Archivi tag: antirazzismo

Incontro Pubblico: Immigrazione ed Asilo Nella Fortezza Europa

A settembre è stato presentato dalla commissione europea il nuovo patto sull’immigrazione e l’asilo. Gli obiettivi dichiarati mirano ad organizzare l’immigrazione legale tenendo conto delle priorità, delle esigenze e delle capacità d’accoglienza stabilite dagli stati membri e favorire l’integrazione degli immigrati; controllare l’immigrazione clandestina e favorire il ritorno volontario dei migranti nei loro paesi di origine o di transito; rendere più efficaci i controlli alle frontiere; costruire un quadro europeo in materia di asilo e creare un partenariato globale con i paesi terzi per favorire le sinergie tra migrazione e sviluppo.

Nel concreto la forma che si prefigge questo nuovo sistema di governance delle migrazioni risulta in linea con la tendenza securitaria su cui poggia parte della propaganda sovranista/nazionalista delle destre europee.

Con quali modalità l’Unione Europea intende affrontare i flussi migratori nei prossimi anni? Cosa si intende per velocizzazione e standardizzazione delle pratiche di valutazione delle domande d’asilo?
Quanto è pericoloso il potenziamento degli Hotspot dal punto di vista logistico ed informatico?
In che modo l’unione europea cerca sta cercando di ottimizzare la macchina delle espulsioni?

Cercheremo di fornire alcuni chiarimenti di questo nuovo dispositivo con Laura Martinelli (ASGI) e una compagna che si occupa di legislazione e migrazioni.

Black lives matter | 27 giugno 2020, ore 15

Da un mese sono esplose le proteste negli Stati Uniti in seguito all’ennesimo assassinio per mano poliziesca di un uomo afroamericano, George Floyd. “I can’t breathe” , sono state le parole pronunciate più volte da George prima di morire soffocato da un poliziotto, le stesse che disse Eric Garner nel 2014 a New York mentre un agente lo soffocava con il suo corpo, dopo averlo fermato per la vendita di sigarette di contrabbando. La morte di Garner, assieme a quella del diciottenne Michael Brown, ucciso durante un controllo in auto, e all’assoluzione del poliziotto che nel 2012 sparò al diciassettenne Trayvon Martin diedero vita al movimento Black Lives Matter, che oggi agita gli Stati Uniti, in rivolta contro il razzismo e per chiedere giustizia ed equità sociale.

Le lotte negli Stati Uniti sono cresciute grazie ad un grande accumulo di solidarietà e ottengono molte vittorie su campagne specfiche portate avanti a livello locale. L’eco delle proteste negli USA ha mobilitato e in alcuni casi infiammato moltissime piazze in giro per il mondo. In moltissimi e moltissime ci siamo riconosciut* in quel grido, perchè quotidianamente ci sentiamo soffocat* da questo sistema economico, politico e culturale.

Di questo sistema il razzismo è una pratica, un’operazione di violenza sistematica agita su più livelli, dall’uccisione di George Floyd all’esclusione sistematica della popolazione nera dai diritti, dal welfare, dal servizio sanitario, dal sistema di istruzione, dalle abitazioni dignitose, da certi tipi di lavoro. Non è difficile comprendere come le odierne proteste negli Stati Uniti siano una reazione alla violenza generalizzata subita da secoli e non si può pontificare, non senza apparire ridicoli, su quali siano le modalità più lecite di reazione alla violenza.

Anche da noi l’aria è pesante e la pandemia che sembra oggi in via di ridimensionamento ha evidentemente aumentato le disuguaglianze già profonde nella nostra società dove razzismo e sfruttamento sono elementi strutturali. Il grido di George Floyd e i movimenti sociali che hanno raccolto quel grido perchè non cadesse nel silenzio ci mostrano ancora una volta che auto-organizzazione e lotta sono gli unici strumenti per continuare a respirare.

