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Cronaca di uno sgombero dolce: sulle ultime vicende intorno all’ex MOI

Il progetto M.O.I. (Migranti Opportunità di Integrazione) con l’arrivo dell’estate ha portato a termine lo svuotamento della prima palazzina. Un maxi progetto interistituzionale gestito da Compagnia San Paolo condito da parole politically correct come collaborazione, dialogo, opportunità ma che ha fatto vedere presto la sua vera natura. Durante lo sgombero degli scantinati (inverno 2017) e nei giorni successivi molti abitanti hanno espresso il loro dissenso ottenendo un incontro in circoscrizione con i firmatari del progetto per poter rinegoziare lo sgombero. L’équipe del progetto ha pensato di risolvere il problema provando ad ignorarlo, mostrando la propria incapacità di gestire i malumori. La risposta alle proteste è stata la repressione. La Questura ha proceduto con l’arresto di 4 occupanti, a monito per tutti gli altri.

La volontà collaborativa del progetto soft si infrange quindi alle prime criticità ed obiezioni e mostra il suo volto neocolonialista. Un innovativo dialogo monodirezionale a cui non è contemplato opporsi.

La seconda fase del progetto si è conclusa lunedì 6 agosto, un’afosa giornata in una Torino semi deserta.

La palazzina prescelta è stata quella con il numero minore di abitanti (circa 180), in maggioranza di nazionalità somala, molti dei quali con esperienze di sgomberi “soft” alle spalle.

Data l’insistenza dei messaggi e delle telefonate anonime ricevute che annunciavano lo sgombero, durante la notte di domenica alcuni occupanti hanno fatto le valigie e si sono spostati nelle altre palazzine, altri se ne sono andati del tutto, qualcuno si é rinchiuso nel suo appartamento. Altri ancora sono tutt’ora a lavorare nelle campagne tra Saluzzo (CN) e il sud Italia e chiamano disperati chiedendo cosa ne è stato della loro casa.

Alle ore 6,00 di lunedì 6 agosto si sono presentate in via Giordano Bruno una decina di dolcissime camionette (tra celere e carabinieri) e una sessantina di dolcissimi agenti digos che travolgendo solidali e somali davanti all’ingresso hanno fatto irruzione nella “palazzina marrone”. Tutta l’area è stata subito circondata da anti sommossa e invasa da polizia scientifica, cinofila, funzionari e giornalisti, allontanando  solidali e gli altri occupanti del villaggio olimpico e impedendo loro di avvicinarsi. Solo nella tarda mattinata è arrivato il gruppo di mediatori e ancora più tardi il tristemente noto project manager dello “sgombero umanitario”, ovvero il personaggio che ha denunciato e fatto arrestare i 4 occupanti nei mesi scorsi e che, orecchie basse, eseguiva gli ordini della prefettura evidentemente escluso da qualsiasi decisione dopo aver dimostrato tutta la sua strapagata inettitudine.

Alcuni occupanti avevano deciso di aderire al progetto e sono usciti quasi subito dalla palazzina, per gli altri Questura e Prefettura di Torino avevano riservato un asso nella manica. I dolcissimi funzionari dopo aver passato le settimane precedenti in un tira e molla tra concessioni e minacce cercando di convincere gli occupanti a lasciare la palazzina, senza molto successo, si sono presentati con due faldoni contenenti permessi di soggiorno e soprattutto titoli di viaggio, documenti preziosissimi che, pur un diritto, venivano negati senza un perchè da 5 anni. Una prova muscolare che di dolce e soft non ha nulla, piuttosto un bieco ricatto nel migliore stile sbirresco. Ora l’amministrazione Appendino può rilasciare dichiarazioni trionfalistiche, dalle quali risulta evidente lo schifoso quanto virtuale risultato politico, ottenuto giocando per l’ennesima volta sui corpi dei migranti, inseguendo la Lega di Salvini alla conquista degli animi sempre più razzisti degli elettori.

 

In totale si parla di un’ottantina di persone sgomberate e portate all’ HUB di Settimo Torinese, per essere poi smistate nei prossimi giorni nelle soluzioni abitative della cooperativa BABEL, vincitrice del primo lotto di carne umana. Vale ricordare che questa cooperativa, già famigerata con il nome di Terra del Fuoco, era stata protagonista nel 2014 della gestione dello sgombero del campo nomadi di Lungo Stura Lazio, con annessa truffa aggravata per circa 5 milioni di euro.

