Viva il partigiano Orso Tekoser. Con Eddy e con chi resiste, sempre.

Il 18 Marzo 2019 ci arrivava la terribile notizia della morte in battaglia di Lorenzo Orsetti, per tutt* noi Orso Tekoser, combattente internazionalista partigiano caduto nella guerra di liberazione contro l’ISIS.
Oggi, ad un anno di distanza, il testamento che ci ha lasciato Orso ci indica la via da seguire: ripartire e ricostruire dalla collettività, contrapporre il senso del comune al dilagante individualismo ed egoismo.

Sono tempi difficili, lo so, ma non cedete alla rassegnazione, non abbandonate la speranza, mai! Neppure per un attimo.“

Una frase che in queste settimane difficili e stranianti, assume una potenza devastante. Il raggiungimento della felicità individuale non può che arrivare dal bene comune, perchè come diceva Orso, non c’è niente di più grande che dedicare la propria vita al prossimo, anche con il sacrificio più grande, “perchè è così che si cambia il Mondo.”

In questa giornata di ricordo e di dolore, non possiamo non sentire la rabbia per la decisione assunta ieri dal tribunale di Torino che ha inflitto 2 anni di sorveglianza speciale a Eddy, compagna e combattente internazionalista che si è unita alle YPJ, combattendo sì contro l’ISIS, ma anche e soprattutto per una società più equa e giusta, libera dal patriarcato e dal sessismo. Continua la lettura di Viva il partigiano Orso Tekoser. Con Eddy e con chi resiste, sempre.

CHIUDERE TUTTI I CPR, CHIUDERLI SUBITO!

In un contesto di sempre maggiore stretta delle misure di contenimento
dell’epidemia da Coronavirus, centinaia di persone rimangono recluse nei
CPR  a tempo indeterminato senza alcuna tutela per la propria salute
.

I DPCM che si sono succeduti in questi ultimi giorni e le misure prese
da diversi paesi in tutto il mondo, con il blocco dei voli per e
dall’Italia, hanno comportato la graduale chiusura delle frontiere ma
non per quanto riguarda i rimpatri
. Infatti, il 9 marzo 2020 è stata
inviata a tutti i questori una circolare in cui si esplicita che
“dovranno essere assicurate le attività relative all’espulsione
degli/lle stranieri/e irregolari”, come già anticipato nel decreto n.11
art.2 dell’8 marzo 2020 in cui tra le eccezioni del rinvio delle udienze
rientrano “i procedimenti di convalida dell’espulsione, allontanamento e
trattenimento di cittadini di paesi terzi”.
La macchina della detenzione e del disciplinamento va avanti anche per
quanto riguarda le retate che proseguono senza sosta e portano nuovi/e
trattenuti/e all’interno dei CPR.
A fronte di un’emergenza sanitaria di tale portata, risulta più che mai
evidente la violenza strutturale ed organizzativa dei centri di
permanenza per il rimpatrio (CPR).
Le condizioni sanitarie pessime, le scarse possibilità di accedere alle
cure mediche, il sovraffollamento e l’ingresso giornaliero di
poliziotti, civili e nuovi/e trattenuti/e,rendono di fattoimpossibile la
messa in atto delle norme sanitarie imposte dall’ultimo DPCM all’interno
di queste strutture.
Le poche e confuse norme che regolano il CPR, non prevedono aree
utilizzabili al ricovero e all’isolamento sanitario
.
Cosa succederebbe se si dovessero registrare casi di persone positive al
Covid-19 all’interno del CPR?
Se già in condizioni di non-emergenza è inaccettabile la detenzione
forzata di persone a cui non viene riconosciuta la libertà di esistere –
al di là della concessione di inserimento in categorie produttive
(lavoro o studio) e riproduttive (ricongiungimenti familiari) utili e
riconosciute dalla società – ancora di più l’attuale situazione di
emergenza rende maggiormente evidente il razzismo istituzionale che ha
già deciso chi è sacrificabile
!

L’unica soluzione applicabile è la chiusura definitiva di ogni centro di
permanenza per il rimpatrio e la liberazione di tutte e tutti
.

Le nostre riflessioni sullo stato di emergenza

Le ultime settimane hanno segnato le nostre vite in modo profondo, facendoci piombare in una realtà che pensavamo distopica, ma che ci è arrivata addosso cambiando radicalmente le nostre vite. Una realtà che non eravamo (e non siamo) pronti ad affrontare, un cambio epocale di fase di cui dobbiamo ancora capire la reale portata. Allo stesso modo abbiamo sentito l’esigenza, come sempre, di superare le difficoltà individuali e personali, nel collettivo. Per questo negli ultimi giorni abbiamo creduto fondamentale parlare, discutere e confrontarci su quello che ci stava (e ci sta) accadendo. Il risultato è questo documento, una prima elaborazione, sicuramente parziale, che vuole essere un tentativo di condividere pensieri, timori, paure, proposte e rivendicazioni.

La prima cosa che questa pandemia ha dimostrato, in Italia, è il pessimo livello di salute del Servizio Sanitario Nazionale, che ancora nella mitologia popolare veniva citato come un fiore all’occhiello del nostro paese. Dopo 30 anni di politiche liberiste caratterizzate dall’aziendalizzazione della salute, da tagli progressivi al personale e ai posti letto e da esternalizzazione dei servizi, con finanziamenti sempre maggiori ai privati, il SSN mostra evidentemente le sue carenze. È noto a tutti che l’Italia è uno dei paesi OCSE più in basso nella classifica di spesa per la Salute (nel 2018 spendevamo il 68% in meno della Germania, il 47% in meno della Francia) e questa differenza di spesa non è senza conseguenze: per capirci la Germania ha 28.000 posti letto in terapia intensiva, mentre l’Italia ne ha soli 5.000, a fronte di una popolazione solo di poco inferiore.
Le proposte del Governo per sopperire a tale carenza sono perlopiù insufficienti e regressive: richiamare a lavoro gli operatori in pensione (paradossale se non irresponsabile, vista la raccomandazione del Consiglio dei ministri, per cui le persone anziane non devono uscire di casa); bloccare le attività ambulatoriali; cancellare i limiti all’orario massimo di lavoro per il personale impegnato nella gestione dell’emergenza; fare accordi con il privato non convenzionato.
Ancora una volta i costi economici non sono ripartiti in maniera equa e proporzionale ma si scarica il peso dell’emergenza sul pubblico e su una fascia della popolazione, si sacrificano i diritti del lavoro e si nascondono gli effetti reali che questa misura avrà sulla vita delle persone trasformando (il personale sanitario?) in eroi, costringendoli a invisibilizzare i propri problemi e i propri bisogni, schiacciati come sono tutti i giorni nelle pagine dei quotidiani tra santificazione e martirio. Nel frattempo si ragiona già di scegliere chi salvare in base all’età: qualche anno di troppo potrebbe costarti il posto in rianimazione. Continua la lettura di Le nostre riflessioni sullo stato di emergenza