La solidarietà è l’arma che abbiamo a disposizione e dobbiamo praticarla incrociando e sostenendo le lotte per scardinare razzismo e sfruttamento. Alle nostre frontiere, nel mar Mediterraneo si continua a morire annegati dalle mani dell’Europa, un olocausto taciuto di centinaia di migliaia di uomini e donne che muoiono nell’indifferenza. Nei campi migliaia di braccianti ricevono paghe da fame, costrett* a dormire in baracche di fortuna e la sanatoria di inizio estate del Governo sarà ancora una volta un provvedimento di emergenza e assolutamente insufficiente. Molte persone saranno costrette a continuare a vivere in  condizione di clandestinità: ricattabili all’estremo per lavorare, espellibili se finiscono tra gli ingranaggi infernali dei CPR (i Centri di Permanenza per i Rimpatri). In questi centri le condizioni di vita sono terribili e le proteste di chi è rinchius* praticamente continue, anche se circondate da indifferenza. L’accoglienza continua a essere argomento da campagna elettorale o affare su cui provare a lucrare, tutto ovviamente sulla vita delle persone. Razzismo, sessismo e fascismo godono di ampia legittimazione nel cosiddetto dibattito pubblico, che tra l’altro ha anche decisamente dimostrato (casomai ce ne fosse stato bisogno) come l’Italia abbia qualche ingombrante problema di rimozione del suo neanche troppo lontano passato coloniale.

Razzismo e sfruttamento sono la normalità di questo sistema alla quale non vogliamo tornare. Diciamolo chiaramente organizzandoci nelle lotte e diffondendo la solidarietà!

 

 

Ci vediamo sabato in piazza Castello!  

Non siamo mica gli americani, noi sì che possiamo sparare agli africani.

Il razzismo in Italia ha profonde radici storiche nel colonialismo mai affrontate pubblicamente.
 
1882: inizia l’occupazione dell’Eritrea conclusa nel 1885. Nel 1947 l’Eritrea diventa uno stato indipedente, ma nessun governo italiano ha mai chiesto il perdono al popolo eritreo per i 60 anni di occupazione e dominazione.
1889: inizia l’occupazione della Somalia conclusa nel 1908. Nel 1960 la Somalia diventa indipendente, ma gl’italiani impediscono le elezioni a suffragio universale, obbligando ad un voto su base tribale dando così origine alle guerre intestine che tutt’ora proseguono. Nessuno governo italiano ha mai chiesto il perdono del popolo somalo per i 70 anni di occupazione e dominazione.
1911: aggresione e occupazione della Libia, che si concluse tra il 1923/1925 quando il generale Graziani guidò con spietata ferocia una lunga campagna di distruzione della resistenza libica compiendo massacri e deportazioni per cui si guadagnò il soprannome di “macellaio del Fezzan”.L’Italia fascista creò un campo di prigionia e sterminio dei libici in Puglia nelle isole Tremiti. La Libia diventa indipendente nel 1947 e mai nessun governo italiano ha mai chiesto il perdono del popolo libico per le atrocità commesse.

Continua la lettura di Non siamo mica gli americani, noi sì che possiamo sparare agli africani.

Ennesimo episodio di intolleranza a Torino

“Torino, 9 giugno 2008

Anche a Torino c’è stato un blitz rastrellamento,
tipo Milano, nel vecchio campo nomadi di via Lega, datata residenza di un gruppo
di sinti piemontesi.
Operazione “antisommossa”, all’alba, con
spropositati agenti e mezzi agli ingressi nonchè costrizione dei residenti di
uscire dalle loro abitazioni per confluire al centro del campo ed essere infine
sottoposti a sfibranti controlli personali.
Cose mai viste in un accampamento “regolare”, ricco
di potenziali indicazioni per ulteriori insediamenti abitativi a misura di
cittadini italiani, sì diversi, ma decisamente radicati, dopo molte
tribolazioni, sul territorio.
Uomini, donne e bambini del campo ritengono di
essere stati bistrattati ed offesi come persone e come cittadini: è anche uno
sgarbo alla ospitale città di Torino, “medaglia d’oro” alla Resistenza che ha
fatto riacquistare la libertà a tutti i cittadini dopo un periodo oscuro e
autoritario decisamente cancellato che non deve mi più ritornare.

