BASTA SFRATTI: PER RISOLVERE IL PROBLEMA ABITATIVO BASTA ASSEGNARE LE CASE VUOTE!

Oggigiorno, nel 2024 a Torino il numero degli sfratti è il più alto mai visto negli ultimi 15 anni (almeno). Gli sfratti in corso sono 6000 (dati del ministero degli interni), mentre i nuclei familiari che faticano a pagare l’affitto sono 20000 (cioè le spese per l’abitazione superano il 50% del reddito).

Più del 90% degli sfratti sono per morosità incolpevole (dati Istat), ossia i nuclei familiari e le persone sotto sfratto sono coloro che non pagano l’affitto perché non possono permetterselo. In parole povere: se si è costretti a scegliere tra pagare l’affitto e dare da mangiare alla propria famiglia*, oppure se pagare l’affitto o sostenere spese mediche urgenti, oppure se pagare l’affitto o pagare le utenze sempre più alte, per evitare di rimanere senza gas o corrente, la scelta è una sola: quella che permette di sopravvivere.

In questi ultimi anni abbiamo assistito ad una violentissima campagna di criminalizzazione della povertà, scaricando tutta la colpa dello sfratto sull’affittuario che non riesce a pagare perché “non fa abbastanza sacrifici”, eludendo il fatto che invece la responsabilità sta nella malagestione del problema abitativo da parte dei governi nazionali e locali, questa volta invece colpevole, per la scelta reiterata di disinvestire su case popolari, welfare abitativo e sostegni al reddito.

Quali sono le cause degli sfratti?

  • Le cause “personali” che portano le persone ad avere uno sfratto sono tante e varie: la perdita del lavoro (durante la pandemia è stato un problema diffuso e non ancora risanato), l’improvvisa malattia (sono sempre più diffuse) che comporta la perdita del lavoro, l’aumento dei costi di utenze e beni di prima necessità, la morte di un membro della famiglia, la separazione del nucleo familiare e molte altre cose.
  • Le cause economiche generali di questi anni che hanno portato gli sfratti ad aumentare del 200% (il sole 24 ore) in Italia negli ultimi 2 anni sono la pandemia e l’inflazione.
  • Ma le cause più rilevanti sono quelle strutturali sociali degli sfratti e del loro aumento sono la distribuzione ineguale della ricchezza, per cui i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sono sempre più poveri; la malagestione cronica del welfare abitativo che progressivamente toglie risorse a case popolari e contributi al reddito per chi ha bisogno per finanziare invece, attraverso i fondi del PNRR, progetti come per all’abbellimento delle facciate delle case del centro e il rifacimento di marciapiedi ed aiuole, con l’unico obiettivo di “far girare l’economia”, ossia mettere i soldi nelle tasche degli imprenditori. Gli stessi imprenditori che fanno lavorare gli operai senza adeguate misure di sicurezza, o che hanno diverse case di proprietà che mettono in affitto a prezzi più alti dei salari che pagano ai loro dipendenti.
  • Un’altra causa strutturale di carattere culturale che porta all’aumento degli sfratti e all’accelerazione delle tempistiche di esecuzione, è la credenza diffusa per cui il diritto di proprietà di chi mette le case in affitto si prioritario rispetto al diritto di avere una casa di chi rischia lo sfratto perché l’affitto non riesce a pagarlo. Carǝ signorǝ, questo modo di pensare è sbagliato: una società che pensa che è più “giusto” che un palazzinaro intaschi gli affitti, che costituiscono un surplus rispetto alle sue necessità, per metterli da parte o per andare in vacanza in posti lussuosi, rispetto al fatto che una famiglia* viva con un tetto sopra la testa, al caldo e in modo dignitoso, è una società marcia, in cui hanno più valore i soldi che le vite delle persone. Pensiamo invece che una società basata su umanità e uguaglianza debba avere come priorità quella per cui tuttǝ abbiano una casa, del cibo, la possibilità di studiare e di curarsi.

E già che ci siamo, vi diamo un’altra grande notizia: gli sfratti non sono conseguenza della colpevolezza di chi non paga l’affitto perché non può, e nemmeno sono solo una conseguenza della povertà dovuta alla distribuzione ineguale della ricchezza. Gli sfratti sono anche una delle cause strutturali di produzione della povertà stessa. Infatti chi è sotto sfratto parte da una condizione reddituale e lavorativa estremamente precaria (se no non ci si troverebbe in quella situazione), e lo sfratto peggiora tale condizione perché ci si trova non solo senza lavoro e reddito, ma addirittura senza la casa, cioè la base per poter costruire la propria vita e rimettersi in piedi.

Quali sarebbero possibili soluzioni?

  • Ristrutturare ed assegnare le case popolari. Un piccolo esempio è che nel 2022, a fronte di 3000 sfratti e una lista d’attesa di 17000 aventi diritto, le case assegnate sono state 35, di cui 7 a famiglie che hanno seguito un percorso di lotta per la casa (quindi un quinto!)
  • Mettere un tetto al mercato degli affitti. Mettiamocelo bene in testa tuttǝ: fare il palazzinaro non è un lavoro onesto perché significa speculare su quello che dovrebbe essere garantito di diritto. Significa sfruttare il sudore e la fatica altrui, facendo leva spesso sulle persone più ricattabili che non trovano una casa per il razzismo del mercato immobiliare, o perché alle donne sole con figli non affittano le case in quanto ritenute affittuarie non affidabili, e così via.

Queste soluzioni non vengono messe in campo dalle istituzioni non perché non ci sono case (le case vuote sono 30 mila), o non ci sono soldi (i finanziamenti per la guerra o per rifare le aiuole in centro ci sono sempre), o altro. Ma perché chi governa lo stato, la provincia e il comune fa scelte politiche contro i poveri e contro chi subisce lo sfratto.

Quindi cosa possiamo fare?

  • Resistere agli sfratti: il giorno dello sfratto è possibile organizzare un muro popolare, essere in tante e tanti per impedire l’esecuzione dello sfratto e contrattare con proprietario e ufficiale giudiziario il rinvio ad un’altra data
  • Lottare per il diritto alla casa: insieme possiamo organizzarci, far venire alla luce che il problema degli sfratti è un problema sociale strutturale causato dalla distribuzione ineguale delle risorse. E va risolto.


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