Moussa Balde , un suicidio di Stato

Ancora una volta ci troviamo a scrivere di una morte all’interno del Lager per migranti di corso Brunelleschi.
Ancora una volta si tratta di una morte avvenuta in maniera poco chiara, in cui sono evidenti le responsabilità di polizia e di Gepsa, l’ente gestore del CPR.
Musa, un ragazzo di soli 23 anni, è stato trovato senza vita all’interno dall’ospedaletto, un’area detentiva separata dalle altre, utilizzata ufficialmente per isolamento sanitario, ma che molto più spesso serve come area di isolamento punitivo.
La prime dichiarazioni delle forze dell’ordine parlano di suicidio per impiccagione tramite un lenzuolo. Le testimonianze che con fatica riescono a uscire dalle mura del Cpr lasciano, invece, la porta aperta ad altre ipotesi ancor più inquietanti.

Partiamo dall’inizio di questa storia tragica:
Il 9 maggio Musa Balde, mentre si trova a Ventimiglia per varcare il confine Italo Francese, viene aggredito con calci, pugni e sprangate da tre persone.
L’aggressione viene filmata da una signora affacciata al balcone, completamente attonita dalla violenza mossa dai tre verso un ragazzo inerme.
In poco tempo gli aggressori vengono identificati e fermati.
La motivazione fornita dai tre è un tentato furto di cellulare commesso da Musa, il quale però si è sempre dichiarato innocente.
Il ragazzo intanto viene ricoverato in ospedale ad Imperia per le gravi lesioni subite, alle dimissioni viene portato in questura dove gli viene notificato un decreto di espulsione perché è senza permesso di soggiorno.
Dalla questura di Imperia viene portato immediatamente al CPR di Torino in attesa di essere deportato in Guinea.
Quando Musa arriva a Torino i segni dell’aggressione sono ancora evidenti.L’avvocato Gianluca Vitale, nei due incontri tenuti il 13-14 maggio, lo trova confuso, sconcertato per la detenzione ed emotivamente scosso.
La valutazione dell’idoneità alla detenzione per chi gestisce il Cpr di Torino non è altro che un proforma. Questa viene concessa alla quasi totalità di chi viene portato al CPR, senza una reale valutazione dello stato fisico e psicologico delle persone.
Musa dopo alcuni giorni di reclusione nell’area Rossa, viene messo in isolamento sanitario nell’ospedaletto, dove nella notte tra il 22 ed il 23 maggio si toglierà la vita, ponendo fine alla tortura ed alle sofferenze inferte da razzismo e detenzione.
In questi giorni alcuni reclusi hanno intrapreso uno sciopero della fame per la morte di Musa e per le condizioni di reclusione inumane, nonostante da anni si dipinga il Cpr di Torino come l’eccellenza tra i centri di permanenza per il rimpatrio.
Per questo oggi saremo nuovamente sotto le mura di quel maledetto Lager a chiedere giustizia per Musa, giustizia per tutte le vittime dei CPR e dei confini.
Mai più Cpr – Stop deportazioni – Stop leggi razziste

⭕️ Ore 18,00 – corso Brunelleschi

Presido sotto le Mura del Cpr