Non finisce qui, ancora non è finita: In strada, nelle piazze “I Love Gabrio”.

550096_4830287479953_1846227548_nEstate 2012. In maniera del tutto casuale si viene a conoscenza che il Comune ha stanziato 500.000 euro per la “bonifica degli stabili in via Revello 3 e 5”. Quegli indirizzi, da 18 anni, ospitano il CSOA Gabrio, il Centro Sociale di Zona San Paolo.

La bonifica è necessaria per rimuovere l’amianto, la bonifica in questa situazione e con quel finanziamento significa l’abbattimento degli immobili. Significa, evidentemente, lo sgombero del Gabrio.

Gli/le occupant* hanno provato più volte negli anni ad interrogare le istituzioni sul problema amianto, senza ottenere alcuna risposta sensata. Gli/le occupant* sono intervenuti per limitare il disperdersi delle polveri pericolose con lavori sui tetti degli stabili, preoccupati, loro sì, della salute di chi frequenta il Centro e di chi abita nella zona. Ma ecco che ora il Comune si sveglia e si accorge che la salute dei cittadini è in pericolo. Come se la città non fosse piena di manufatti in amianto, altrettanto se non più pericolosi. Come se il Comune, che fa poco o niente per risolvere la questione delle polveri sottili legata all’inquinamento atmosferico, fosse realmente interessato alla salute dei cittadini.

Ecco, con queste premesse e con un probabile sgombero sulla testa, gli/le occupant* del Gabrio decidono di muoversi, di far conoscere la situazione, di porre fortemente all’attenzione di tutt* la loro posizione.

Nasce la campagna I love Gabrio

LA CAMPAGNA

La questione è principalmente politica. Con questa convinzione a settembre 2012 viene lanciata la campagna I love Gabrio. Amianto per nessuno Gabrio per tutt*,. Siamo infatti certi che dietro le “nobili” (e tardive) motivazioni del Comune per intervenire in via Revello vi sia principalmente la volontà di far tacere una voce scomoda del panorama politico torinese. Probabilmente non par vero a Fassino e al suo assessore Passoni che finalmente vi sia la possibilità di eliminare il Gabrio con una motivazione sostanzialmente inattaccabile. Tutto ciò ci appare paradossale. Per questo decidiamo di denunciare pubblicamente l’atteggiamento omertoso del Comune nei nostri confronti smascherando tutte le sue lacune. Questo è lo spirito con il quale viene lanciata la campagna, che chiede sì la bonifica e il rispetto per il diritto alla salute (e ci mancherebbe, siamo i primi interessati e gli unici che hanno fatto qualcosa) ma chiede anche che vengano preservate la vita e le innumerevoli attività del Centro, vita ed attività che lo hanno reso elemento riconosciuto e consolidato nello scenario torinese.

Per settimane, il sabato, viene allestito un punto informativo presso il mercato di corso Racconigi con lo scopo di informare la popolazione del quartiere sulla situazione e di pubblicizzare maggiormente le attività del Centro. Con performance, spettacoli e volantini si cerca di districare la nebbia che il Comune vorrebbe che aleggiasse sulla questione.

Parte una raccolta firme perché si preservi la storia del Centro: in poco tempo ne vengono raccolte migliaia, da quelle degli artisti che ne hanno solcato il palco a quelle di semplici fruitori del bar del Gabrio. Un risultato che non giunge inaspettato perché siamo certi di essere un elemento ormai significativo della città.

Poi, ancora, passaggi sui network di movimento, comunicati ed appelli che viaggiano nell’etere e sui siti ad aggiornare con precisione l’evolversi della situazione. Adesivi che riempiono il quartiere e manifesti.

E poi la strada, il nostro elemento base, il territorio. Perché se la prospettiva per noi non è tra le più rosee, ciò non significa rinunciare alle nostre istanze, al nostro agire, al nostro essere elemento conflittuale non conciliante. Quale migliore occasione di un possibile sgombero per rilanciare le nostre pratiche?

IN STRADA, NELLE PIAZZE

Il 6 ottobre lanciamo una critical mass per le strade del nostro quartiere, San Paolo. Centinaia di biciclette reclamano il diritto ad un modo nuovo di vivere la strada. Vengono toccate lungo il percorso le occupazioni abitative della zona, si fanno interventi pubblici di informazione e denuncia. Ed il 6 ottobre nasce la 5° occupazione abitativa in San Paolo, via Frejus 103 bis. Palazzina vuota da anni che diviene dimora di una decina di nuclei familiari sotto sfratto. È la degna conclusione della giornata. Perché alla crisi bisogna rispondere, perché per la crisi non si deve soccombere. Perché sui bisogni non si può tentennare. E noi sappiamo da che parte stare.

Il 20 ottobre è il giorno del corteo di zona. Più di un migliaio di persone attraversano San Paolo per dimostrare solidarietà attiva al Gabrio ed opporsi ad un’eventuale sgombero. Sono presenti le varie realtà occupate della città, compagn* da fuori Torino e, soprattutto, gli abitanti del quartiere. In un clima festoso si attraversano le strade e le vie dove fu ucciso il partigiano Dante Di Nanni. Ed ancora una volta decidiamo di rendere la giornata più interessante. A conclusione del corteo viene occupata l’area ex-Diatto, struttura posta nell’isolato del Gabrio. La sera centinaia di persone parteciperanno al concerto in solidarietà con i condannati per il G-8 di Genova. La mattina l’area verrà lasciata. Lo striscione “A Fassino sono cari solo banche e palazzinari” rimarrà a presidiare l’area, a ricordare quali sono gli attori in campo.

