Esattamente una settimana fa arrivava l’annuncio dello sgombero del palazzo occupato in via Monginevro 46 nel 2013.
Un’occupazione nata a seguito della crisi economica che in città aveva portato numerosi sfratti e sgomberi, a cui si è risposto con varie occupazioni abitative (7 solo in San Paolo).
Occupazioni che hanno dato l’opportunità a decine di persone di avere un tetto che gli permettesse di non finire ancora più ai margini di una società sempre più individualista ed escludente.
Occupazioni, ma soprattutto case.
Case che hanno permesso di ripartire e progettare il proprio futuro senza sottostare a ricatti e umiliazioni.
Purtroppo però, come per le altre esperienze in quartiere, sembra arrivata la fine anche di questa occupazione.
Uno sgombero quasi annunciato insomma: nemmeno un anno fa era stato sgomberato il palazzo di via Muriaglio e pochi anni prima via Frejus e via Revello.
Quest’ultima palazzina con le stesse modalità di via Monginevro.
Nonostante i proclami sui giornali della settimana scorsa, lo sgombero non è avvenuto realmente. Come in altri casi, è stata messa in atto una pratica tanto violenta quanto subdola: il distacco della luce e/o dell’acqua. Un assedio silenzioso per forzare le persone ad andarsene ed evitare alle istituzioni di dover avanzare proposte concrete per risolvere la costante crisi abitativa.
Mentre le famiglie con minori vengono trasferite in strutture, costrette a vivere spesso in un monolocale (questa volta fortunatamente non hanno separato i genitori), per le persone singole non c’è nessuna prospettiva.
E oggi? E domani? saranno giornate di “sgomberi dolci” a Torino– così gli piace chiamarli- evitando di prendersi la responsabilità politica e morale dell’assenza di soluzioni alternative.
Ciò che accade in queste situazioni non è una novità: il razzismo istituzionale, la gentrificazione crescente del quartiere San Paolo e la mancanza di politiche abitative efficaci hanno reso impossibile l’accesso a soluzioni dignitose per chi vive in occupazione.
Ancora una volta, si prospettano solo dormitori aperti per sole 12 ore, un’ulteriore umiliazione per chi lavora su tre turni, e una condizione inaccettabile per persone che rivendicano il diritto di avere un tetto sopra la testa.
Le persone che vivono in occupazione non stanno chiedendo la carità, ma solo una casa vera, dignitosa, dove poter vivere senza il rischio di essere sfrattati ogni volta che la situazione economica o sociale non rispecchi le prospettive di palazzinari e speculatori.
Molti sarebbero disposti ad affittare un alloggio se non fosse che il razzismo diffuso e la continua gentrificazione del quartiere e della città non lo permettono, rendendo ancora più insostenibile la loro condizione. Il diritto alla casa dovrebbe essere garantito a tutt3 e non solo a chi può permettersi di pagare affitti in un mercato immobiliare speculativo.
Esprimiamo quindi la nostra ferma richiesta ai servizi sociali, al Comune di Torino e alle istituzioni competenti: le persone che occupano la palazzina di via Monginevro e gli altri che vivono nelle stesse condizioni non vogliono un dormitorio temporaneo, ma un alloggio stabile e degno. E’ ora di risolvere l’emergenza abitativa in modo serio e duraturo. Non si può continuare a fare finta che il problema non esista. La città di Torino e le sue istituzioni devono trovare soluzioni abitative vere, per tutte le persone, senza discriminazioni.
La crisi abitativa non è un’emergenza, è una costante. Non può essere affrontata con risposte temporanee o marginalizzando ulteriormente chi già vive una condizione di vulnerabilità.
Esigiamo che venga trovata una soluzione immediata e concreta per tutte le persone che rischiano di essere sgomberate, senza che la loro dignità venga ulteriormente calpestata.
Non basta un dormitorio, vogliamo una casa!
La casa è un diritto, non una concessione.
C.S.O.A. Gabrio