80 persone che hanno ceduto al ricatto su un totale di 180. Rovesciamo i dati: 100 persone hanno detto no all’ennesimo progetto di ricollocazione e continuano a resistere all’interno dell’occupazione.  Qual è la vittoria della giunta Appendino?

In questi mesi abbiamo assistito a varie tecniche coercitive messe in atto dall’équipe che gioca con la precarietà delle vite degli abitanti: dall’offerta di qualche spicciolo, al rilascio di documenti, in realtà previsti per legge, fino appunto all’arresto. Le palazzine dell’ex villaggio olimpico sono lo spazio sociale dove emergono le contraddizioni delle politiche emergenziali di accoglienza delle ultime amministrazioni: il progetto di sgombero è un mercato dove si giocano gli interessi privati di tutti i soggetti coinvolti, tranne degli abitanti.

Un progetto che voleva essere simbolo dell’innovazione dell’amministrazione 5Stelle, in discontinuità con la governance cittadina precedente, ma che di fatto ci ripropone le stesse soluzioni e gli stessi giri d’affari.

I 5Stelle hanno proclamato da sempre una politica di cambiamento, ma alla prova dei fatti hanno invece comodamente indossato gli abiti delle precedenti amministrazioni. La campagna di sgomberi che sta attraversando la città mostra chiaramente il carattere repressivo della giunta Appendino, che mira a chiudere tutti gli spazi che negli anni hanno restituito alla città luoghi liberati e laboratori di pratiche solidali dal basso che poco piacciono ai benefattori istituzionali che non possono arricchirsene.

La prima conferma di questo processo di continuità avviene tramite la partecipazione delle stesse cooperative che avendo sperimentato il profitto con progetti a termine durante l’emergenza Nord Africa hanno pensato bene di sfruttare anche quest’occasione. Finanziamenti fuori misura a fronte di un impegno minimo nella presa in carico dei migranti. Di fatto progetti-parcheggio temporanei (6 mesi-1anno) dislocati nel territorio. E così persone che, pure nella precarietà, avevano iniziato un percorso di autonomia e non costavano allo Stato, si trovano nuovamente forzati a stare al gioco dell’assistenzialismo paternalista, con buona pace dei proclami di Salvini e dei suoi sgherri.

La seconda conferma ci arriva dal fatto che ormai questo progetto è in atto dalla scorsa primavera e i primi contratti di lavoro stipulati, sbandierati come grandi successi di integrazione, non sono poi stati rinnovati, con il conseguente ritorno al Moi di alcune decine di abitanti. Che Compagnia stia già pensando a come strutturare un’innovativa quarta accoglienza, visto che la neonata terza è già fallita?

 

Il comune è disposto ad avallare nuovamente gli interessi privati di Compagnia San Paolo, vero padrone della città sabauda, invece di prendersi la responsabilità politica e sociale dell’occupazione dell’Ex-Moi e del suo essere un ghetto all’interno della città.

Sorda e cieca davanti alla determinazione e alla resistenza degli abitanti delle palazzine, che rifiutano giustamente di abbandonare la loro vita quotidiana, costruita a fatica dopo essere stati rigettati dal sistema dell’accoglienza. Il diritto di autodeterminazione di ogni individuo risiede nella facoltà di scegliere ciò che è meglio per lui, ma anche nella reale possibilità di poter godere dei diritti che gli sono riconosciuti al momento solo sulla carta. Spesso si tratta di persone che hanno completato il ciclo di prima accoglienza, con permesso di soggiorno, ma cui vengono negati titoli di viaggio per potersi spostare verso altre opportunità o che hanno trovato nel Moi un luogo dove vivere e costruire una rete sociale, che altrove non era possibile. Oppure persone appena arrivate che sostano ogni giorno per ore davanti alla questura in attesa che l’impiegato di turno abbia voglia di prendere in considerazione la loro richiesta d’asilo.

