiti. Il Ministero dell’Interno assegna la gestione alla multinazionale svizzera, grazie anche all’offerta con ribasso del 3%, cifra che ORS Italia ha recuperato in poco tempo. Infatti il 5 maggio 2020 riceve un incremento di circa 67 mila euro per “aumento prestazioni”, mentre il 5 marzo 2020 ottiene dalla prefettura di Cagliari con procedura d’urgenza la gestione del CAS e del CPA di Monastir (CA) per 1 milione e 245 mila euro.
A questi si aggiunge l’affidamento di Casa Malala di Trieste, struttura di prima accoglienza, che ORS Italia si aggiudica a settembre 2020 con un ribasso del 14% sulla base d’asta di quasi 800 mila euro. Tale ribasso, reputato “anomalo”, comporterà lo stop “da parte della Prefettura, per dubbi sulla qualità dei servizi”. Come azienda privata, oltre a coprire i costi, è necessario garantire un utile, ma pare evidente che ORS Italia abbia deciso di imporsi sul mercato italiano in modo aggressivo, vista la potenza economica che la sostiene. Ma le ombre su ORS non si limitano alle speculazioni finanziarie e non che costellano la vita del Gruppo: alcune inchieste hanno mostrato che, insieme ai manager che si succedono in base agli andamenti di mercato, esiste un intreccio tra politica e finanza. Da una parte grandi investitori istituzionali come i fondi pensionistici americani e l’agenzia governativa di previdenza sociale dell’Arabia Saudita, dall’altra esponenti politici svizzeri e austriaci di un certo livello. Il gruppo ORS è stato accusato più volte da associazioni umanitarie di gravi condizioni di degrado nei diversi centri gestiti in Austria e in Svizzera e di violazione dei diritti umani.
A Macomer la situazione non è stata diversa; nonostante il vuoto mediatico e le difficoltà delle e dei solidali a mettersi in contatto con i reclusi, sono emersi casi di mancanza di cure adeguate e violazione dei diritti umani. Alcuni testimoni confermano la situazione di disagio e indifferenza che vige all’interno del Centro: “per qualsiasi problema sanitario, anche grave, viene somministrata una tachipirina”. Dopo pochi mesi dall’apertura, un uomo ha deciso di cucirsi la bocca con ago e filo e in risposta alla sua disperata protesta è stato violentemente trascinato per terra fino all’infermeria, fomentando la solidarietà dei compagni detenuti.
Un film già visto anche qui a Torino, anche se finalmente Gepsa sembra lasciare l’Italia, forse la casa madre Engi ha deciso di muoversi diversamente dopo essere finita al centro dell’attenzione mediatica per la gestione costellata di violenza e PeR la morte di Mousa Balde lo scorso anno. Ma non solo, noi non dimentichiamo che Baldè è il secondo morto nel giro di due anni. Ebbene spesso i mass media dimenticano che nel 2019 in quello stesso ospedaletto è morta un’altra persona. Faisal Hossein, 32 anni originario del Bangladesh lasciato a morire da solo, ma per la magistratura non ci sono responsabili e il caso viene archiviato,come tanti.
Chiunque continuerà a gestire questo e altri CPR sarà ritenuto complice di disumanità.
Per Faisal, Moussa, Vakhtang, Abdel Latif e tutti coloro che hanno perso la vita o hanno dovuto subire le violenze in questi lager di merda, contiueremo a lottare!
Libertà per tutti e tutte!