Torino Rifugiati – Per chi ne fa una professione: a proposito di strumentalizzazione… e provocazioni!

articolo da La Stampa
Ieri pomeriggio alla ex clinica San Paolo occupata è successo un fatto
grave. Una rissa per il possesso di una stanza all’interno della
clinica ha visto coinvolti due piccoli gruppi che si sono fronteggiati
prima all’interno della casa e poi spostatisi all’esterno si sono
inseguiti per alcuni minuti fino alla vicina piazza Sabotino.

Un episodio grave, figlio ancora una volta della povertà estrema e
dell’attesa snervante per l’arrivo di una soluzione reale per i
rifugiati e le rifugiate che occupano da dieci mesi l’ex clinica di
corso Peschiera. Un episodio violento che ha occupato spazio sui
quotidiani odierni, seppur trattato in maniera molto diversa a seconda
delle testate: mentre giornali come “la Repubblica” e il non certo
amico “Cronaca Qui” edizione di Torino si limitavano a riportare i
fatti di ieri per quello che sono effettivamente stati, “la Stampa” di
Torino ha invece preferito affidare la cronaca di ieri ad un articolo
di Massimo Numa che ricostruendo una versione propria dell’accaduto
arriva addirittura a ipotizzare una regia occulta dei centri sociali e
del Comitato di Solidarietà dietro l’intera vicenda.Secondo quello che troviamo scritto su “la Stampa”, l’episodio di ieri,
sarebbe totalmente da iscrivere all’interno della battaglia che il
Comitato sta facendo contro il trasferimento di alcune centinaia di
rifugiati e rifugiate tra la caserma di via Asti e il centro della
Croce Rossa di Settimo: dice “la Stampa” riportando virgolettati non
attribuibili a nessuno in particolare (nemmeno un generico “giovani
rifugiati”, “ragazzi somali”, etc) che l’operazione del Comitato di
Solidarietà sarebbe rivolta a far salire la tensione in vista dello
sgombero/trasferime

nto previsto per l’11 settembre.
Un’ipotesi assurda, infamante e che non rientra per nulla nel modo di
agire e di relazionarci con l’occupazione di corso Peschiera che
abbiamo avuto in tutti questi mesi. La nostra posizione su via Asti è
infatti sempre stata molto chiara: politicamente la valutiamo una
proposta emergenziale che non rappresenta una risposta sul terreno dei
diritti per i rifugiati e le rifugiate che da anni stanno chiedendo con
lotte e mobilitazioni (casa, lavoro, residenza); la residenza, per
citare il nodo politico principale, è una delle parole d’ordine cardine
di ogni mobilitazione dei rifugiati e delle rifugiate, e la “soluzione”
via Asti, non la affronta e non la risolve, aprendo ancora una volta
una contraddizione incredibile che vedrà rifugiati e rifugiate ospitati
per mesi all’interno di una struttura pubblica in una città che però
rifiuta a queste persone il diritto ad avere una residenza anagrafica,
con tutti i problemi che questo continua a comportare.La nostra posizione su via Asti, i rifugiati e le rifugiate la
conoscono bene; ne abbiamo discusso tutte e tutti insieme in diverse
assemblee (alcune invitando anche alla partecipazione il Coordinamento
delle Associazioni del privato sociale) fatte durante l’estate
all’interno di corso Peschiera; assemblee che mai sono terminate con
litigi o dissapori, ma che sempre hanno contribuito a far fare un passo
avanti di consapevolezza e di presa di coscienza sulle soluzioni via
via proposte e sul terreno dei diritti negati.

Detto questo non ci è mai interessato dire alle persone che stanno in
corso Peschiera che “non si deve andare in via Asti”; ci siamo sempre
preoccupati che le persone potessero comprendere il significato reale
delle proposte che venivano fatte. Dei molti che probabilmente
decideranno di andare in via Asti abbiamo troppo rispetto umano per
cercare di strumentalizzarne le scelte: si tratta di persone che hanno
affrontato viaggi oltre ogni limite umano per arrivare nel nostro Paese
con il miraggio di una possibilità, un’alternativa ad una vita di
guerra e miseria, e se oggi qualcuno pensa che via Asti possa
rappresentare quell’alternativa non è sicuramente il Comitato che
discute o fa politica sulle scelte delle singole persone. Lo stesso
discorso vale per il trasferimento temporaneo a Settimo per le persone
(i “soggetti vulnerabili”) individuate come destinatarie del Progetto
FER: a differenza di via Asti, non abbiamo sullo specifico del FER una
valutazione politica negativa; si tratta di un progetto portato avanti
dalle Associazioni del privato sociale, e se i destinatari individuati
lo valuteranno positivamente non è sicuramente un nostro problema
l’adesione in vista di una possibile sistemazione all’interno della
Regione Piemonte. Alle persone che aderiranno alle due proposte abbiamo
sempre detto che ci saremmo risentiti e ritrovati per valutare se
aspettative e desideri erano stati soddisfatti, o se invece rimanevano
problemi da risiolvere, anche perchè quello che veramente ci sta a
cuore non è sapere oggi chi deciderà di andare in via Asti, ma capire
cosa ne sarà di chi ha fatto quella scelta tra sei, sette, otto mesi,
quando finirà il “parcheggio militare” proposto da Prefettura e Comune.

Non facciamo “politica” sulla pelle dei rifugiati e delle rifugiate!
Sempre l’articolo de “la Stampa” scrive che ieri nessuno del Comitato
si è fatto vedere in corso Peschiera; e invece come quasi tutti i
giorni eravamo lì, e dentro la ex-clinica due nostri attivisti si sono
spesi perchè la rissa non avesse conseguenze ben più gravi… purtroppo
non sempre si arriva in tempo, ma sempre la pelle su cui ci giochiamo
le cose è la nostra!

Il resto delle ricostruzioni fatte da Massimo Numa lo lasciamo ad
altri, magari per un copione di un filmaccio sugli anni 70.
Continueremo a fare in corso Peschiera quello che abbiamo sempre fatto,
anche in questi dieci giorni che ci separano dal fatidico 11 settembre.

Quel giorno saluteremo con affetto chi deciderà di accettare le
proposte delle istituzioni, disponibili a continuare a lottare con loro
per avere la residenza e gli altri diritti negati; e non lasceremo soli
chi deciderà che via Asti non la vogliono, perchè preferiscono
continuare a battere la strada della lotta per i diritti di tutte e
tutti.

Torino, 1 settembre 2009
Comitato di Solidarietà con Rifugiati e Migranti