Migranti un’Opportunità di Integrazione è l’ennesima faccia di una prassi antica che mira alla produzione di soggetti precari e facilmente ricattabili ed alla riproduzione sistemica di un’eccezione nella gestione dei flussi migratori.

Ciò che interessa alla proprietà è lo smaltimento delle persone per poter demolire le palazzine e costruire un complesso destinato al social housing, l’ennesima presa per il culo. Il complesso del villaggio olimpico già da progetto doveva essere riconvertito interamente in residenze sociali e servizi di base, invece è stato abbandonato all’usura del tempo. E’ giusto ricordare che sono nate come palazzine di facciata per le olimpiadi del 2006 e che hanno mostrato nel giro di pochi anni a tutta la città, la decadenza e la speculazione con cui sono state costruite. Un complesso costruito come patrimonio per la città e che è stato invece quasi completamente abbandonato rivelando tutta la sua inutilità.  L’amministrazione 5 stelle si sta dimostrando totalmente incapace di gestire la Città e i bisogni reali di chi la abita, mentre si proietta scellerata verso le olimpiadi 2026, in un diabolico perseverare sulla strada dei grandi eventi che creano una temporanea e illusoria ricchezza lasciando la città sotto una cappa di debito asfissiante e duraturo, come il precedente del 2006 ha ampiamente dimostrato.

 

Questo meccanismo, che produce ricchezza per pochi sulle spalle di migranti e autoctoni, non rappresenta certo una novità: mette anzi in evidenza la continuità, in termini di immigrazione e di ingiustizia sociale, non solo sul piano locale, ma anche su quello nazionale.

Diviene allora importante rendere visibili le contraddizioni che dilaniano questo governo e far saltare la retorica razzista che induce a cercare il nemico nel vicino più debole.

Solo ripartendo dalla solidarietà tra gli sfruttati, migranti e non, possiamo mettere un freno all’arroganza del potere e costruire la possibilità di una vita degna per tutt*

 

CSOA GABRIO – Comitato Solidarietà Ex-Moi occupato

Solidarietà ai compagni e le compagne di C.S.O.A Askatasuna e Spazio Popolare Neruda

Decine di uomini delle forze dell’ordine con l’ausilio di diversi mezzi blindati, hanno fatto irruzione all’interno del Centro Sociale Askatasuna e dello Spazio Popolare Neruda per notificare 15 misure cautelari (tra cui 9 arresti domiciliari) ad altrettanti compagni e compagne. La vergognosa operazione di questa mattina è legata al corteo del 1° Maggio del 2017 quando, sotto una pioggia torrenziale, lo spezzone sociale che stava sfilando in modo tranquillo ma determinato, fu improvvisamente bloccato all’imbocco di Via Roma da decine di celerini in assetto antisommossa. Il corteo fu caricato brutalmente a più riprese, diverse persone, tra cui alcune “mamme per la libertà di dissenso”, furono malmenate a manganellate ed a calci con pestaggi veri e propri nello stupore generale, provocando (anche) la rabbia delle migliaia di persone che attendevano al lato della strada il passaggio del corteo. Un prologo, quello del 1° Maggio 2017, che abbiamo più volte visto ripetersi uguale a se stesso negli ultimi anni, quando la principale preoccupazione della questura e della politica cittadina, era quello di bloccare lo spezzone sociale, impedire l’entrata nella piazza dei confederali e mettere a tacere ogni forma di dissenso. A quanto apprendiamo dai compagni e dalle compagne del C.S. Askatasuna, da una veloce lettura delle carte dell’ordinanza, emerge l’aver voluto “rimarcare la loro estraneità alla manifestazione ed ai valori da essa espressi”. Un accusa tutta politica che va proprio nella direzione di rimarcare la volontà di eliminazione di qualsiasi voce contraria e/o non allineata all’interno di quel corteo e non solo. Esprimiamo la nostra totale solidarietà e complicità a tutt* i/le compagn* colpiti da questa infame operazione repressione ed invitiamo tutte e tutti a seguire gli sviluppi, prendere posizione e mostrare solidarietà attiva.
LIBER* TUTT*
Le compagne ed i compagni del CSOA Gabrio

Via Revello: una vittoria popolare

I giardini di Via Revello hanno aperto senza rumore e senza spreco ulteriore di energie come è giusto che sia per un spazio verde che è già diventato un piccolo luogo di pace per fuggire al traffico e al caldo della città.

