Freedom, Hurrya, Libertà – ad un anno dalla chiusura del CPR torinese

Il CPR di Torino è chiuso da un anno. Questo è accaduto grazie alla determinazione delle persone detenute che con le loro ultime rivolte hanno decretato la totale chiusura del centro, dopo quasi 25 anni di attività.
Le rivolte sono avvenute nelle giornate del 4 e 5 febbraio e nella serata del 20 febbraio 2023 e sono state precedute dalla decisione da parte di moltə detenutə di iniziare uno sciopero della fame; le ragioni sono ovvie: cibo immangiabile, totale mancanza di presa in carico sanitaria, il freddo subito durante l’inverno, il costante stato di inattività e la ridotta se non impossibile comunicazione con l’esterno. Al momento della prima rivolta, all’interno del centro erano presenti 120 persone, su una capienza massima di 144. Le persone detenute hanno dato fuoco ai materassi, rendendo inagibile quattro delle sei aree che compongono la struttura. Dopo, moltə di loro hanno subito massicci pestaggi, 28 persone sono state sequestrate per più di 24 ore in un magazzino e le restanti sono state lasciate nella mensa e all’aperto, senza materassi e coperte. Rimaste due aree agibibili, di cui una solo parzialmente, il CPR è stato velocemente svuotato. Alcunə detenutə sono statə trasferitə in altri CPR, altrə riconosciutə come colpevoli delle rivolte sono statə portatə direttamente in carcere; solo poche persone sono uscite con un foglio di via. Le 30 persone ancora recluse poco dopo lo spegnimento delle ultime fiamme si sono rivoltate nuovamente, dando fuoco alla struttura. In seguito alla seconda rivolta, nel CPR sono rimaste rinchiuse solo 6 persone, che sono state in seguito trasferite e deportate o liberate.
Il 3 marzo è la data che sancisce la chiusura del CPR di Torino.

Ad oggi non è ancora chiaro se, quando e dove riaprirà il cpr piemontese. Sappiamo però che le rivolte in questo periodo si susseguono e stanno infiammando i CPR di tutta Italia. Da nord a sud, le condizioni estreme a cui sono costrette le persone detenute si ripropongono tali e quali e sono in costante peggioramento. Il 4 febbraio 2024 un altro ragazzo ha perso la vita. Ousmane Sylla, 22 anni, è morto nel CPR di Ponte Galeria. Non vogliamo parlare di suicidio perché, come abbiamo già detto, le responsabilità delle morti in questi luoghi sono chiarissime: si tratta di omicidi di stato.
I CPR sono luoghi in cui si palesa il razzismo istituzionale che ormai da anni guida le politiche dei governi italiani ed europei. I CPR si inseriscono in un sistema molto più ampio di discriminazione, che inizia con il ricatto dei documenti e spesso finisce con deportazioni forzate. Inoltre, come strumenti di repressione e dominazione violenta, partecipano alla realizzazzazione di una gerarchia sociale in cui si decide quali siano le soggettività da marginalizzare e quali invece detengono potere. La minaccia del CPR rende complessa la libertà di movimento anche all’interno di una stessa città, definendone confini sottili e invisibili, ma decisamente chiari per chi non ha documenti.

La volontà politica dei governi che si sono susseguiti negli ultimi vent’anni è quella di aprire sempre più CPR sul territorio italiano e non solo. Gli accordi con l’Albania, per la costruzione di un cpr sulle sue coste, che vengono dopo quelli già tristemente noti con la Libia e la Tunisia, riflettono chiaramente l’intenzione dell’Europa e dell’Italia di allontanare e deportare le persone migranti.

Roma, Milano, Trapani, Macomer, Caltanissetta sono in rivolta. Anche se i governi provano a silenziare le voci di chi lotta e di chi sostiene le lotte, anche se le pene previste dai nuovi decreti si fanno sempre più alte e sconcertanti,  non lasceremo che nessuna di queste fiamme si possa spegnere.

nessun cpr, nè qui nè altrove
mai più cpr mai più lager

 

Stiamo completando una zine sui Lager di stato, in occasione dell’anniversario della chiusura del CPR torinese mettiamo online un estratto di 3Zeta che potete scaricare qui–> Rivolte_CPR_Torino_3zeta