Non sappiamo perché mercoledì pomeriggio agenti in borghese dei carabinieri siano entrati nelle occupazioni abitative di via Frejus 103 e via Monginevro 46. Non sappiamo perché lo abbiano fatto scavalcando da un cortile e serrando il portone di ingresso, in un caso, e sfondando la porta finestra di una abitazione nell’altro. Non sappiamo perché si siano aggirati per le scale degli edifici con fare arrogante e rifiutandosi di identificarsi. Non sappiamo perché abbiano apostrofato gli/le occupant* con minacce del tipo “ci vedremo presto”. Non sappiamo perché si siano mossi con un modo presuntuoso e sprezzante più adatto al Cile del 1973 che alla Torino del 2013.
Sicuramente non l’hanno fatto per procedere alla identificazioni degli occupanti o per sapere quanti uomini, donne, bambini vivono negli stabili. Sono informazioni che già sicuramente hanno e comunque niente del loro agire andava in quella direzione, un modo di agire che cercava di incutere solo timore, di spaventare chi ha alzato la testa decidendo sul proprio futuro.
Quello che però sappiamo è che l’allarme lanciato ha raggruppato in poco tempo decine di solidali. Quasi una cinquantina di persone si sono ritrovate, grazie a telefonate, SMS e mail nella sede della circoscrizione III. Famiglie, bambini, uomini e donne delle occupazioni di via Muriaglio 11, via Monginevro 46, via Frejus 103, compagn* del Gabrio si sono trovati nei locali di corso Peschiera per chiedere conto alle istituzione, al presidente di Circoscrizione, di quella che come minimo appare come una provocazione. Polizia e DIGOS accorse in massa hanno provato a giustificare l’operato dei “colleghi”, negando di essere a conoscenza delle loro intenzioni.
Insomma, istituzioni che fanno del verbo “dialogare” il loro mantra non hanno speso una parola di comprensione nei confronti di chi ha subito un palese sopruso.
Non ci aspettavamo niente di diverso ovviamente. Da chi preferisce vedere uomini, donne, bambini, dormire al freddo sotto i ponti piuttosto che abitare alloggi vuoti non possiamo aspettarci gesti di umanità.
Deve essere però chiaro che queste provocazioni non passeranno sotto silenzio. E non si confonda la nostra capacità dialettica, la voglia di capire, la nostra “educazione” con debolezza o passività. Oggi abbiamo chiesto conto alla circoscrizione, con molta rabbia, domani sapremo adeguarci ad altre circostanze.
Certo che è inquietante pensare che per la nostra città possano girare impunemente squadrette di carabinieri a cui mancano solo le Ford Falcon per ricordare i fasti della Buenos Aires del 1976. Complimenti a questi “professionisti” e a chi li ha mandati.
Evidentemente in una Torino ormai asfissiata da una crisi economica sempre più devastante e che vede nella questione della casa una problematica che di anno in anno coinvolge sempre più persone, istituzioni e questura pensano di poter arginare in questo modo una lotta che di giorno in giorno diventa sempre più importante e che, aldilà dell’inchiostro sprecato dai giornalai (sempre pronti ad alzare la tensione con i loro articoletti da 4 soldi), racconta di picchetti, di resistenza e occupazioni forte di quell’arma chiamata solidarietà.
Gli insulti che a conclusione della serata una pattuglia dei carabinieri ha ricevuto davanti alla circoscrizione (e che li ha fatti allontanare celermente) è l’unico tipo di rapporto che possiamo intrattenere con loro. Chi spaventa bambini e minaccia uomini e donne colpevoli solo di voler un tetto sulla testa non merita rispetto. E mai lo avrà da noi.
Ed alle vostre squallide sortite, alle vostre minacce noi sapremo sempre mettere in campo la forza della solidarietà, del rispetto, della voglia di vivere. Di quell’emozione che sentiamo insieme quando un portone si spalanca e decidiamo di riprenderci tutto.
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che tengono i loro spazi vuoti
maria teresa martinengo
Collaborare per essere sempre più efficaci nel soccorrere le povertà. Parlarsi al di là delle appartenenze. Creare una grande rete cittadina nell’ambito della quale indirizzare le persone verso i servizi appropriati. Per non deludere, non esasperare, non far perdere tempo prezioso.
«Come fa il medico di famiglia verso gli specialisti. Ma senza scaricare su qualcun altro quel problema di cui ci si può occupare direttamente, mettendo in pratica il Vangelo». Ha sollecitato tutto questo monsignor Cesare Nosiglia, ieri mattina, all’affollatissima platea di volontari della Giornata Caritas. Il punto è: essere buoni cristiani al tempo della crisi del lavoro «tema su cui sta calando un silenzio tombale, anche da parte della politica».