Ha aperto senza i consueti video su facebook a cui l’Appendino ci ha abituati e che è ormai evidentemente costituiscono l’unica forma grillina di partecipazione e dialogo con la città.

Ha aperto senza trionfalistici articoli di giornali da parte dell’assessore Unia che non perde mai occasione per professare il suo credo nel verde salvo prestare aggratis i parchi ai privati (vedi il salone dell’automobile al Valentino) o abbandonarli al loro destino (come il parco Michelotti).

Eppure in questi 4 anni di lunga attesa intercorsi dalla riconsegna del vecchio stabile del Gabrio e l’apertura il 1 luglio del giardino ne abbiamo visto di prese di posizioni piene di sorrisi bugiardi e quindi ora perché tutto questo silenzio?

Noi una risposta proviamo a darla: perché è una vittoria delle donne e degli uomini che abitano questo quartiere non certo della giunta targata 5 stelle. Solo la tenacia, le proteste e la pressione effettuata sulle amministrazioni tandem Fassino/Appendino dalle persone e dalle associazioni di quartiere hanno saputo strappare alla consuete speculazioni il nuovo giardino segnando una discontinuità con destino di tutte le aree pubbliche abbandonate utilizzate per far cassa svendendole ai privati.

È un evento da tacere perché è in controtendenza con il patto di ferro sancito dall’idea della candidatura olimpica 2026 stipulato da Appendino con i soliti costruttori (o meglio cementificatori) che hanno devastato la città riempiendola di cantieri infiniti. Artefice del rinnovato “sistema Torino” l’istrionico vice sindaco e professore Montanari passato, in meno di due anni, senza battere ciglio dalle barricate sui beni comuni ai brindisi in collina con gl’impresari dei supermercati: ogni uomo, come sempre, ha il suo prezzo!

È un evento da non pubblicizzare perché è la conferma che è ancora possibile dal basso difendere i propri spazzi e rivendicare una migliore vivibilità in una città che è la più inquinata del mondo: è possibile lottare dal basso contro il sistema delle speculazioni e vincere!

È questo che dà più fastidio in comune vista anche la scelta di procedere senza sosta allo sgombero degli spazzi liberati: Fenix e Manituana sono solo gli ultimi della lista.

Noi questa vittoria la dedichiamo idealmente ai nostri compagn*, Nico, Anna, Walter e Nino che oggi non ci sono più, ma che hanno dato a lungo il loro impegno, idee, energie e gioia per dare vita a quello che era il centro sociale Gabrio nella sua vecchia sede di via Revello e animare quel genius loci che ha saputo schiantare, per una volta, i trolls del cemento.

A noi il giardino piace così pieno di verde e poco crediamo nel percorso partecipato per attrezzarlo: scommettiamo che i 300mila € promessi da Unia magicamente spariranno probabilmente nel calderone olimpico.

San Paolo Ribelle

CSOA GABRIO

Sull’articolo della Stampa: di fake news, fango e “giornalismo” di regime

Non siamo soliti calarci sotto i riflettori, non ci piace e un po’ ci infastidiscono le luci negli occhi, blu o gialle che siano e le telecamere troppo invadenti, ma vogliamo provare a entrare nel tritacarne mediatico che si è scatenato in questi giorni intorno alla maestra che ha urlato la sua incazzatura in occasione del corteo antifascista a Torino di 8 giorni fa. Lo facciamo innanzitutto per provare a demistificare e a spazzare via un po’ dell’odore nauseabondo che il livello raggiunto dal dibattito mass mediatico ci obbliga a respirare, e poi perchè il Centro Sociale e la Palestra Popolare vengono qua e là tirati in ballo.

