A Fassino son cari solo banche e palazzinari – Comunicato sulla giornata del 5 Giugno

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E così Fassino e la sua giunta, con l’assessore Passoni in testa, hanno dimostrato di essere gente di parola. Avevano promesso di regalare a banche e finanziarie beni pubblici e così hanno fatto.
All’alba di mercoledì 5 giugno, mettendo in campo un dispiegamento di forze, tra carabinieri, polizia e digos degno delle migliori operazioni antimafia, sono cominciati i lavori di abbattimento nell’area ex-Diatto. Potranno così vedere la luce, l’ennesimo complesso edilizio (non case popolari) l’ennesimo centro commerciale (dalle parti del mercato rionale), l’ennesimo parcheggio (vicino ad uno di quelli con il più basso indice di passaggi).

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Un intero quartiere è da ieri militarizzato (e lo sarà per molto tempo) per consentire le opere di demolizione che sono cominciate senza le minime tutele per la salute pubblica, con calcinacci che volavano per strada, con nuvoloni di polveri inquinanti che ammorbavano l’aria. Alla faccia dell’amianto presente nella struttura.
Da gennaio 2013 questo edificio era stato preso “in gestione” dal comitato di quartiere Snia-Rischiosa che, insieme al CSOA Gabrio, lo aveva riconsegnato al quartiere, proponendo numerose iniziative, rendendolo uno spazio realmente pubblico. Ora quell’esperienza parrebbe conclusa, la fabbrica ritornata nelle mani degli speculatori.
A niente sono servite le raccolte di firme, gli interventi presso le sedi competenti, presso Circoscrizione e Comune. A niente sono servite le ricerche del comitato che hanno dimostrato come il vincolo della Sovraintendenza fosse stato limitato con troppa faciloneria. La torre, manufatto risalente ai primi del secolo ‘900 è stata tra le prime a crollare. E sotto i detriti sono rimasti anche le rovine dell’acquedotto romano, presenti nei magazzini della ex fabbrica. Tutto è sacrificabile per far cassa, la storia come la dignità. Quella che l’assessore Passoni ha dimostrato di non possedere, lavandosi bellamente le mani sul perché e percome dell’inizio dei lavori.
Cortei spontanei, presidi permanenti sono cominciati subito per denunciare questa vergogna cittadina. E sin dal mattino l’apparto di sicurezza ha mostrato tutto il suo nervosismo, con continue provocazioni, promesse di denunce, spintonamenti gratuiti.
La sera di mercoledì, il quartiere San Paolo è stato attraversato da un nutrito corteo che ha informato il Borgo dello scempio in corso. Una manifestazione arrabbiata, una manifestazione comunicativa. In via Moretta, il semplice contatto tra la testa del corteo ed il cordone di carabinieri messi a protezione del cantiere ha scatenato la violenza delle forze dell’ordine: manganellate, lacrimogeni sparati ad altezza-uomo, che sono finiti nelle abitazioni, che hanno sfondato vetri di macchine sono stati l’epilogo della serata, a voler dimostrare che solo le speculazioni hanno diritti in questa città

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E mentre la stampa nostrana si indigna per quello che accade ad Istanbul, quello che avviene a Torino, con le stesse motivazioni e con le stesse dinamiche, viene derubricato a mero teppismo. Ovviamente tutto ciò non ci meraviglia, magari ci fa incazzare leggere ricostruzioni tratte da veline uscite dalla Questura. Ma il materiale, le foto, i video che stanno circolando in queste ore, insieme al materiale prodotto in questi mesi sul caso dell’ex-Diatto, sono in grado di fare aprire gli occhi a chiunque. E le scene “di paura” che ieri il quartiere avrebbe vissuto sono imputabili esclusivamente a carabinieri e polizia. Sia chiaro.
Come deve essere chiaro che il quartiere non si arrende a questo scempio. Non ci si può rassegnare a vedere il proprio territorio sotto tutela militare. La distruzione della memoria operaia di questa città è un atto vile che grida vendetta. E senza memoria non c’è futuro.
Continueremo, con tutti i mezzi che riterremo consoni, la battaglia per un quartiere diverso, vivibile, non in mano alle banche.
I devastatori di questa città avranno in noi sempre dei nemici. Perché noi amiamo il nostro Borgo.

CSOA Gabrio

Cariche e lacrimogeni in Via Moretta

La distruzione della storica cisterna