La lotta per la dignità non si ferma!

2013-03-30 14.15.16NUOVA OCCUPAZIONE DI RIFUGIATI DELL’EMERGENZA NORD AFRICA.

Oggi, sabato 30 Marzo 2013, un nutrito gruppo di circa 200 rifugiati arrivati due anni fa dalla Libia e abbandonati dalla cosiddetta “Emergenza Nord-Africa”, ha occupato uno stabile dell’ex Villaggio Olimpico a Torino per dare una risposta concreta ad una necessità più che mai impellente; avere un tetto sulla testa.

Per capire al meglio come si è giunti a questo punto crediamo siano necessari alcuni passi indietro.

Quella dell’emergenza nord-Africa è una tipica storia italiana fatta di promesse, inefficienze, organizzazione improvvisata e business. Una storia iniziata due anni fa, quando durante le primavere arabe e la guerra in Libia (bombardata dalla Nato) migliaia di profughi si sono riversati sui barconi per raggiungere Lampedusa.

L’allora ex Ministro Roberto Maroni dichiarava l’inizio dell’invasione da parte di un milione e mezzo di profughi che avrebbero messo in ginocchio l’Italia e il 12 Febbraio 2011 puntualmente veniva dichiarato lo stato di emergenza sul territorio nazionale.

Si susseguono mesi di sbarchi, rimpatri, promesse, accordi e decreti: il 13 Aprile un ordinanza del Presidente del Consiglio nomina il Capo Dipartimento della Protezione Civile come Commissario delegato per la realizzazione di interventi necessari per contrastare la criticità della situazione. Cosa c’è di meglio per far passare mediaticamente qualcosa come un’emergenza grave, che affidarlo ad una struttura che normalmente si occupa di catastrofi?

Ma la vera catastrofe sarebbe iniziata da li a poco ed avrebbe riguardato le vite delle circa 23.000 persone inserite in quello che più volte abbiamo definito come “business dell’accoglienza”.

Come già detto l’emergenza passa tutta attraverso la Protezione Civile nazionale.

Questa funziona come un organo semi-militare: dà ordini (anzi fa “ordinanze”), assegna e manda numeri di migranti secondo una logica simile alla distribuzione di pacchi postali e ha il mandato di spedire più persone possibile da Sud a Nord.

Ma dove sono finite queste persone per quasi due anni?

Semplice. Sono stati letteralmente parcheggiati in strutture quali hotel, campi e così via, gestiti dal quel variegato mondo che è il privato sociale; cooperative, ONG, centri diocesani e ancora altri soggetti che hanno percepito circa 46 euro (chi più chi meno) al giorno per ogni richiedente asilo assegnato alle loro strutture.

Si tratta di somme molto elevate per progetti che non hanno mai avuto la logica e la progettualità di percorsi di accoglienza all’insegna del diritto e della tutela della dignità, ma semplicemente, come già abbiamo ribadito più volte, quella dell’emergenza.

Un’emergenza costata alle casse pubbliche un miliardo e trecento milioni di euro con programmi che dovevano garantire corsi di italiano e di avviamento professionale, con l’impiego di assistenti sociali, mediatori linguistici e avvocati, ma che alla fine è scaduta nell’assistenzialismo più becero; vitto, alloggio e poco più.

E così dopo proroghe su proroghe si è giunti al 28 Febbraio 2013 quando il governo dichiara cessata l’emergenza, concede un permesso umanitario della durata di un anno (la maggior parte scadranno al 31 Dicembre 2013) e “invita” i rifugiati ad abbandonare le strutture dietro lauta ricompensa di 500 euro.

I giorni immediatamente successivi al 28 Febbraio ci raccontano in tutta Italia di situazioni paradossali; i rifugiati buttati fuori dalle strutture e abbandonati al proprio destino senza nessuna soluzione abitativa o di lavoro, senza la possibilità di lasciare l’Italia a causa della convenzione di Dublino, semplicemente divenuti fantasmi in un Paese che ha fatto della violazione dei diritti dei rifugiati e dei migranti tutti un triste primato.

A Torino e dintorni la situazione non è diversa. In tantissimi dopo il 28 Febbraio si sono ritrovati per strada a bazzicare tra parchi, stazioni e dormitori.

La questione dell’emergenza nord-Africa che come abbiamo visto emergenza non era, è oggi per noi una questione di diritti negati, che è urgente affermare attraverso percorsi di mobilitazione collettiva che abbiano la forza di rimettere al primo posto la dignità dei migranti e delle migranti.

Percorsi che in una giornata come quella di oggi riprendono forza e vigore.

Duecento persone oggi hanno deciso di riprendere in mano le proprie vite, di non accettare la condizione a cui questo stato di cose li ha costretti, di affermare che la casa è un diritto, che la dignità delle persone non si può svendere.

In una Torino dove il morso della crisi si fa sempre più asfissiante ed il problema dell’abitare tocca ormai trasversalmente italiani e migranti, abbiamo già più volte ribadito di come questa città non possa permettersi il lusso di lasciare vuoti migliaia e migliaia di alloggi e palazzine.

Il Villaggio Olimpico è più che mai il simbolo di quella politica che ha trascinato questa città nel baratro dell’indebitamento. Costato 145 milioni di euro, sette anni dopo i “fasti” delle Olimpiadi invernali quello che resta nei pressi dell’ex villaggio olimpico è soltanto degrado e aria di abbandono. Centinaia di alloggi lasciati vuoti ed un area su cui già si manifestano le ennesime mire speculative in città.

Da qui oggi si riparte.

Dalla necessità di avere una casa prima di tutto. Ma anche dalla voglia e dalla coscienza di non permettere più a nessuno di decidere sulla propria esistenza.

Da oggi queste mura ci parlano di voglia di riscatto, di riappropriazione dei propri diritti e della propria dignità, di percorsi che dal basso trovano soluzioni alternative a quelle dei politicanti attraverso l’occupazione e l’autogestione.

Continuare a costruire percorsi di solidarietà reale, far crescere lotte e mobilitazioni come negli anni scorsi…da Via Bologna a Corso Peschiera, da Casa Bianca a Corso Chieri, oggi anche l’ex Villaggio Olimpico urla e reclama CASA – DIRITTI – DIGNITA’!

CSOA Gabrio