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L’ex clinica San Paolo è stata svuotata; “Casa Bianca” (così
i/le rifugiat* che ci abitano hanno deciso di chiamare il secondo edificio
occupato a fianco dell’ex ospedale privato di corso Peschiera) ha deciso di
organizzarsi per resistere e nella giornata di ieri non è stata toccata.
Nella brevità più assoluta è questa la conclusione della lunghissima giornata
di ieri. Una giornata iniziata alle otto del mattino con l’inizio del presidio
organizzato dal Comitato di Solidarietà, e finita alle undici di ieri sera con
i sorrisi e i saluti dai balconi di quei rifugiati e quelle rifugiate che alla
faccia delle dichiarazioni di guerra della Prefettura e del Comune fatte nei
giorni scorsi, questa notte l’hanno passata ancora una volta sotto il tetto
conquistato e difeso negli ultimi dieci mesi.
In molti tra i/le rifugiat* dell’ex clinica hanno deciso di accettare le
soluzioni temporanee proposte dalle istituzioni, l’ex caserma di via Asti e il
campo della Croce Rossa di Settimo Torinese. Non vogliamo ancora una volta
dilungarci sulle valutazioni politiche di queste due “offerte” istituzionali,
ma ci preme ancora una volta mandare un caloroso abbraccio a quanti sono
partiti, e far arrivare al Comune e alla Prefettura la garanzia che
continueranno ad avere il nostro fiato sul collo fino a quando le “soluzioni”
per i rifugiati e le rifugiate nella città di Torino non avranno
caratteristiche strutturali e reali sul piano dei diritti di cittadinanza e non
invece emergenziali e temporanee.
Quello che vogliamo ribadire è che senza i quasi tre anni di lotta a Torino, le
istituzioni non avrebbero fatto neppure la millesima parte del quasi nulla che
hanno offerto ai rifugiati. Tre anni fa gli stessi assessori che ieri hanno
portato le loro facce da culo davanti a corso Peschiera per le foto di rito,
dicevano che il sistema di accoglienza cittadino era ampiamente sufficiente e
non era possibile migliorarlo data la scarsità di risorse economiche; la Prefettura ha sempre
preferito far finta che il problema non esistesse, tanto centinaia di rifugiati
ammucchiati in fabbriconi dismessi alla periferia di Torino erano troppo
invisibili per essere considerati un problema per i salotti cittadini. Poi con
l’inizio dell’occupazione di via Bologna, quello che era invisibile ha preso un
corpo e una voce iniziando a rivendicare diritti fondamentali come la casa, il
lavoro e la residenza. Quindi l’occupazione dell’ex clinica, stabile
abbandonato da dieci
anni al suo destino e di proprietà di un losco figuro della sanità privata
piemontese con buone entrature nella politica torinese ha iniziato a produrre
scosse sempre più profonde sullo scenario politico cittadino, scosse che hanno
messo con le spalle al muro quanti volevano sottrarsi alle proprie responsabilità
politiche obbligando le istituzioni a farsi carico (in maniera provvisoria e
non definitiva per quanto riguarda i diritti -ne siamo ben consapevoli) di 360
persone!
Ma ancora non è finita! Le istituzioni appaiono oggi sorridenti e distese sui
quotidiani, impegnate a dirsi reciprocamente quanto sono stati bravi tutti e
quanto tutto è andato bene, ma le rivendicazioni politiche restano, e restano
l’occupazione di via Bologna e soprattutto resta “Casa Bianca” con la sua
voglia di resistere.
Alle nostre sorelle e ai nostri fratelli che ieri hanno deciso di non lasciare
l’occupazione, per continuare a lottare per i diritti per tutte e tutti senza
accontentarsi dell’assistenzialismo emergenziale offerto dalle istituzioni, va
la nostra stima e la garanzia di continuare insieme la lotta che hanno deciso
di non mollare, consapevoli che se l’occupazione resiste ancora è solo grazie
alla determinazione mostrata ieri rifiutandosi di uscire! Invitiamo tutte e
tutti a rimanere mobilitati per la difesa di “Casa Bianca”, e a continuare a
praticare la solidarietà attiva nei confronti dei/delle rifugiat*e migranti che
quotidianamente resistono al razzismo e alla violenza della politica ufficiale.
Comitato di Solidarietà con Rifugiat* e Migranti