A Torino ci sono circa tra i 40 e i 60 mila alloggi vuoti, secondo dati risalenti al 2012. Eppure la città non riesce a soddisfare il bisogno di casa dovuto all’alto tasso di sfratti per morosità incolpevole che, solo nel 2014 ha riguardato oltre 4500 casi.
Torino è una città che è stata colpita duramente dalla crisi e la perdita della casa, per l’incapacità di poter continuare a pagare regolarmente un affitto, è uno dei segnali più significativi. I semplici dati segnalati però dimostrano che le risorse esistono ma evidentemente manca la volontà politica nell’affrontare la situazione.
Assistiamo infatti all’inerzia di una amministrazione cittadina sempre pronta a regalare ampie porzioni di territorio per la speculazione di banche ed immobiliari ma incapace di dare risposte alle migliaia di famiglie sfrattate. Pronta a finanziare progetti come quelli di social housing che dimostrano da un lato tutta la loro inconsistenza e dall’altro la loro inutilità sottraendo fondi all’edilizie residenziale pubblica
Affrontare l’emergenza abitativa significa anche rilanciare un piano riguardante gli alloggi popolari ma a Torino nei prossimi 3 anni sono previsti solo poco più di 150 nuove unità. E mentre ogni anno vengono assegnati circa 400 case popolari, le liste d’attesa contano migliaia di iscritti.
Insomma, è evidente che chi entra nel vortice di uno sfratto è condannato dalle istituzioni pubbliche ad una lenta agonia, fatta di promesse e mancanza di opportunità.
Diventa allora necessario, per coloro che non vogliono soccombere alla violenza rappresentata da uno sfratto, praticare una solidarietà attiva, insieme a coloro che vivono lo stesso problema. I picchetti antisfratto risultano momenti significativi per creare un unione tra sfrattati, pratica concreta per resistere a proprietari esosi e ufficiali giudiziari senza cuore e dignità. Comune e questura hanno provato a disarticolare queste pratiche con l’applicazione sistematica dell’articolo 610 c.p.c. (che prevede la possibilità di eseguire uno sfratto senza preavviso) trasformando, per incompetenza e stupidità, un problema di ordine sociale in un problema di ordine pubblico.
Ma la solidarietà non si è arrestata e, nella consapevolezza che dalla istituzioni si possono ottenere solo promesse vuote o imposture, chi è senza casa ha deciso di passare alla soddisfazione diretta del bisogno fondamentale che è l’abitare.
E se 40 mila alloggi vuoti sono un lusso che una città come Torino non si può permettere, è evidente che occupare una palazzina vuota da anni diventa un passaggio necessario per dare un tetto a uomini, donne e bambini.
Così 50 persone hanno finalmente una casa in via Giacinto Collegno 37 dove potere riacquistare quella dignità negata dalla istituzioni.
Nella settimana di mobilitazione nazionale indetta dalla rete Abitare nella crisi contro l’articolo 5 del decreto Lupi e nel giorno nel quale lo sportello Prendocasa denuncia il ruolo delle banche nella gestione dei pignoramenti degli alloggi, con l’occupazione della Banca Intesa San Paolo a Porta Palazzo da parte di altre famiglie sfrattate, questa azione aggiunge un altro tassello alla lotta per la casa.
In una circoscrizione come la III nella quale altre numerose famiglie hanno liberato palazzine per soddisfare il proprio bisogno abitativo, l’occupazione di via Collegno ripropone con forza la richiesta di moratoria per gli sfratti e la possibilità sottrarre all’incuria interi edifici per riconsegnarli a chi ne ha effettivamente bisogno.
Venite a conoscere questa nuova esperienza e a portarle solidarietà.
CON GLI OCCUPANTI DI VIA COLLEGNO 37
RESISTERE CONTRO LA CRISI
CASA PER TUTTI E TUTTE