Un gruppo di sinti con l’Opera Nomadi”

VERITA’ E GIUSTIZIA PER FATIH! CHIUDERE I CPT ORA!

corteo no cpt san paolo

Circa 500 persone hanno partecipato oggi al corteo
“Verità e Giustizia per Fatih – Chiudere i CPT”.
Avevamo indetto il corteo lo scorso lunedì, dopo che nel fine settimana precedente
un ragazzo tunisino, detenuto al CPT di corso Brunelleschi-via Mazzarello era
morto, dopo oltre un giorno di agonia senza aver ricevuto le cure adeguate ed anzi completamente inascoltato nonostante sia lui che molti degli
alri migranti presenti nel CPT avessero a più riprese chiesto l’intervento del
personale che gestisce il lager di Torino.
In questa settimana dalla morte di Fatih, sono state molte le dichiarazioni
apparse sui quotidiani locali, tutte volte a screditare l’ipotesi
dell’omissione di soccorso; alcune tentando di ridurre il tutto ad una morte
naturale ed accidentale come ha provato a sostenere l’immancabile sindaco
Chiamparino, altre dai contenuti abominevoli e razzisti, come quelle del
Colonnello della
Croce Rossa (che gestisce il CPT) Antonio Baldacci, che ha superato ogni limite
di decenza parlando di tentativi di strumentalizzazione in atto e di una naturale
predisposzione dei clandestini a mentire!
Le ragioni del corteo erano molte: innanzitutto quella di impedire che sulla
morte di Fatih calasse il silenzio; poi quella di continuare a chiedere con
forza la chiusura dei CPT, e infine ovviamente quella di indirizzare ai reclusi
la solidarietà dall’esterno.
Il corteo è sfilato per le strade del quartiere San Paolo con la presenza dei
centri sociali e di diverse/i migranti, e partendo dalla denuncia della morte
di Fatih, ha lanciato al quartiere un messaggio anti-razzista in senso complessivo:
soprattutto la presenza degli immigrati e delle immigrate che hanno preso la
parola e conquistato protagonismo ha dato alla manifestazione un carattere fortemente comunicativo.
Durante il percorso molti slogan e interventi hanno parlato di Fatih e della
repressione quotidiana che i migranti e le migranti subiscono ogni giorno
nelle nostre città, ma anche della difficoltà comune di italine/i e immigrate/i di arrivare a fine mese senza essere ostaggi dei ricatti del lavoro precario o
in nero; contro le espulsioni, le discriminazioni, contro le politiche
securitarie, per l’unica reale sicurezza che ci interessa, ovvero quella dei nostri diritti di cittadinanza.

Il cortero è arrivato fino davanti al vecchio ingresso del CPT
di corso Brunelleschi, dove era già in corso un presidio organizzato
dall’Assemblea Antirazzista.
Come “Gabrio” dopo esserci fermati in corso Brunelleschi, abbiamo
ripercorso il quartiere dal CPT verso il centro sociale per allargare i
contenuti della giornata di lotta anche a quella parte di territorio di San
Paolo meno prossima al CPT. Da 9 anni, dalla sua apertura portiamo avanti lotte e iniziative
contro il CPT, perchè non vogliamo che questi lager esistano nè qui nè altrove;
e continueremo i nostri percorsi di lotta, per Fatih; per le centinaia di morti
che hanno prodotto le politiche razziste sull’immigrazione portate avanti indistintamente da
tutti i governi che si sono susseguiti negli ultimi dieci anni;
per le migliaia di persone che lasciano la propria casa e propri affetti e
arrivano nel nostro paese in cerca di DIGNITA’.

la realtà inquietante del trattenimento

Cpt di Torino – La Croce Rossa non cura i malori fino a quando non finiscono le proteste

Emerge la realtà inquietante del trattenimento

[da meltingpot.org]

Giovedì 29 maggio ore 21:00
Assemblea antirazzista in quartiere

Presso Sala Circoscrizione

Corso Ferrucci 65/A

 

Corteo Sabato 31 maggio ore 15:00 piazza
Sabotino

 

Si chiamava Fathi, non Hassan, era tunisino, non marocchino, il ragazzo
morto nella notte tra venerdì e sabato 25 maggio, dentro il centro di
detenzione di C.so Brunelleschi, a Torino. Ma non è l’unica verità questa ad emergere dai racconti degli ultimi giorni.