Il dato rilevante di quella serata era che diverse centinaia di persone erano in piazza contro la propaganda razzista e xenofoba di Casa Pound, una mobilitazione che coinvolgeva giovani e meno giovani che in modo auto organizzato si erano riuniti per affermare un concetto semplice: nella nostra città non saranno mai benvenuti i neo-fascisti. Una piazza antifascista che consapevolmente si opponeva all’ennesimo evento in cui si offriva uno spazio di ribalta e una legittimazione a un gruppo di fascisti responsabile nel paese di molte aggressioni (152 negli ultimi tre anni) nei confronti di immigrati, attivisti e attiviste dei movimenti sociali e dei collettivi. In-Utili profeti della guerra tra poveri. Sulla serata tante parole e troppe idiozie sono già state sparse al vento; per quello che ci riguarda si è trattata di una buona e giusta serata antifascista, antirazzista e antisessista, necessaria in un paese dove ci si dichiara sconvolti di fronte allo stragista di Macerata, ma si legittimano i neo-fascisti e si veicola il razzismo come facile arma di distrazione di massa utile al sistema politico meschino e corrotto che ci governa, reale responsabile di precarietà, malessere e disagio sociale.

Capita però che durante il corteo, lontano dalle bombe carta che suggeriamo agli inquirenti contenevano chiodi di garofano, una maestra decida di esternare la sua rabbia Continua la lettura di Sull’articolo della Stampa: di fake news, fango e “giornalismo” di regime

Sugli arresti all’Ex MOI – Comunicato dei solidali

“Altro che bloccato, il progetto prosegue”. Questa è una delle dichiarazioni dell’Assessora Schellino che questa mattina abbiamo letto pubblicata sul quotidiano la Stampa, all’interno dell’ennesimo articolo del solito Federico Genta dedicato al progetto di ‘sgombero soft’ delle palazzine olimpiche ideato da Compagnia San Paolo.
Probabilmente l’Assessora rilasciando ieri queste dichiarazioni era già in qualche modo informata di quanto sarebbe successo nella mattinata di oggi, quando la Questura di Torino ha arrestato 3 occupanti del MOI che insieme a molti altri si erano resi protagonisti delle proteste contro il progetto di sgombero con alcune iniziative all’ufficio del Project Management di Compagnia San Paolo.
Nel dicembre scorso, molti occupanti del MOI avevano simbolicamente sgomberato l’ufficio poco distante dall’occupazione portandone in strada gli arredi, e chiedendo e ottenendo che quella sede fosse spostata altrove.
Continua la lettura di Sugli arresti all’Ex MOI – Comunicato dei solidali

Analisi del progetto MOI da parte del Comitato di solidarietà rifugiati e migranti

Con l’inizio dello “sgombero” delle palazzine ex MOI si sono susseguite dichiarazioni e informazioni che hanno mostrato un notevole grado di malafede e superficialità. In particolare poco si è detto sul progetto che vorrebbe essere attuato e le sue implicazioni.

Il Comitato di solidarietà rifugiati e migranti del ex MOI si è invece preso la briga di smontare punto per punto questo famigerato progetto proposto dalle istituzioni.

Qui trovate il documento. Prendetevi un po’ di tempo e buona lettura!

Partito il progetto di “sgombero soft” dell’ex MOI: quanto è faticoso sgomberare un garage!

“In fondo, quei disgraziati han tutto da guadagnare. Perdono la libertà, è vero,
ma in cambio trovano il conforto della nostra religione,
diventano nostri schiavi, ma anche nostri fratelli”.
Dario Fo – Isabella, tre caravelle e un cacciaballe

Tra lunedì e martedì è stato portato a termine lo svuotamento dei garage delle palazzine del villaggio olimpico, il MOI, dove circa 90 persone vivevano e lavoravano, oggi spostate in alcune strutture nelle disponibilità della Curia e della Prefettura di Torino
Si è trattato di fatto di un banco di prova generale per il progetto di sgombero soft delle palazzine occupate (Migranti: un’Opportunità di Inclusione, questo l’acronimo del progetto) portato avanti da Fondazione San Paolo su mandato di un tavolo inter-istituzionale cittadino; un progetto di ricollocamento delle persone che in questi primi due giorni ha già dimostrato di non avere gambe solide.
E’ stato chiaro che, belle parole a parte, la faccia pacifica, democratica e non violenta è una maschera fragile, che rapidamente cade quando le cose non vanno come pianificato. Nessuno degli attori coinvolti nell’attuazione del progetto probabilmente aveva neppure considerato che qualcuno rifiutasse di accettare una carità così generosamente offerta.
Quando questo è successo, e 5-6 persone hanno deciso di restare, il piccolo incidente ha messo a dura prova la pazienza e le idee dei membri del “progetto MOI”, obbligandoli a mettere in campo ricatti (“se non uscite, devono tornare indietro anche tutti gli altri”), minacce (celere schierata in assetto antisommossa), promesse non mantenute, e dimostrando così in maniera evidente a tutti da che parte stanno: quella degli speculatori contro la vita delle persone.
Il progetto d’altronde si propone con chiarezza di dare vita ad un “terza accoglienza” nei fatti destinata a seguire le strade nella maggior parte dei casi rovinose della prima e della seconda Continua la lettura di Partito il progetto di “sgombero soft” dell’ex MOI: quanto è faticoso sgomberare un garage!

