Cronaca di uno sgombero dolce: sulle ultime vicende intorno all’ex MOI

Il progetto M.O.I. (Migranti Opportunità di Integrazione) con l’arrivo dell’estate ha portato a termine lo svuotamento della prima palazzina. Un maxi progetto interistituzionale gestito da Compagnia San Paolo condito da parole politically correct come collaborazione, dialogo, opportunità ma che ha fatto vedere presto la sua vera natura. Durante lo sgombero degli scantinati (inverno 2017) e nei giorni successivi molti abitanti hanno espresso il loro dissenso ottenendo un incontro in circoscrizione con i firmatari del progetto per poter rinegoziare lo sgombero. L’équipe del progetto ha pensato di risolvere il problema provando ad ignorarlo, mostrando la propria incapacità di gestire i malumori. La risposta alle proteste è stata la repressione. La Questura ha proceduto con l’arresto di 4 occupanti, a monito per tutti gli altri.

La volontà collaborativa del progetto soft si infrange quindi alle prime criticità ed obiezioni e mostra il suo volto neocolonialista. Un innovativo dialogo monodirezionale a cui non è contemplato opporsi.

La seconda fase del progetto si è conclusa lunedì 6 agosto, un’afosa giornata in una Torino semi deserta.

La palazzina prescelta è stata quella con il numero minore di abitanti (circa 180), in maggioranza di nazionalità somala, molti dei quali con esperienze di sgomberi “soft” alle spalle.

Data l’insistenza dei messaggi e delle telefonate anonime ricevute che annunciavano lo sgombero, durante la notte di domenica alcuni occupanti hanno fatto le valigie e si sono spostati nelle altre palazzine, altri se ne sono andati del tutto, qualcuno si é rinchiuso nel suo appartamento. Altri ancora sono tutt’ora a lavorare nelle campagne tra Saluzzo (CN) e il sud Italia e chiamano disperati chiedendo cosa ne è stato della loro casa.

Alle ore 6,00 di lunedì 6 agosto si sono presentate in via Giordano Bruno una decina di dolcissime camionette (tra celere e carabinieri) e una sessantina di dolcissimi agenti digos che travolgendo solidali e somali davanti all’ingresso hanno fatto irruzione nella “palazzina marrone”. Tutta l’area è stata subito circondata da anti sommossa e invasa da polizia scientifica, cinofila, funzionari e giornalisti, allontanando  solidali e gli altri occupanti del villaggio olimpico e impedendo loro di avvicinarsi. Solo nella tarda mattinata è arrivato il gruppo di mediatori e ancora più tardi il tristemente noto project manager dello “sgombero umanitario”, ovvero il personaggio che ha denunciato e fatto arrestare i 4 occupanti nei mesi scorsi e che, orecchie basse, eseguiva gli ordini della prefettura evidentemente escluso da qualsiasi decisione dopo aver dimostrato tutta la sua strapagata inettitudine.

Alcuni occupanti avevano deciso di aderire al progetto e sono usciti quasi subito dalla palazzina, per gli altri Questura e Prefettura di Torino avevano riservato un asso nella manica. I dolcissimi funzionari dopo aver passato le settimane precedenti in un tira e molla tra concessioni e minacce cercando di convincere gli occupanti a lasciare la palazzina, senza molto successo, si sono presentati con due faldoni contenenti permessi di soggiorno e soprattutto titoli di viaggio, documenti preziosissimi che, pur un diritto, venivano negati senza un perchè da 5 anni. Una prova muscolare che di dolce e soft non ha nulla, piuttosto un bieco ricatto nel migliore stile sbirresco. Ora l’amministrazione Appendino può rilasciare dichiarazioni trionfalistiche, dalle quali risulta evidente lo schifoso quanto virtuale risultato politico, ottenuto giocando per l’ennesima volta sui corpi dei migranti, inseguendo la Lega di Salvini alla conquista degli animi sempre più razzisti degli elettori.

 

In totale si parla di un’ottantina di persone sgomberate e portate all’ HUB di Settimo Torinese, per essere poi smistate nei prossimi giorni nelle soluzioni abitative della cooperativa BABEL, vincitrice del primo lotto di carne umana. Vale ricordare che questa cooperativa, già famigerata con il nome di Terra del Fuoco, era stata protagonista nel 2014 della gestione dello sgombero del campo nomadi di Lungo Stura Lazio, con annessa truffa aggravata per circa 5 milioni di euro.

80 persone che hanno ceduto al ricatto su un totale di 180. Rovesciamo i dati: 100 persone hanno detto no all’ennesimo progetto di ricollocazione e continuano a resistere all’interno dell’occupazione.  Qual è la vittoria della giunta Appendino?

In questi mesi abbiamo assistito a varie tecniche coercitive messe in atto dall’équipe che gioca con la precarietà delle vite degli abitanti: dall’offerta di qualche spicciolo, al rilascio di documenti, in realtà previsti per legge, fino appunto all’arresto. Le palazzine dell’ex villaggio olimpico sono lo spazio sociale dove emergono le contraddizioni delle politiche emergenziali di accoglienza delle ultime amministrazioni: il progetto di sgombero è un mercato dove si giocano gli interessi privati di tutti i soggetti coinvolti, tranne degli abitanti.