Ma l’occupazione dell’ex-Diatto non ha solo un valore simbolico. Siamo convinti infatti che i progetti su questa vecchia fabbrica siano strettamente connessi con le ipotesi di sgombero del Gabrio.

EX-DIATTO

L’area ex-Diatto, di proprietà del Comune, dovrebbe essere investita a breve da una gigantesca speculazione edilizia. Il Fondo Città di Torino, società partecipata del Comune, in collaborazione con la società Prelios (leggasi: Pirelli) e con la banca Intesa San Paolo, ha in programma di costruire decine di alloggi (di cui solo un 10% di edilizia convenzionata, ma non di edilizia popolare) ed una galleria commerciale. Le ennesime realizzazioni di cubatura in una città piena di alloggi vuoti; gli ennesimi esercizi commerciali in una zona con un mercato rionale che già deve difendersi dalla grande distribuzione.

Insomma, una speculazione bella e buona che ha avuto tutti gli avalli politici necessari, sia dal Comune sia dalla Circoscrizione 3. Ma la connessione tra la politica torinese, ed in particolare il PD, con speculatori e banche non è una novità e non stupisce più, come la parabola dell’ex sindaco Chiamparino ha mostrato. Questa città preferisce intavolare buone relazioni con gli artefici della crisi, preferisce svendere o regalare patrimonio pubblico piuttosto che affrontare le reali esigenze della cittadinanza, bloccare gli sfratti, preservare i servizi sociali e pagare chi vi lavora, salvare gli asili dall’assalto del mercato. La sinistra alla Fassino è quanto di peggiore la città possa provare, perché in nome di una tradizione ormai morta e sepolta riesce a regalare a banche e finanziarie varie intere fette di territorio e servizi.

Ovviamente gli abitanti di Zona San Paolo non sono stati minimamente coinvolti in questa scelta, probabilmente molti non sanno niente, altri hanno avuto ragguagli ed informazioni solo grazie all’opera dei/delle compagn* del Gabrio. E probabilmente, se coinvolti, avrebbero detto no ad uno scempio del genere. Sono forse necessarie nuove case? Sono forse necessari nuovi negozi? Non sarebbe, per esempio più utile un giardino, una biblioteca, uno spazio dove incontrarsi? Non sarebbe meglio che l’area mantenesse la sua dimensione pubblica invece di essere privatizzata per il guadagno dei soliti? Fassino la risposta l’ha data, e pure chiara. Noi, in maniera naturale, siamo dalla parte opposta.

Lo abbiamo ribadito il 18 novembre, rientrando nel fabbricato e promuovendo il II mercatino delle autoproduzioni agricole, un modo per mostrare come sia possibile un utilizzo che ponga al centro la fruibilità e la dimensione collettiva dell’area. Decine di persone hanno girato tra le bancarelle dei produttori legati al movimento Genuino e Clandestino ed hanno poi partecipato all’assemblea serale sulle manovre finanziarie, e non solo, nella nostra città.

Questa speculazione però mette sotto una nuova luce il possibile sgombero del Gabrio. Perché, a fronte di un intervento edilizio di questa portata la vicinanza del Centro sarebbe scomoda. Come vendere alloggi e fare guadagni con cotanti vicini? Non sarebbe un’operazione già deprezzata in partenza? E poi, non è che la bonifica al Gabrio può essere fatta con i soldi che provengono dagli oneri della ex-Diatto perché, in realtà, soldi non ce ne sono?

Insomma, non è che l’amianto è solo una scusa per preservare un investimento di tale portata? Noi siamo convinti sia così, la salute è solo il paravento dietro il quale il Comune nasconde le sue vere intenzioni.

IL COMUNE

Intanto il Comune che fa? Il Comune parla solo attraverso i suoi atti burocratici. I primi affermavano che l’inizio lavori sarebbe avvenuto a gennaio 2013. Ipotesi ottimistica ma poco veritiera visto che, ad oggi, non è avvenuto niente. In realtà col tempo la posizione è mutata. L’assessore Passoni ha affermato che la “riconsegna” dell’immobile (condizione per far partire appalto e lavori) deve avvenire nella primavera 2013. Con l’accordo delle/degli occupant* o con la forza pubblica. Sai che notizia! Nessuno ha provato però a contattarci, non che la cosa ci rammarichi, ma forse qualcuno di noi due paroline a Passoni vorrebbe dirle…

Intanto lui ha risposto ad una serie di interpellanze dei razzisti della Lega sullo sgombero del Gabrio. Per certi versi spassose le stupidaggini del leghista Ricca sulla presenza della microclinica al Centro. Ma indicative di un modo di vedere la città, nella quale gli ultimi vengono espulsi e non hanno diritto a niente, neanche all’assistenza sanitaria. Ma a questi razzisti abbiamo già risposto un paio di anni fa in piazza Castello… il problema è che questa visione è ormai fatta propria dalla giunta Fassino, votata sempre più alla soppressione delle voci critiche e a prendere le parti dei più forti.

Siamo arrivati a gennaio 2013. Il Gabrio rimane sotto sgombero, la questione amianto è sempre più impellente, ogni giorni vengono alla luce edifici pubblici che ne sono zeppi. Ma chi dovrebbe intervenire latita.

La solidarietà nei nostri confronti è sempre più manifesta e tangibile. Noi non stiamo con le mani in mano aspettando l’evolversi degli eventi. Lo abbiamo dimostrato in questi mesi, non sarà la spada di Damocle di uno sgombero a far venire meno la nostra voglia di essere soggetto antagonista e critico.

Ci siamo mossi mettendo in campo le nostre pratiche ed obiettivi.

Agiremo ancora.