Caricare persone pacifiche?
A Vicenza si può: cronaca dei pestaggi.
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Un sit in pacifico, con donne e uomini, giovani e anziani, sgomberato a manganellate: calci, pugni, le donne alzate da terra per i capelli. Un poliziotto che infila le mani nelle tasche di un manifestante sdraiato, gli sfila le chiavi dell’auto e se le infila nel taschino della giubba. Manganellate sulla siepe di recinzione della proprietà privata all’interno della quale si rifugiano i manifestanti, nel tentativo di colpire qualche altra testa, dopo aver fatto già una ventina di feriti.
Il pretesto a tutto ciò è un po’ di cemento a presa rapida per rinforzare e rendere sicura la base della torretta che lo stesso Questore aveva concordato verbalmente; Giovanni Sarlo, infatti, nell’incontro con alcuni presidianti precedente alla manifestazione aveva assicurato moderazione: non mi piacerebbe picchiare una signora di sessant’anni, aveva detto, garantendo poi che la torretta poteva essere realizzata, ma dall’altra parte della strada. Ma il Questore non è un uomo di parola (qualcuno potrebbe dire che non è un uomo d’onore) e le signore di sessant’anni le ha fatte picchiare e tirare per i capelli. E, del resto, nell’incontro aveva anche precisato che a Vicenza è stato mandato per un motivo ben preciso. E, difatti, a Vicenza è stato mandato per fare quello che gli riesce meglio: il violento che, con l’uso della forza, reprime la democrazia.
Quella di ieri è stata una trappola, ben studiata e costruita con l’inganno; prima un’inspiegabile blocco del corteo, quando la Questura non aveva emesso alcuna prescrizione al percorso richiesto dal Presidio Permanente. Poi, dopo mezzora di calma apparente, l’improvvisa decisione di sgomberare il sit in per demolire la erigenda torretta. I poliziotti, con i quali fino a pochi minuti prima anziani e donne chiacchieravano, cambiano improvvisamente volto; «ti ammazzo, sporco pacifista», scandisce uno rivolto ad un anziato. La prima fila di manifestanti seduti viene presa a calci; anfibiate sugli stinchi, poi direttamente sulle pance o sui volti. In sei vengono portati via di peso, uno dei quali, dopo essere stato scaricato a terra senza troppi complimenti, viene preso a calci da cinque agenti. Finiranno tutti e sei in Pronto Soccorso con traumi alla schiena, al collo, alla testa. La seconda carica, altrettanto violenta, un’ora dopo; questa volta, ad essere feriti, una quindicina di persone che dovranno ricorrere alle cure ospedaliere.
I video realizzati dagli operatori del movimento e dalla stampa raccontano una storia chiara ed inequivocabile; un’aggressione a freddo contro cittadini inermi, voluta esplicitamente dalla Questura vicentina per cambiare la storia della città di Vicenza. «Qualcuno, a tutti i livelli, vuol sabotare la consultazione popolare», ha dichiarato nel pomeriggio il Sindaco Variati; ed è evidente che tra i sabotatori c’è Giovanni Sarlo il quale, d’accordo col Ministro degli Interni, ha disatteso gli accordi pattuiti e fatto picchiare i manifestanti. La dignità di Vicenza calpestata dagli scarponi chiodati non solo dell’esercito statunitense, ma anche della polizia italiana, brutale come mai si era vista nella città berica.
Cambia tutto, dunque. Perché è chiaro che, d’ora in poi, ogni occasione sarà utile al Questore per inscenare una nuova aggressione. Vuole instaurare un clima di paura in città, far sapere alle donne e agli uomini di Vicenza che, se si opporranno alla realizzazione della nuova base statunitense, saranno picchiati, fermati, tenuti per ore in Questura. E’ il regime dell’imposizione, del resto, che già abbiamo visto all’opera in Val di Susa e a Chiaiano.
Hanno caricato perché vogliono aprire i cantieri; e la realizzazione della torretta avrebbe compromesso il segreto con il quale vogliono far entrare nel Dal Molin le attrezzature e i macchinari necessari. Hanno caricato perché vogliono chiudere la partita con la città berica, calpestando la consultazione popolare ed imponendo una soluzione di forza. Hanno caricato, ma non ci hanno scoraggiato: noi vogliamo impedire la costruzione della nuova installazione militare statunitense. Per questo, sabato 13 settembre, daremo vita ad una nuova manifestazione contro la nuova base statunitense all Dal Molin. Obiettivo, un sopralluogo collettivo per assicurarci che i lavori non siano iniziati.