Due giorni contro le frontiere

Le notizie provenienti dalle frontiere interne ed esterne dell’Europa si accavallano e si intersecano quotidianamente. I video e le frammentate notizie su quanto accaduto al CPR di Gradisca d’Isonzo, le condizioni dei detenuti al CPR di Torino, la morte di un altro giovane al confine tra Italia e Francia e la detenzione nei deportation camp europei di un cittadino afghano richiedente asilo, sono solo gli ultimi ennesimi avvenimenti che rimarcano il razzismo e la violenza istituzionale, tessere di un mosaico che ben conosciamo.

Venerdì 18 febbraio dalle 18,00 incontreremo alcun* attivistx della NoNameKitchen e del Collettivo Rotte Balcaniche Alto Vicentino per un aggiornamento sulla rotta balcanica da chi è appena tornat* e da chi è sul posto. 
A seguire assemblea su pratiche di solidarietà e lotta alle frontiere.
Sabato 19 febbraio dalle 15,00 Spezziamo il Silenzio!
Presido sotto le mura e consegna delle schede telefoniche ai reclusi.
Cosa succede al CPR di Corso Brunelleschi?
Anche se sembra impossibile, la situazione all’interno del lager di corso Brunelleschi è ancora più difficile.
Con l’imperversare della pandemia il covid-19 è entrato all’interno delle mura.
Come si poteva facilmente prevedere,l’insufficienza di spazi per gestire e contenere la malattia sono a fatto sì che in poco tempo tutte e tre le aree in uso siano diventate aree quarantena. 
Al momento sono circa 60 i detenuti costretti a vivere a stretto contatto tra loro negli angusti spazi del centro di espulsione,nella totale indifferenza delle istituzioni e dell’ente gestore 
Nonostante i rimpatri siano ancora più difficili da attuare verso la stragrande maggioranza dei paesi e non ci siano le condizioni sanitarie adeguate per preservarsi dal virus o per isolarsi in caso di positivitá, non si pensa ad uno svuotamento e alla chiusura del cpr. 
Viene usata anzi la tutela sanitaria come arma contro gli stessi detenuti; infatti con la presunta motivazione delle precauzioni sanitarie viene negato il diritto di presenziare davanti al giudice di pace al momento delludienza di covalidi o proroga della detenzione.
Ad aggravare il quadro è l’inottemperanza delle istituzioni giudiziarie nel comunicare ai reclusi addirittura la data dell’udienza, lasciandoli così all’oscuro dell’esser sotto giudizio
La domanda a questo punto sorge spontanea, se il giudice in queste occasioni si può collegare  online con gli avvocati, perchè non fornire al detenuto la possibilitá di collegarsi da remoto, in modo da poter sapere cosa lo aspetta?
A complicare la situazione c’è il fatto che i reclusi siano privati del cellulare e costretti ad usare le cabine telefoniche fornite dalla direzione del centro
Le cabine, però, non possono ricevere chiamate in entrata, con la nefasta conseguenza che gli avvocat non possano chiamare il loro assistito dentro il cpr, ma che debba essere il detenuto a chiamare per avere qualche notizia sulla sua sorte. 
Chiamate che oltretutto devono essere molto brevi a causa costi eccessivi delle tariffe,i quali spesso portano i reclusi all’ovvia scelta di chiamare parenti ed amici,piuttosto che i propri legali 
Questo fa sì che gli avvocat non riescano ad entrare in contatto con il proprio assistito, se non con grande difficoltà.