Nella serata di venerdì, poche ore prima della morte di
Fathi, un ragazzo aveva provato la fuga dal Cpt, tanto umanizzato ed
accogliente, da provocare un desiderio improbabile di evasione.
Bloccato in una “zona cuscinetto”, che separa l’area di detenzione dai
cancelli, è stato prima “cercato” con una mazza di ferro mentre si
nascondeva all’interno di un grande tubo di cemento, poi, picchiato
fino a non farlo più camminare.

Il Viminale, che in questi giorni ha disposto
un’ispezione, ha attribuito proprio alla confusione provocata da questa
fuga, il malessere che ha provocato il decesso di Fathi.

Cosa ancora più grave, la Croce Rossa, che da sempre tenta di giustificare la sua complicità con la gestione dei Cpt
come intervento umanitario, ha sospeso ogni intervento sanitario fino a
quando le proteste e lo sciopero della fame intrapresi dai trattenuti
non finiranno.

La spesa non viene consegnata ed alle richieste d’aiuto non segue alcun intervento del medico.
Come nella notte tra venerdì e sabato, quando Fathi, che accusava un
forte malessere, è stato lasciato morire senza alcun intervento.

Non vi sono ancora notizie certe rispetto gli esiti dell’autopsia, si parla di overdose e di broncopolmonite.
Ciò che è chiaro è che, ritardi o meno, le motivazioni di questa morte
non possono essere ricercate nella svista di questo o quell’operatore,
piuttosto, nella stessa idea di detenzione che il governo, come l’UE
vorrebbero allungare fino a 18 mesi.

Vedi anche:

-  Morte al CPT di Torino – Intervista all’Avv. Gianluca Vitale in visita alla struttura

-  Quando l’umanitario è complice
-  intervista a Dario del Csoa Gabrio

La Croce Rossa manda una testimonianza. Che non si può fare a meno di commentare

[ mercoledì 28 maggio 2008 ]

“QUA SIAMO COME IN UN CANILE”

Tra pacchetti sicurezza e campagne d’odio per il
diverso si muore nel CPT di Torino
Un morto dopo cinque giorni. E’ questo il
bilancio della prima settimana di funzionamento del nuovo CPT di corso
Brunelleschi
via Mazzarello. Il
“nuovo” centro di detenzione è stato inaugurato in gran segreto
lunedì mattina e, costato 12milioni di euro per la prima parte dei lavori, è
una delle eredità che due anni di governo centro-sinistro ci regala, e
soprattutto regala alla destra oggi nuovamente al potere.
La prima vittima del “nuovo CPT, più umano e più civile”,
si chiamava Fathi Manai, magrebino 38 anni, che la scorsa notte è morto,
probabilmente a causa di una polmonite, senza aver ricevuto le cure adeguate, abbandonato a se stesso, nonostante da due giorni continuasse
a lamentarsi.
Il racconto che emerge da una intervista rilasciata al quotidiano
“la Repubblica”
da uno dei
compagni di Fathi, Mohammed è agghiacciante.

«Per tutta la giornata di venerdì stava malissimo. Si lamentava. Non si
reggeva in piedi.


Aveva la febbre alta, mi ha persino chiesto di toccargli la fronte perché
sentissi anch’io».

Alle tre di pomeriggio è stato visitato dal medico di guardia,
nell’infermeria della Croce Rossa.


«Ma forse pensavano fosse una cosa leggera o non gli hanno creduto
perché gli hanno dato
 una medicina, se ho capito bene un antibiotico, senza nemmeno verificare se potesse
essere allergico.
Fathi era tossicodipendente, prendeva il metadone, aveva problemi, stava
ancora male. Eppure
non hanno voluto più saperne di lui.L’hanno lasciato solo. L’hanno trattato
come un animale».