6 e 7 ottobre – 23 anni di lotte del CSOA Gabrio

* 1994 * Centro Sociale Occupato Autogestito Gabrio * 2017 *

via Millio 42

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23 ANNI DI GABRIO, LOTTE E AUTOGESTIONE!
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• Venerdì 6 Ottobre 2017:

Ore 19: APERICENA
Ore 21: PRESENTAZIONE del libro “La società artificiale” di Renato Curcio. Sarà presente l’autore

MITI E DERIVE DELL’IMPERO VIRTUALE
È esperienza comune che le nostre relazioni di qualsiasi tipo vengano sempre più frequentemente intermediate da dispositivi digitali. I legami interumani diretti lasciano il posto a mille forme di connessioni indirette e artificiali. Il marketing delle ‘internet company’ accompagna questa mutazione tecno-sociale con nuovi miti. La potenza degli smartphone, le meraviglie dell’intelligenza artificiale, la panacea dei robot per alleviare le fatiche del lavoro, la rivoluzione dei big data e il paradiso terrestre dell’internet delle cose. Un’assuefazione acritica maschera la nostra ignoranza sulle reali implicazioni di questa ulteriore evoluzione del capitalismo. Facendo leva su narrazioni d’esperienza che non indulgono all’anestetizzazione del malessere, questo libro s’interessa delle implicazioni sociali dei nuovi strumenti digitali e del significato concreto che nella vita di relazione quotidiana, nella politica, negli stati di coscienza e nel mondo del lavoro espressioni come big data, profilazione predittiva, intelligenza artificiale, cloud, robot umanoidi, internet delle cose, vengono realmente a configurare. Più in generale questa esplorazione cerca di mostrare come “progresso sociale” e “tecnologie digitali” non siano affatto sinonimi. E anzi, come queste ultime innervino l’architettura di classe capitalistica invadendo e aggredendo dall’interno lo spazio vitale essenziale delle relazioni umane.
Ben oltre la società industriale, la società dello spettacolo e la modernità liquida, la società artificiale ci mette dunque di fronte al germe accattivante e vorace di un nuovo totalitarismo. Un totalitarismo tecnologico che, a differenza di quelli ideologici del Novecento, invade e colonizza il luogo più “sacro” e fondamentale della libertà. D’altra parte, una matura consapevolezza di questa estrema deriva può essere anche il punto di partenza per un’ulteriore rimessa in discussione delle classi sociali e del destino di specie. Sapremo scegliere o ci accontenteremo di essere scelti?

Renato Curcio, socio fondatore di Sensibili alle foglie e socioanalista, ha pubblicato per queste edizioni numerosi titoli. Su questo tema, ricordiamo qui: L’impero virtuale, 2015; L’egemonia digitale, 2016.

• Sabato 7 Ottobre 2017:

Dalle 22 @ CSOA Gabrio
(Ingresso a sottoscrizione 5 euro)

dal vivo
THE SOULFUL ORCHESTRA
La Soulful Orchestra, guidata dalla solista la Soul Lady Maya è formata da diverse punte di diamante del panorama musicale italiano: il batterista Naska, da decenni membro fisso degli Statuto, Paolo Parpaglione, Enrico Allavena e Cato Senatore, sax trombone e chitarra dei Bluebeaters di Giuliano Palma (nonché storici membri di Africa Unite), Stefano Steve Colosimo, trombettista degli Africa Unite, Josè Loggia chitarrista dei Carusi Di Johnny Cayman, Gege Odasso, chitarrista di Mao e dei Monaci del Surf e il maestro Davide Enphy Cuccu alla tastiera.
La band mette in piedi un grande repertorio di rhythm and blues e soul d’annata.

