Mentre si grida allo scandalo (ma neanche troppo) per il nuovo decreto sicurezza in tema migrazioni, passa quasi inosservato il finanziamento per l’Ampliamento della rete dei CPR.
In perfetta sintonia con i governi precedenti, la Manovra Finanziaria per il prossimo triennio, proposta dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, punta a investire 42 milioni di euro.
“Per assicurare un’efficace esecuzione dei Decreti di rimpatrio, sono allocate risorse per l’ampliamento dei Cpr, per gli anni 2023, 2024 e 2025, per un totale pari ad Euro 35.982.400, destinati alla costruzione, all’acquisizione, al completamento, all’adeguamento e alla ristrutturazione di immobili. Sono inoltre stanziate risorse a copertura di ulteriori spese di gestione, per gli anni 2023, 2024 e 2025, per un totale pari a Euro 6.063.539.“
Da non dimenticare che i/le presidenti di regione hanno il potere decisionale sulla presenza di un CPR nel territorio amministrato, come dimostra la proposta, già ben accolta dal PD, di istituire un nuovo cpr a Firenze.
D’altronde non potevamo aspettarci levate di scudi da una sinistra inesistente e fautrice del sistema di detenzione amministrativa.
Silenzio che ha rimbombato anche il 19 dicembre quando è passata in sordina la morte di una persona di origini marocchine nel Cpr di Restinco, Brindisi, durante l’ennesima rivolta scoppiata dentro questo lager. Le dinamiche sulla morte di questa persona sono poco chiare.
Unica cosa chiara è l’assenza di una presa di coscienza da parte della politica che si è limitata a condannare la rivolta e a chiedere giustizia, dando la colpa ai rivoltosi piuttosto che al ritardo dei soccorsi, ma soprattutto alle condizioni in cui i detenuti sono costretti a vivere.
Ma il business dei migranti non si ferma mai; le vite di queste persone cercano di essere cancellate, oscurate, e non solo all’interno dei cpr, ma anche negli Uffici competenti.
Lo dimostrano le immagini del 19 dicembre scorso (stessa data) girate fuori dagli uffici della Questura di via Cagni a Milano 1.
Lo dimostra anche la quotidiana umiliazione che subiscono le persone in fila fuori dall’Ufficio Immigrazione di C.So Verona, a Torino, completamente ignorate, costrette ad attese infinite.
Sono questi (e non solo) i meccanismi che mettono le persone migranti in condizione di perenne ricattabilità; non poter presentare le richieste di cui hanno diritto o non poter rinnovare i loro permessi di soggiorno le espone ad una condizione di vita precaria, dove il CPR rappresenta la spada di Damocle.
Ma il business non si ferma mai, la macchina è ben oliata, dal micro al macro, dagli uffici comunali alla fortezza Europea.
Poche settimane fa, la Colonialista Europa, dopo essersi espressa su chi ha il benestare per far parte dell’Area Schengen (decisione che tiene anche conto delle poliche migratorie), ha deciso di punire chi non si sottomette al suo volere, a maggior ragione se si tratta di un’ex colonia. Così ha aumentato a 120 euro i diritti per i visti applicati ai/alle cittadinə del Gambia, con “l’intento di migliorare la cooperazione del Gambia in materia di rimpatrio e riammissione dei propri cittadini“2.
Giusto per chiarezza, il Gambia è uno dei paesi più poveri al mondo e la sua economia si basa anche sulle “rimesse di cittadinə all’estero”.
Insomma per chiudere l’anno un po’ di sano colonialismo era necessario.
Con alcunə compas l’ultimo dell’anno abbiamo salutato i detenuti di C.so Brunelleschi e portato loro la nostra solidarietà.
Come sempre risulta difficile comunicare con l’interno(motivo per cui ci sono state delle proteste, presto sedate) e le speranze di riammettere i telefoni personali è crollata con l’entrata in vigore del nuovo regolamento di gestione dei Cpr, dove si conferma l’impossibilità di possedere un telefono, con due eccezioni: consultare la rubrica o fare una chiamata se il telefono è sprovvisto di telecamera.
Una conferma che quello che succede dentro questi luoghi non può essere rivelato all’esterno.
Una conferma che questi lager sono dei buchi neri, dove ignorare e violare i diritti di persone razzializzate è una consuetudine normalizzata, una risposta ad una presunta e martellante sicurezza che altro non è che un non troppo mascherato razzismo europeo.