CINEFORUM PALESTINA – Boicotta Israele come ospite d’onore alla fiera del libro

mercoledì 7 maggio


LA SPOSA SIRIANA di Eran Riklis
 
Le alture del Golan sono state occupate da Israele a partire dal 1967 e
da allora sono territori oggetto di contestazione da parte della Siria.
In molti villaggi vive una popolazione a maggioranza drusa, considerata
dalle carte d’identità israeliane “apolide”.
Durante tre anni di viaggi, il regista Eran Riklis e la sceneggiatrice
Israelo-palestinese Suha Arra hanno raccolto testimonianze sulla zona
di confine tra Israele e Siria proprio a ridosso delle alture del
Golan. Il risultato di questo lavoro di ricerca, in cui gli autori sono
venuti a conoscenza di storie drammatiche e bizzarre, è “La sposa
siriana”, un film politico, arguto e velato a tratti da un’amara
ironia. Si tratta della storia di Mona, che va in sposa ad un famoso
attore televisivo siriano, pur sapendo che una volta oltrepassato il
confine siriano non potrà mai più fare ritorno alla propria famiglia.

Le Proiezioni iniziano alle ore 21


In realtà il matrimonio è il
presupposto di partenza, ma non è l’argomento principale del film.
Nulla ci viene detto su come Mona e Tallel si siano conosciuti o perché
si sposino o si amino, anche perché non si vedranno fisicamente che al
momento delle nozze. Quello che davvero conta è la forza dinamica del
matrimonio: esso di per sé è in grado di far venire alla luce le
contraddizioni politiche, culturali e sociali all’interno di una
piccola famiglia drusa del Golan. Così abbiamo un padre che non può
partecipare al matrimonio perché gli è precluso l’accesso alle zone di
confine militarizzate, un figlio non accettato dal padre perché ha
sposato una donna russa, particolare contrario ai dettami delle
gerarchie ecclesiastiche, ed un universo femminile in lenta ma
inesorabile rivolta contro i valori di una società maschilista. In
questo ultimo tema si nota il tocco di Suha Arra, molto nota per le sue
idee moderne e progressiste. Le donne del film hanno legami molto
stretti, che sfuggono a differenze generazionali, sociali o religiose,
mostrando come sia impossibile che il loro silenzio sotterraneo duri
ancora a lungo. Si parlano molte lingue nel film, proprio a
rappresentare il quadro culturalmente eterogeno in cui si svolge la
narrazione: ebraico, arabo, russo, francese ed inglese. Ma spesso è
proprio questa differenza a impedire la comunicazione, anche
all’interno della stessa famiglia.
Nato da una coproduzione franco-israelo-tedesca di altissimo livello,
“La sposa siriana” è un film che vale la pena vedere per molte ragioni.
Perché dà l’idea della situazione dei drusi del Golan, popolazione di
cui non si parla molto, ma anche perché è un film poetico, fatto di
piccoli gesti, di sguardi e di movimenti appena percettibili, messi
tuttavia in evidenza da una regia sicura e discreta. Ma si può anche
notare una certa ironia, soprattutto nel constatare come certe zone
della terra, benché contese politicamente, nella normale
amministrazione siano spesso dimenticate da una burocrazia ottusa ed
implacabile.