Ci avviciniamo a celebrare l’80esimo anniversario della liberazione dal nazi-fascismo immersi in un’atmosfera da fine del mondo.
Se non fosse bastata la promessa distruttiva della crisi ecologica in cui siamo immers*, con la sindemia del covid come trauma collettivo giร quasi-rimosso, la guerra aperta รจ nuovamente esplosa anche nella “pacifica” Europa.
Sappiamo bene che per i popoli e per le soggettivitร oppresse, cosรฌ come per le lavoratrici e i lavoratori, la guerra, nelle sue forme piรน esplicite delle bombe in Palestina o in quelle meno dichiarate come femminicidi, transicidi, morti sul lavoro o in mare, non si era mai fermata.
Al contempo perรฒ assistiamo ad un cambio di paradigma, esemplificato dai discorsi intorno alla guerra guerreggiata, dal via libera al riarmo come unica soluzione per salvarci dalla barbarie, dal riaccendersi dei nazionalismi e dalle guerre commerciali.
Eppure, di fronte all’intensificarsi del genocidio in Palestina, all’aumento vertigionoso delle spese in armamenti in Europa e nel mondo, alla violenta repressione del dissenso che, partendo dagli USA di Trump e passando per la “democratica” Germania, arriva fino alla fascistissima Italia, non รจ il momento di abbandonarci allo sconforto nรจ di soccombere alla disillusione.
Il macro della geopolitica estera si riflette e rafforza nel micro delle nostre vite e dei quartieri in cui viviamo come nodi in tensione da cui rispondere, opporsi e resistere, soprattutto quando la sospensione totale di qualsiasi forma di democrazia si rende evidente. Ci scontriamo infatti con disuguaglianze di classe sempre piรน amplificate, le stesse che rendono impossibile a moltx avere una casa ed arrivare a fine mese nonostante un contesto urbano colmo di spazi abbandonati lasciati a marcire. Le cittร che abitiamo si rivelano divise in frontiere interne che separano i quartieri โriqualificatiโ, accessibili a poch*, da quelli โindecorosiโ, raccontati come pericolosi attraverso le famose โzone rosseโ fino a rendere di nuovo legittimi e desiderabili luoghi di confine e tortura come le carceri e i cpr. Nel clima di guerra diffuso, non sono solo le fasce piรน marginalizzati a subire il neofascismo, siamo tutt noi, perchรฉ i tagli allโistruzione, alla ricerca, alla salute pubblica, ai centri antiviolenza hanno effetti reali sui corpi senza distinzioni, seppur con differenti gradi di severitร . In questo meccanismo stratificato, la guerra si presenta come realtร pronta a riscrivere i presupposti di ulteriori divisioni sociali, nuovi sommersi e salvati mentre si allarga la fascia di persone e corpi sacrificabili.
Se la confusione รจ grande sotto il cielo, il momento non รจ certo eccellente, eppure il mondo รจ lungi dall’essere pacificato: in Palestina il movimento di resistenza palestinese affronta con determinata ostinazione il tentativo di cancellazione del loro popolo, negli Stati Uniti studentesse e studenti infiammano le universitร sfidando l’ira repressiva del governo repubblicano, mentre dal Chiapas arriva l’appello a costruire “il giorno dopo” della tempesta capitalista.
IL 25 aprile ci pare allora quanto mai attuale, nel suo interrogarci in maniera urgente, non solo oggi ma nelle lotte che animiamo tutti i giorni: di fronte alle crisi del mondo che conosciamo, con i suoi immancabili risvolti violenti e sanguinari, da che parte stiamo? Quali responsabilitร , individuali e collettive, ci chiamano all’azione?
Ieri come oggi, resistere rimane per noi una postura necessaria quanto diversificata nella molteplicitร di pratiche, forme e idee disposte a contrastare imperialismi e fascismi vecchi e nuovi. Che sia nell’opporsi a progetti estrattivi ed ecocidi tramite sabotaggi e picchetti, occupando fabbriche e rivoluzionando gli assetti produttivi in chiave anti-capitalista, dis-armando una guerra contro le donne e le soggettivitร non conformi al mito patriarcale e alle sue soluzioni punitive e securitarie. Smontando il mito del progresso e della pace basate su violenza e sfruttamento lontano dai nostri occhi. Resistiamo e ci organizziamo nella lotta liberando spazi e menti, salvando il desiderio di un’alternativa rispetto a un mondo in fiamme, occupando case, palazzi, quartieri e universitร per dar spazio a nuove forme del sociale, di alleanze e di solidarietร nelle lotte di ciascun contro nemici comuni, perchรจ nessunx rimanga solx.
Oggi, dopo 80 anni, siamo qui per ricordare, e per non dimenticare mai, il costo della nostra libertร e la sua necessitร , uno sforzo continuo da compiere insieme, giorno dopo giorno.
Sarร un giorno di festa e di lotta, vogliamo passarlo con l* nostr* compagn*, sicur* che le nostre strade si incontreranno ancora e spesso nei tempi prossimi di resistenza.
Fino alla rivoluzione