Un progetto che voleva essere simbolo dell’innovazione dell’amministrazione 5Stelle, in discontinuità con la governance cittadina precedente, ma che di fatto ci ripropone le stesse soluzioni e gli stessi giri d’affari.

I 5Stelle hanno proclamato da sempre una politica di cambiamento, ma alla prova dei fatti hanno invece comodamente indossato gli abiti delle precedenti amministrazioni. La campagna di sgomberi che sta attraversando la città mostra chiaramente il carattere repressivo della giunta Appendino, che mira a chiudere tutti gli spazi che negli anni hanno restituito alla città luoghi liberati e laboratori di pratiche solidali dal basso che poco piacciono ai benefattori istituzionali che non possono arricchirsene.

La prima conferma di questo processo di continuità avviene tramite la partecipazione delle stesse cooperative che avendo sperimentato il profitto con progetti a termine durante l’emergenza Nord Africa hanno pensato bene di sfruttare anche quest’occasione. Finanziamenti fuori misura a fronte di un impegno minimo nella presa in carico dei migranti. Di fatto progetti-parcheggio temporanei (6 mesi-1anno) dislocati nel territorio. E così persone che, pure nella precarietà, avevano iniziato un percorso di autonomia e non costavano allo Stato, si trovano nuovamente forzati a stare al gioco dell’assistenzialismo paternalista, con buona pace dei proclami di Salvini e dei suoi sgherri.

La seconda conferma ci arriva dal fatto che ormai questo progetto è in atto dalla scorsa primavera e i primi contratti di lavoro stipulati, sbandierati come grandi successi di integrazione, non sono poi stati rinnovati, con il conseguente ritorno al Moi di alcune decine di abitanti. Che Compagnia stia già pensando a come strutturare un’innovativa quarta accoglienza, visto che la neonata terza è già fallita?

 

Il comune è disposto ad avallare nuovamente gli interessi privati di Compagnia San Paolo, vero padrone della città sabauda, invece di prendersi la responsabilità politica e sociale dell’occupazione dell’Ex-Moi e del suo essere un ghetto all’interno della città.

Sorda e cieca davanti alla determinazione e alla resistenza degli abitanti delle palazzine, che rifiutano giustamente di abbandonare la loro vita quotidiana, costruita a fatica dopo essere stati rigettati dal sistema dell’accoglienza. Il diritto di autodeterminazione di ogni individuo risiede nella facoltà di scegliere ciò che è meglio per lui, ma anche nella reale possibilità di poter godere dei diritti che gli sono riconosciuti al momento solo sulla carta. Spesso si tratta di persone che hanno completato il ciclo di prima accoglienza, con permesso di soggiorno, ma cui vengono negati titoli di viaggio per potersi spostare verso altre opportunità o che hanno trovato nel Moi un luogo dove vivere e costruire una rete sociale, che altrove non era possibile. Oppure persone appena arrivate che sostano ogni giorno per ore davanti alla questura in attesa che l’impiegato di turno abbia voglia di prendere in considerazione la loro richiesta d’asilo.

Migranti un’Opportunità di Integrazione è l’ennesima faccia di una prassi antica che mira alla produzione di soggetti precari e facilmente ricattabili ed alla riproduzione sistemica di un’eccezione nella gestione dei flussi migratori.

Ciò che interessa alla proprietà è lo smaltimento delle persone per poter demolire le palazzine e costruire un complesso destinato al social housing, l’ennesima presa per il culo. Il complesso del villaggio olimpico già da progetto doveva essere riconvertito interamente in residenze sociali e servizi di base, invece è stato abbandonato all’usura del tempo. E’ giusto ricordare che sono nate come palazzine di facciata per le olimpiadi del 2006 e che hanno mostrato nel giro di pochi anni a tutta la città, la decadenza e la speculazione con cui sono state costruite. Un complesso costruito come patrimonio per la città e che è stato invece quasi completamente abbandonato rivelando tutta la sua inutilità.  L’amministrazione 5 stelle si sta dimostrando totalmente incapace di gestire la Città e i bisogni reali di chi la abita, mentre si proietta scellerata verso le olimpiadi 2026, in un diabolico perseverare sulla strada dei grandi eventi che creano una temporanea e illusoria ricchezza lasciando la città sotto una cappa di debito asfissiante e duraturo, come il precedente del 2006 ha ampiamente dimostrato.

 

Questo meccanismo, che produce ricchezza per pochi sulle spalle di migranti e autoctoni, non rappresenta certo una novità: mette anzi in evidenza la continuità, in termini di immigrazione e di ingiustizia sociale, non solo sul piano locale, ma anche su quello nazionale.

Diviene allora importante rendere visibili le contraddizioni che dilaniano questo governo e far saltare la retorica razzista che induce a cercare il nemico nel vicino più debole.

Solo ripartendo dalla solidarietà tra gli sfruttati, migranti e non, possiamo mettere un freno all’arroganza del potere e costruire la possibilità di una vita degna per tutt*

 

CSOA GABRIO – Comitato Solidarietà Ex-Moi occupato