Chiamiamola con il suo nome. Chiamiamola vendetta.

Italy Train ProtestDue secoli di carcere. È questa la richiesta dei PM a carico degli attivisti NO TAV imputati per gli episodi del 27 giugno e del 3 luglio 2011. Richieste spropositate (fino a 6 anni) in un processo da subito connotato per il suo carattere persecutorio, per la scelta del luogo di dibattimento (l’aula bunker), per i continui attacchi ai diritti delle difese, per l’arroganza e supponenza mostrata dall’accusa e per il suo uso spregiudicato di test e prove.

Un processo che si è subito connotato come politico, volto a perseguire la ragion d’essere dello stesso movimento, escludendo con prepotenza il contesto e le vicende entro le quali quelle due giornate dell’estate 2011 si svolsero.

Un processo politico, incentrato su alcuni comportamenti degli attivisti ma completamente accomodante nei confronti dell’agire spropositato delle FFOO.

Un processo politico, con PM che danno lezioni di moralità, consigliando il “darsi fuoco” come atto di disobbedienza e arrivando quasi all’insulto nel tratteggiare gli imputati, “nemici” da colpire anche nella loro umanità.

Purtroppo tutto ciò lo aspettavamo, troppi i segnali che andavano verso una direzione, troppo forte la voglia di regolare i conti con il movimento NO TAV, troppo forte il desiderio di ricondurlo esclusivamente a fatto criminale. D’altronde le centinaia di procedimenti aperti in questi anni contro i NO TAV da parte della procura di Torino dimostrano una scelta che va ben al di là degli episodi, dimostrano la delega alla magistratura nel risolvere i problemi di ordine sociale, economico, ecologico. Delega che si concretizza in denunce, arresti, ipotesi di reato abnormi (il terrorismo), richieste di centinaia di anni di carcere.

Perché si viene perseguiti non per quello che si fa, ma per quello che si è, perché si svelano le magagne dietro le grandi opere, perché si cerca di difendere il proprio territorio, perché ci si oppone alle speculazioni. E così la procura non è soggetto terzo ma parte integrante di un sistema di sopraffazione.

La sentenza arriverà fra qualche mese e siamo certi che la rabbia per questa pseudo giustizia lascerà spazio al desiderio di continuare la lotta perché consapevoli di essere dalla parte giusta.

Come siamo consapevoli che, appunto, non siamo di fronte all’esercizio di giustizia. Chiamiamola con il suo nome. Chiamiamola vendetta.

Un commento su “Chiamiamola con il suo nome. Chiamiamola vendetta.”

  1. Buongiorno VI SCRIVO PER INFORMARVI DELLO SCIOPERO DEL 24 OTTOBRE IL 24 ottobre ci sarà una manifestazione (corteo con presidio finale) ore 9,30 piazza albarello Saranno contattate altre realtà organizzate per invitarle a partecipare alla manifestazione e a tal fine ho inoltrato lettere di invito. nessun giornale ne’ parla

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