In tutta Europa crescono le formazioni di estrema destra che mescolano populismo, nazionalismo e neonazismo dichiarato. La crisi economica i cui costi vengono sistematicamente riversati sulle classi subalterne facilita l’attecchimento di parole d’ordine che individuano un nemico cui attribuire tutte le colpe: rom, musulmani e stranieri in genere, o chi viene in qualche modo percepito come diverso, estraneo.
In Italia l’estrema destra e la destra istituzionale hanno denominatori comuni politici e culturali: dal rifiuto della società meticcia alla xenofobia violenta, dalla concezione patriarcale del rapporto uomo-donna, alla stigmatizzazione violenta dell’omosessualità. Comune a tutte queste destre è il tentativo di legittimarsi affermando ormai un presunto superamento dell’antifascismo. D’altronde i neo-fascisti hanno vita facile nel vendere le loro bugie; negli ultimi vent’anni abbiamo guardato con disgusto autorevoli esponenti del centro-sinistra fare a gara tra sdoganamenti dei “ragazzi di Salò” e sproloqui a proposito di “pacificazione” o di “ragioni dei vinti”. Tutti tentativi mirati a svuotare il 25 aprile e la lotta di Resistenza e Liberazione dal suo significato più vero e profondo.
L’operazione di mistificazione e svuotamento del 25 aprile, del trasformarlo in una ricorrenza retorica e sempre più lontana non è avvenuta per caso.
E non è per caso che proprio nei momenti di povertà, di crisi, fascisti e razzisti hanno terreno più fertile per seminare odio e xenofobia. Perchè l’odio e la xenofobia sono i grimaldelli sociali attraverso i quali chi detiene il potere opera una divisione tra i tanti che oltre a essere lontani (e schiacciati) dal potere non hanno neanche i soldi per arrivare a fine mese, sgretolando in interessi particolari la forza che sta nel percepirsi come tutti uguali, tutti privati di diritti e libertà, tutti e tutte con un nemico chiaro nelle istituzioni e nella grande classe imprenditoriale del Paese. Sono infatti questi i responsabili della crisi e delle politiche di sacrificio che subiamo ogni giorno. E il neo-fascismo sdoganato e con ben più di un piede nelle istituzioni è strettamente funzionale a questo meccanismo di divisione.
In questo contesto si verificano inoltre alleanze come quella a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi tra i neo-fascisti di Casa Pound e la Lega Nord, che probabilmente non si può definire neo-fascista in senso stretto, ma che evidentemente condivide con le organizzazioni neo-fasciste un razzismo strutturale, più volte palesato in dichiarazioni pubbliche da autorevoli dirigenti leghisti, e non solo. Perchè oggi il fascismo ha molte facce, alcune esibite senza vergogna, altre celate, ma tutte legate dalla stessa logica.
Nella nostra città assistiamo ad esempio da anni ad una vera e propria emergenza per quanto riguarda gli sfratti per morosità. Lo dicono le cifre, a Torino ci sono oltre 4mila sfratti ogni anno. Le destre xenofobe e neo-fasciste cittadine sono a vario modo impegnate in campagne (politiche e in un paio di occupazioni di famiglie “solo italiane”) sul terreno del diritto alla casa. Il punto d’unione è però proprio quello della divisione, dell’agitare parole d’ordine come “prima gli italiani”, uno slogan che può suonare accattivante per chi vive magari un senso di impotenza e frustrazione rispetto all’emergenza abitativa, ma che nei fatti è solo fumo negli occhi per far distogliere lo sguardo dai veri responsabili. La Lega Nord che dice “la casa prima agli italiani” ha governato la Regione Piemonte recentemente con Cota. Durante il suo governo regionale la Lega ha agito in perfetta coerenza con chi aveva varato il piano casa regionale (la giunta Bresso), continuando a regalare soldi pubblici ai privati attraverso i canali del social housing, e facendo gli interessi dei costruttori, che costruiscono case dai prezzi inaccessibili a chi vive l’urgenza dello sfratto e del disagio abitativo. Fratelli d’Italia, quelli delle occupazioni abitative “solo per gli italiani”, quelli che dalla Regione appunto al Comune hanno poltrone un po’ ovunque. Fascisti in doppio petto che agiscono in base a logiche clientelari di una politica dal retrogusto mafioso, che agitano una questione sociale per costruirsi un piccolo bacino di consenso che gli consenta di continuare a frequentare le istituzioni, con i benefici economici e sociali che questo implica.
E le questioni economiche sono importanti per tutti, specie di questi tempi, e la destra razzista e xenofoba non fa eccezione. Non è per caso che i fascisti del terzo millennio che si spacciano contro l’Europa delle banche finiscano poi a fare i portaborse di europarlamentari leghisti come l’onorevole Buonanno che annovera nel suo staff un noto esponente di Casa Pound Piemonte.