A seguire DJ SET

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Reset g7 – A noi le strade a voi i privee

A noi le strade a voi i privee
E così è stato… In un migliaio ieri notte abbiamo attraversato 6 km
di strade liberate dai nostri corpi mentre un imponente e
paranoico schieramento di ffoo si arroccava ostinatamente intorno
all’hotel e alle vie del centro sequestrate per ospitare le delegazioni
del G7.
Dalle 7 fino alle 2 del mattino la città è stata invasa dalla nostra
gioia e dai nostri sound con cui abbiamo acceso una luce sui reali
problemi sociali causati dalle scellerate politiche liberiste dei G7 e
abbiamo violato, anche se di pochi metri, la zona rossa corazzata.
A chi dai social e dai media ci considera dei teppisti ribadiamo con forza che la violenza è ben altro. Accettare di vedere le
persone pagate 2,50 € a consegna, accettare che la gdo paghi i suoi
lavoratori la metà se fanno il turno di notte o accettare supinamente
che intere generazion siano ora senza diritti: servi vostri non lo saremo mai!
In una società morbosa i media cercano il fumogeno acceso invece dei
contenuti: i nostri carri hanno denunciato le nocività del lavoro
capitalistico, dallo sfruttamento del territorio allo sfruttamento del
nostro dolore e malessere, allo sfruttamento delle vite dei migranti
abbandonate  in mare dalle nostre disumane paranoie e incatenate al
lavoro in Italia.
Abbiamo iniziato la contestazione al g7… Proseguita oggi con la giornata di mobilitazione studentesca, che procederà nel pomeriggio e domani

RECLAIM the STREET: a voi i privé a noi le strade

Il prossimo fine settembre a Torino atterrerà il circo mediatico del G7 nella versione spezzatino all’italiana: dopo Taormina e Bologna, i magnifici 7 despoti si ritroveranno alle reggia di Venaria per glorificare, questa volta, le loro idee su lavoro, industria e saperi .
La città sarà soffocata e ubriacata a forza dall’evento tra pajettes luccicanti, mirabolanti patacche e saghe di futuri senza dubbio radiosi. I 7 buoni, rinchiusi nella dissoluta reggia, cucineranno le solite ricette fatte <degli altrui> tagli e sacrifici, mentre un esercito di cani rabbiosi vigilerà che non ci siano intrusi durante pasti e abbuffate in cui il capitalismo masticherà di nuovo diritti, libertà, ecologia e futuro.
Sottosorveglianza le nostre libertà lo sono già a Torino come in ogni altra città: il delirio securitario targato Minniti/Orlando, sottoscritto e applicato prontamente dai sindaci del club degrado come Appendino, spinge le nostre vite in percorsi sempre più stretti e senza via d’uscita tra autopattuglie, droni, bande di vigilantes buttafuori, transenne e barriere in calcestruzzo.
Le vere “strade sicure” sono invece per noi quelle attraversate dai corpi liberi di muoversi, di socializzare e di creare forme di aggregazione, partecipazione e condivisione alternative all’industria del divertimento-movida. Corpi capaci di scavalcare i divieti normalizzatori imposti dalla retorica fascista della sicurezza e del decoro urbano
Allora non possiamo che riprenderci le vie della nostra città dove scorrono il sangue e la vita vera degli esseri umani che continuate ad opprimere e perseguitare con le vostre violenze quotidiane perpetrate nei luoghi della formazione, nei posti di lavoro e nei quartieri.
Riprenderemo le strade a colpi di bassi vibranti, con una street in cui la musica spegnerà il vostro circo mediatico e darà voce ai tanti volti che non volete vedere: facce nere, facce gig, facce neet, facce drogate, facce lesbiche, facce NoTav, facce sfruttate, facce ribelli, facce inoccupate, facce sottopagate …
Rinchiudetevi pure nei vostri privé…a noi basta una città che balla
Reclaim the street 28_09_2017 (ore18): prima riunione organizzativa 31 agosto ore 21– Torino – Laboratorio autogestito Manituana (santottavio 19bis)