Dal Pogrom di Torino agli omicidi di Firenze: una riflessione del CSOA Gabrio.

 

Torino-Firenze. Città che spesso provano a vendere un animo solidale e accogliente. Città Democratiche. Incendio alle abitazioni dei rom all’ex cascina della Continassa a Torino. Omicidio di due persone di origine senegalese e ferimento di altre tre da parte di Gianluca Casseri, simpatizzante neo-fascista di Casa Pound a Firenze.

Due episodi gravi, che pongono con urgenza la necessità di ridare parola alle piazze per dimostrare tutta la nostra opposizione la fascismo e al razzismo. Ma anche due episodi che ci impongono una riflessione che sia al tempo stesso denuncia delle dinamiche che li hanno generati, delle dinamiche che alimentano il fascismo e il razzismo nelle nostre città

Dietro l’omicidio di Modou Samb e di Mor Diop a Firenze c’è un razzismo strutturale che individua il “nero” come uno degli obiettivi simbolo proprio perchè diverso dal punto di vista razziale. Qui la mano che uccide è fascista, ed è armata da un’ideologia che crede ciecamente nella superiorità della cosiddetta “razza ariana”. Su questo dentro le sedi di Casa Pound vengono organizzati incontri e “cultura”. Casa Pound, organizzazione protetta da molti politici amici del centro destra, e da  alcuni politici e “intellettualità” del centro sinistra, democratici e disponibili al dialogo e al confronto con i fascisti del terzo millennio.

Per quello che riguarda l’incendio appiccato alle abitazioni della Continassa, pensiamo che forse  alcuni degli organizzatori del corteo alle Vallette respingerebbero le accuse di avere un’ideologia razzista come ispirazione. Al corteo ci pare fosse presente anche uno striscione con la scritta “no al razzismo sì alla giustizia di quartiere”… ma poi ha evidentemente preso forza la frustrazione e la rabbia per viversi il quotidiano in un quartiere complesso -con la crisi che morde e le istituzioni che latitano- e questa frustrazione ha generato violenza razzista nella sua forma più atavica e barbara, quella del pogrom. Un razzismo diffuso nel senso comune, che trova nei rom -gli ultimi degli ultimi- il facile capro espiatorio in un momento in cui evidentemente nei quartieri in troppi faticano ad individuare come responsabile della crisi e della precarietà le istituzioni e i gruppi di potere economici e bancari. E poi dietro la storia delle Vallette c’è anche altro: un retroterra culturale bigotto e maschilista che pretende di imporre un modello di sessualità femminile perverso, in cui è meglio perdere la verginità perché vittima di violenza piuttosto che per una scelta consapevole. Meglio la sopraffazione di un corpo che l’ammissione del diritto al piacere. E poi c’è il machismo, ben rappresentato dalla risposta violenta di chi ha deciso di ergersi a difensore di una supposta dignità perduta, di chi ha deliberatamente scelto di strumentalizzare la sofferenza di una ragazza di 16 anni, di chi si nasconde dietro il ridicolo pretesto dell’onore violato per dare sfogo ad un diffuso sentimento razzista.

Non abbiamo voluto fare questa distinzione per accademia o per classificare i due episodi in base alla pericolosità: entrambi sono pericolosissimi! Entrambi gli episodi ci parlano di razzismo e di fascismo ma su terreni diversi e da diversi presupposti… gli esiti poi sono molto simili e per questo serve provare a proseguire il confronto e il coordinamento per contrastare i neo-fascisti organizzati e per rompere quel razzismo da senso comune che si insinua nei quartieri.

Su Casa Pound ci viene da dire: a ciascuno il suo! Le realtà autorganizzate, i collettivi, i sindacati di base, gli antifascisti e le antifasciste in ogni realtà in cui sono presenti si sono sempre opposti  all’agibilità politica per i fascisti del terzo millennio; forse sarebbe ora che una certa sinistra salottiera (Telese, Sansonetti e Morucci solo per citarne alcuni) che ha ritenuto chic e politicamente sensato interloquire in vario modo e a vario titolo con Casa Pound si rendesse conto di aver legittimato in questo modo un’organizzazione neo-fascista nella teoria e nella pratica. È troppo alla luce di quello che è successo  finirla di raccontarsi e raccontare la favola malsana della necessità di superare gli steccati?! Secondo noi difendere l’antifascismo in termini politici, sociali e culturali è sempre una buona pratica, ed è -insieme alla possibilità di riaprire spazi di conflitto- il sale della democrazia. Ci sembra poi significativo che la Comunità Senegalese di Firenze abbia chiesto con forza la chiusura di Casa Pound, anche se al tempo stesso “abbiamo dei sogni ma senza troppe illusioni”.

E questo anche perchè abbiamo visto per l’ennesima volta

come hanno agito le istituzioni e le forze dell’ordine nei confronti di quanto è successo a Torino. Il volantino che convocava la manifestazione recitava tra gli slogan “ripuliamo la Continassa”; qualche politico come la Bragantini del PD era presente al corteo e chi ha appiccato il fuoco ha potuto agire indisturbato: forse qualcuno ha voluto strizzare l’occhio sempre alla ricerca di facili consensi e mentre qualcun’altro ha scatenato il pogrom le forze r dell’ordine hanno fatto fare?

Per quello che riguarda i nostri quartieri e quel razzismo strisciante che ha mostrato a Torino il suo volto barbaro, mentre combattiamo la propaganda populista e leghista, rifiutiamo anche le facili ricette che parlano di integrazione e convivenza, troppo subdola la prima, troppo declinata secondo le leggi dello ius sanguinis la seconda.

Esiste invece per noi la strada della solidarietà, non quella pelosa o caritatevole, ma quella che ad esempio crea un meticciato di storie e culture nella casa occupata in zona San Paolo e nella nuova occupazione di Porta Palazzo, o quella che si crea per contrastare i soprusi del datore di lavoro come succede al Pioltello vicino a Milano con i lavoratori delle cooperative della Esselunga, o quella che la nostra città ha vissuto con le lotte dei rifugiati e delle rifugiate. Percorsi di lotta lunghi e a volte difficili, per nulla scontati ma che costruiscono antidoti al razzismo nel quotidiano costruendo una pratica del comune e della riappropriazione che prova  a scardinare la percezione dell’altro come diverso, straniero, nemico. E quelli che abbiamo citato sono solo alcuni esempi perchè non vogliamo a nostra volta offrire una ricetta pronta. Ci permettiamo solo di suggerire alcuni ingredienti: la crisi e la precarietà come sfondo, l’indipendenza, i bisogni, il conflitto e la riappropriazione, la solidarietà, i quartieri. A ciascuno mischiarli e cucinarli a piacere… restando umani!

CONTRO FASCISMO -RAZZISMO – SESSISMO

CONTRO LA CRISI E LA PRECARIETA’

SOLIDARIETA’ A CHI LOTTA CONTRO RAZZISMO E SFRUTTAMENTO

SOLIDARIETA’ NELLA LOTTA CONTRO RAZZISTI E SFRUTTATORI