Certo non è un caso neppure il vergognoso intreccio di politica tangenti e malavita svelato da Mafia Capitale: politici e cooperative del terzo settore vicini al centro-sinistra (gli sdoganatori) a braccetto con politici di centro-destra e affaristi legati agli ambienti del neo-fascismo romano (gli sdoganati) e alla malavita. A farne le spese tutti noi. Gli stessi che agitano lo scandalo dei 35euro giornalieri dati ai rifugiati, fanno finta di dimenticare che se va bene ai rifugiati ne arrivano 2,50, e tutto il resto si ferma per strada ad ingrassare cooperative e associazioni farabutte e enti inutili, in una chiusa spirale clientelare. Mentono sapendo di mentire. Come se il problema non fossero loro ma i migranti, chi prende la via del mare rischiando la vita alla ricerca di diritti e di dignità, chi è costretto dalla legge ad essere sempre clandestino, senza diritti, obbligato a lavorare in nero per pochi spiccioli o per niente, sotto ricatto continuo, sotto la continua minaccia della reclusione nei CIE o della deportazione, e viene indicato come il nemico, l’obiettivo debole da colpire, il più facile da individuare, nella migliore memoria fascista.
Anche quando si parla di lavoro sono di nuovo i politicanti e i loro alleati in camicia nera a dividere e ad agitare gli slogan xenofobi. Il lavoro non manca perchè lo rubano gli immigrati ma perchè centro-destra e centro-sinistra hanno gestito in perfetta coerenza le leggi e le riforme che si sono susseguite sul mercato del lavoro fino all’attuale Jobs act. Assolutamente fedeli ai voleri della Confindustria, dei grandi imprenditori, dei padroni.
Esistono molti fascismi al di là del fascismo storicamente connotato, sconfitto 70 anni fa dalla resistenza partigiana. Oggi i fascisti siedono nelle istituzioni e tanti, troppi esponenti della cosiddetta sinistra ci vanno a braccetto. Ma agiscono anche nelle strade: i fascisti con le braccia tese nel saluto romano, quelli delle squadracce e degli agguati (come quello che ha lasciato in fin di vita Emilio a Cremona), quelli che hanno assassinato Modou e Mor a Firenze solo perché migranti, quelli che hanno ammazzato Dax una notte di 12 anni fa a Milano. Questi fascisti hanno la mano armata e legittimata dalla politica istituzionale. E tutti insieme assolvono al loro compito di provare ad alimentare una guerra tra poveri, una trappola che provano a costruire per rompere la ricomposizione delle classi subalterne e favorire le classi dominanti contro cui fingono di scagliarsi.
Funzionali al mantenimento della situazione così com’è e per questo, in vario modo e a vario titolo accolti nei centri di potere, dalle istituzioni ai consigli d’amministrazione passando per i salotti tv, le destre razziste e xenofobe sono oggi comodi megafoni della paura e dell’insicurezza e comode distrazioni per chi governa, in testa ovviamente Renzi e il Partito Democratico, impegnati a proseguire la devastazione capitalista del Paese e delle nostre vite.
La Resistenza Partigiana nel suo significato più vero è stata lotta contro un’occupazione e una dittatura che torturava ed uccideva ed è stata una lotta per la libertà, la democrazia, la giustizia sociale e la dignità.
È per la dignità del lavoro schiacciata dal Jobs Act che è morto il giovane apprendista operaio e studente alle scuole serali Dante Di Nanni, Gappista caduto a Torino in Borgo San Paolo il 18 maggio 1944?
è per far devastare oggi la Val Susa dal TAV e dalla logica delle grandi opere inutili che i Partigiani della 42°brigata Walter Fontan resistettero eroicamente all’assalto dei fascisti a Balmafol nell’estate del 1944?
è per la politica dei respingimenti alle frontiere, del razzismo istituzionale che fabbrica centri di espulsione e circuiti di accoglienza indegna e para-mafiosa che agiscono su piani diversi ma in ogni caso come luoghi di segregazione e annullamento dei diritti, o è per la demolizione dei “campi rom”che genera nuovi businness (per gli amici degli amici e non per i rom) come l’appalto multimilionario per il campo di Lungo Stura Lazio, che in Piemonte ha combattuto tra gli altri Amilcare ‘Corsaro’ Debar , uno “zingaro”, prima staffetta e poi partigiano combattente nel battaglione “Dante di Nanni” della 48ma Brigata Garibaldi, ferito in combattimento nelle Langhe?
Gli esempi potrebbero essere molti altri ma per brevità ci limitiamo a questi, nell’idea che possano ben rendere l’idea di quello che è per noi il 25 aprile e la Resistenza. Non la “libertà” che viene sbandierata vuota e oscena nelle celebrazioni ufficiali da chi ha mani e coscienza politiche sporche. Il 25 aprile è prima di tutto il ricordo di cosa ha animato quella lotta per la libertà. Il ricordo di vite gettate oltre l’ostacolo, sacrificate per sogni collettivi e ideali concreti, per lo più scordati, ignorati e calpestati in questi 70 anni.
Ecco perchè a fronte di questo svuotamento di significato il ricordo da solo non basta. Il 25 aprile è nella pratica continuare a credere che quelle vite, quei sogni e quelle lotte siano ancora con noi, siano da proseguire, e che il 25 aprile non è lontano è oggi, e sarà anche domani in ogni lotta contro lo sfruttamento e per la dignità di tutti e tutte.