A mezzanotte e mezza la situazione si è aggravata.


«Ho perso la voce a furia di urlare a mezzanotte e quarantacinque gridavamo
tutti.


Dopo un po’ è arrivato un addetto della Croce Rossa. “Fino a domani mattina
non c’è il medico”,
ha spiegato. Poi se n’è andato. Fathi si è steso sul suo letto, era caldo,
stava malissimo… ».

SABATO 15 MARZO – MANIFESTAZIONI DEI RIFUGIATI/E

Dopo una settimana di presidio permanente sotto il comune, presidio
invisibile per le istituzioni ed i giornalisti che mai sono passati a
parlare con i rifugiati, sabato 15 marzo si è svolta la manifestazione
dei/delle rifugiati/e.

 

Dopo aver lasciato il presidio, un piccolo corteo si è diretto verso
Porta Palazzo per raggiungere il concentramento della manifestazione
all’ ex stazione Ceres. Il corteo attraversa la torino meticcia di
Porta Palazzo e qui si ingrossa. Si susseguono gli interventi dei
rifugiati in italiano, in inglese, in arabo e in francese.
Nelle prime file a tenere gli striscioni sono gli occupanti di via
Bologna, ancora una volta protagonisti, ancora una volta a richiedere i
diritti che gli spettano. Gli striscioni chiedono: diritti, dignità,
lavoro, reddito per tutti/e – diritto all’asilo, diritto alla casa.


Continua la lettura di SABATO 15 MARZO – MANIFESTAZIONI DEI RIFUGIATI/E

A FIANCO DELLA LOTTA DEI/DELLE RIFUGIATI/E PER I DIRITTI, LA CASA, LA SALUTE ED IL LAVORO

A FIANCO DELLA LOTTA DEI RIFUGIATI/E PER LA CASA, LA SALUTE E IL LAVORO

Abbiamo scritto questo documento per favorire la discussione tra tutti/e coloro che hanno partecipato a questa lotta e per avere una storia (condivisa da tutte e tutti) da poter raccontare all’esterno, per raccogliere solidarietà e supporto. Vi invitiamo a partecipare alla assemblea del 10 marzo sotto il comune, a venirci trovare al presidio, a partecipare al corteo del 15.

Per sostenerci ed aderire mandate una mail a  viabolognaoccupata@libero.it

 

Dalla fine dell’estate, un gruppo di un centinaio di rifugiati e rifugiate politici e con permesso per
motivi umanitari provenienti da Sudan, Darfur, Etiopia, Eritrea, Somalia, Costa d’Avorio, Ciad, Niger, Sahara occidentale, Libia, non trovando accoglienza nei pochi posti previsti a Torino, respinti/e dall’ufficio migranti del comune senza nessuna indicazione tranne che la lista dei dormitori, ha trovato rifugio per la notte in una fabbrica da demolire a Settimo, senza riparo dal freddo, senz’acqua, luce, riscaldamento: una grossa topaia.

 

Guarda la puntata di “un mondo a colori” del 21 febbraio 2008 – Diritto d’asilo?

Continua la lettura di A FIANCO DELLA LOTTA DEI/DELLE RIFUGIATI/E PER I DIRITTI, LA CASA, LA SALUTE ED IL LAVORO

TORINO: OCCUPATA UNA PALAZZINA DA 80 PROFUGHI DI DARFUR, ERITREA, ETIOPIA E SOMALIA

 

18 NOVEMBRE 2007

Dalle
17 di questo pomeriggio l’occupazione di una palazzina sita in via
Bologna cerca di costruire una risposta dal basso alla condizione
drammatica in cui versano un’ottantina di profughi provenienti dai
territori martoriati di un Africa lontana quanto profondamente percorsa
dai conflitti di una globalizzazione capitalista che – lì – si gioca
all’ultimo sangue.